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Gli autori ispirati dalle volute di fumo.... / Re:Autori con la pipa in bocca
« il: 26 Dicembre 2012, 23:54:30 »
Ho gia detto chi era,in un precedente post,ma ho trovato una sua foto giovanile dove ostenta una lovat bellissima
Il tutto assieme due delle sue pipe aliene e come sempre bucoliche.
Clifford Simak
Infinito
Amos Hicklin raccolse un altro ceppo, e lo buttò nel fuoco. Il fuoco era un fuoco da boscaiolo, un falò circoscritto e allegro.
La cena era finita, e la padella e la caffettiera erano già state lavate sulla riva del fiume inargentato dalla luna, con una manciata di sabbia per sostituire il detersivo. E adesso era il momento, con il cadere dell'oscurità, era il momento in cui un uomo dei boschi doveva appoggiarsi a un tronco d'albero, e fumare la pipa come la si doveva fumare, lentamente, pacificamente, prendendo tempo per riflettere.
Da un lontano angolo del bosco un animale solitario fece udire la sua canzone della sera, un richiamo lamentoso e interrogativo, che pareva venire da un altro mondo. Nel fiume, un pesce fece udire un vigoroso tonfo, uscendo per un istante dall'acqua per inghiottire un insetto che aveva volato troppo vicino alla superficie del fiume. Hicklin allungò la mano verso la catasta di legna da ardere, prese due ceppi e li gettò nel fuoco. Poi si appoggiò al tronco d'albero ed estrasse dalla tasca della camicia la pipa e la borsa del tabacco.
Era bello, pensò... era giugno e il tempo era buono, la luna splendeva sul fiume, un vecchio uccello cantava nel bosco, e le mosche non davano troppo fastidio.
E domani, forse...
Il tabacco era finito, e la pipa gorgogliava. Se la tolse di bocca, e la batté contro un sasso, per farne uscire la cenere.
Il mattino dopo avrebbe trovato dei pesci, appesi alle lenze che aveva lasciato nell'acqua, e gli restava ancora un sacco di farina, e aveva delle altre provviste. Si alzò in piedi, e si avvicinò alla canoa, per prendere il sacco a pelo.
Oltre L'Invisibile
Sutton lasciò il marciapiede della stazione e prese un viottolo
appena tracciato che portava al fiume. Scendeva badando a
dove metteva i piedi, perché il sentiero era sdrucciolevole e
cosparso di pietre che rotolavano sotto i piedi.
Alla fine del viottolo s'imbattè nel vecchio.
Stava seduto su un grosso sasso mezzo affondato nella
melma, tenendo tra le ginocchia una canna da pesca. Una
vecchia pipa spuntava da due mustacchi grigiastri e una
bottiglia che aveva per tappo mezza pannocchia era posata lì accanto, a
portata di mano.
Cautamente, Sutton si mise a sedere, sulla malagevole
sponda vicino al vecchio, piacevolmente sorpreso dalla frescura
che si godeva in quel posto, doppiamente benvenuta dopo il
sole feroce che picchiava spietato sul villaggio pochi metri più
in alto.
— Preso niente? — chiese, rivolgendosi al pescatore.
— No — rispose il vecchio.
Tirò dalla pipa un paio di boccate, e Sutton restò a osservarlo
affascinato. Avrebbe giurato che i mustacchi stessero per
prendere fuoco.
— E neanche ieri ho preso niente — aggiunse il vecchio. Si
tolse la pipa di bocca con un gesto meditato e sputò netto nel
centro di un gorgo. — E neanche l'altro ieri ho preso niente.
— Ma volete prendere qualcosa, vero? — disse Sutton.
— No. — Il vecchio afferrò la bottiglia, estrasse il tappo e
pulì accuratamente il collo del recipiente con la mano sudicia.
— Prendete un sorso — disse gentilmente.
Sutton, reprimendo l'istinto di rifiutare, accettò il sorso
nonostante la mano sudicia. Alzò la bottiglia alle labbra e
bevve.
Il liquido gli gorgogliò in gola: sembrava fuoco misto a bile,
con in più una goccia di zolfo. Depose la bottiglia e rimase a
bocca aperta, affinché l'aria fresca entrasse a rinfrescargli e a
deodorargli le mucose.
A sua volta il vecchio bevve una lunga sorsata e, dopo essersi
pulito la bocca con il dorso della mano, tirò un grosso sospiro
di soddisfazione. Posò di nuovo la bottiglia vicino a sé e rimise
a posto la pannocchiatappo.
— Siete forestiero, vero? — disse. — Non mi ricordo di
avervi mai visto in giro, da queste parti. Siete in vacanza
perché domani è il quattro luglio, no?
Sull'acqua passò una cavalletta su una foglia galleggiante.
L'insetto cercò di spiccare un salto fino a riva, ma saltò troppo
corto. La corrente l'afferrò e lo trasportò lontano in un attimo.
— È il fiume più birbante di tutti gli Stati Uniti, questo
Wisconsin — disse il vecchio. — Non ci si può fidare. Molti
anni fa hanno tentato di farci navigare i piroscafi, ma è stato un
fiasco: dove oggi c'è un canale, domani c'è un banco di sabbia.
La corrente trasporta una quantità spaventosa di sabbia, sapete?
Da molto lontano venne il rumore di un treno che
sferragliava, sbuffando, sul ponte metallico gettato sopra il
fiume: un lungo treno merci che risaliva faticosamente la
vallata. Dopo che il convoglio ebbe passato il fiume, Sutton
sentì ancora a lungo il suo ansimare.
— Il destino — disse il vecchio — non è stato propizio per
quella cavalletta, vi pare?
Sutton trasalì. — Che cos'avete detto?
— Non ci badate — gli rispose il vecchio. — Borbotto tra
me.
— Ma il destino... avete detto qualcosa del destino.
— Vi interessa, eh? Ho scritto un romanzo sul destino, una
volta. Quand'ero giovane passavo il tempo scrivendo.
Sutton tentò di rilassare i propri nervi e si distese supino.
Presso la sponda, un po' più a valle, un piccolo pesce spiccò un
salto fuori dell'acqua e scomparve, lasciando un cerchio di
piccole onde concentriche.
— Avete l'aria di uno a cui non importa gran che di tirar su
qualcosa — disse Sutton.
— Preferisco di no — disse il vecchio. — Quando prendete
qualcosa dovete tirar su l'amo. Poi infilare un'altra esca e
tornare a gettare l'amo nell'acqua. Quindi dovete mettervi a
pulire il pesce. Una cosa orribile. — Si tolse la pipa di bocca e
sputò nel fiume: — Avete mai letto Thoreau, giovanotto?
Sutton fece segno di no. Tutto ciò che riusciva vagamente a
ricordare era un frammento in un testo di letteratura antica,
durante gli anni dell'università.
— Peccato — continuò il vecchio. — Dovreste leggerlo.
Thoreau vedeva giusto.
Sutton si alzò, spazzolandosi la polvere dai calzoni.
— Potete restare — disse il vecchio. — Non mi date nessun
fastidio, davvero.
— Devo continuare per la mia strada — disse Sutton.
— Passate a trovarmi un'altra volta. Faremo quattro
chiacchiere.
— Lo farò senz'altro — disse gentilmente Sutton.
— Lo gradireste un altro sorso, prima di riprendere il
cammino?
— No, grazie — rispose Sutton indietreggiando. — Davvero,
no.
— Come volete — fece il vecchio. Afferrò la bottiglia e
ingollò un'altra lunga sorsata gorgogliante.
Il tutto assieme due delle sue pipe aliene e come sempre bucoliche.
Clifford Simak
Infinito
Amos Hicklin raccolse un altro ceppo, e lo buttò nel fuoco. Il fuoco era un fuoco da boscaiolo, un falò circoscritto e allegro.
La cena era finita, e la padella e la caffettiera erano già state lavate sulla riva del fiume inargentato dalla luna, con una manciata di sabbia per sostituire il detersivo. E adesso era il momento, con il cadere dell'oscurità, era il momento in cui un uomo dei boschi doveva appoggiarsi a un tronco d'albero, e fumare la pipa come la si doveva fumare, lentamente, pacificamente, prendendo tempo per riflettere.
Da un lontano angolo del bosco un animale solitario fece udire la sua canzone della sera, un richiamo lamentoso e interrogativo, che pareva venire da un altro mondo. Nel fiume, un pesce fece udire un vigoroso tonfo, uscendo per un istante dall'acqua per inghiottire un insetto che aveva volato troppo vicino alla superficie del fiume. Hicklin allungò la mano verso la catasta di legna da ardere, prese due ceppi e li gettò nel fuoco. Poi si appoggiò al tronco d'albero ed estrasse dalla tasca della camicia la pipa e la borsa del tabacco.
Era bello, pensò... era giugno e il tempo era buono, la luna splendeva sul fiume, un vecchio uccello cantava nel bosco, e le mosche non davano troppo fastidio.
E domani, forse...
Il tabacco era finito, e la pipa gorgogliava. Se la tolse di bocca, e la batté contro un sasso, per farne uscire la cenere.
Il mattino dopo avrebbe trovato dei pesci, appesi alle lenze che aveva lasciato nell'acqua, e gli restava ancora un sacco di farina, e aveva delle altre provviste. Si alzò in piedi, e si avvicinò alla canoa, per prendere il sacco a pelo.
Oltre L'Invisibile
Sutton lasciò il marciapiede della stazione e prese un viottolo
appena tracciato che portava al fiume. Scendeva badando a
dove metteva i piedi, perché il sentiero era sdrucciolevole e
cosparso di pietre che rotolavano sotto i piedi.
Alla fine del viottolo s'imbattè nel vecchio.
Stava seduto su un grosso sasso mezzo affondato nella
melma, tenendo tra le ginocchia una canna da pesca. Una
vecchia pipa spuntava da due mustacchi grigiastri e una
bottiglia che aveva per tappo mezza pannocchia era posata lì accanto, a
portata di mano.
Cautamente, Sutton si mise a sedere, sulla malagevole
sponda vicino al vecchio, piacevolmente sorpreso dalla frescura
che si godeva in quel posto, doppiamente benvenuta dopo il
sole feroce che picchiava spietato sul villaggio pochi metri più
in alto.
— Preso niente? — chiese, rivolgendosi al pescatore.
— No — rispose il vecchio.
Tirò dalla pipa un paio di boccate, e Sutton restò a osservarlo
affascinato. Avrebbe giurato che i mustacchi stessero per
prendere fuoco.
— E neanche ieri ho preso niente — aggiunse il vecchio. Si
tolse la pipa di bocca con un gesto meditato e sputò netto nel
centro di un gorgo. — E neanche l'altro ieri ho preso niente.
— Ma volete prendere qualcosa, vero? — disse Sutton.
— No. — Il vecchio afferrò la bottiglia, estrasse il tappo e
pulì accuratamente il collo del recipiente con la mano sudicia.
— Prendete un sorso — disse gentilmente.
Sutton, reprimendo l'istinto di rifiutare, accettò il sorso
nonostante la mano sudicia. Alzò la bottiglia alle labbra e
bevve.
Il liquido gli gorgogliò in gola: sembrava fuoco misto a bile,
con in più una goccia di zolfo. Depose la bottiglia e rimase a
bocca aperta, affinché l'aria fresca entrasse a rinfrescargli e a
deodorargli le mucose.
A sua volta il vecchio bevve una lunga sorsata e, dopo essersi
pulito la bocca con il dorso della mano, tirò un grosso sospiro
di soddisfazione. Posò di nuovo la bottiglia vicino a sé e rimise
a posto la pannocchiatappo.
— Siete forestiero, vero? — disse. — Non mi ricordo di
avervi mai visto in giro, da queste parti. Siete in vacanza
perché domani è il quattro luglio, no?
Sull'acqua passò una cavalletta su una foglia galleggiante.
L'insetto cercò di spiccare un salto fino a riva, ma saltò troppo
corto. La corrente l'afferrò e lo trasportò lontano in un attimo.
— È il fiume più birbante di tutti gli Stati Uniti, questo
Wisconsin — disse il vecchio. — Non ci si può fidare. Molti
anni fa hanno tentato di farci navigare i piroscafi, ma è stato un
fiasco: dove oggi c'è un canale, domani c'è un banco di sabbia.
La corrente trasporta una quantità spaventosa di sabbia, sapete?
Da molto lontano venne il rumore di un treno che
sferragliava, sbuffando, sul ponte metallico gettato sopra il
fiume: un lungo treno merci che risaliva faticosamente la
vallata. Dopo che il convoglio ebbe passato il fiume, Sutton
sentì ancora a lungo il suo ansimare.
— Il destino — disse il vecchio — non è stato propizio per
quella cavalletta, vi pare?
Sutton trasalì. — Che cos'avete detto?
— Non ci badate — gli rispose il vecchio. — Borbotto tra
me.
— Ma il destino... avete detto qualcosa del destino.
— Vi interessa, eh? Ho scritto un romanzo sul destino, una
volta. Quand'ero giovane passavo il tempo scrivendo.
Sutton tentò di rilassare i propri nervi e si distese supino.
Presso la sponda, un po' più a valle, un piccolo pesce spiccò un
salto fuori dell'acqua e scomparve, lasciando un cerchio di
piccole onde concentriche.
— Avete l'aria di uno a cui non importa gran che di tirar su
qualcosa — disse Sutton.
— Preferisco di no — disse il vecchio. — Quando prendete
qualcosa dovete tirar su l'amo. Poi infilare un'altra esca e
tornare a gettare l'amo nell'acqua. Quindi dovete mettervi a
pulire il pesce. Una cosa orribile. — Si tolse la pipa di bocca e
sputò nel fiume: — Avete mai letto Thoreau, giovanotto?
Sutton fece segno di no. Tutto ciò che riusciva vagamente a
ricordare era un frammento in un testo di letteratura antica,
durante gli anni dell'università.
— Peccato — continuò il vecchio. — Dovreste leggerlo.
Thoreau vedeva giusto.
Sutton si alzò, spazzolandosi la polvere dai calzoni.
— Potete restare — disse il vecchio. — Non mi date nessun
fastidio, davvero.
— Devo continuare per la mia strada — disse Sutton.
— Passate a trovarmi un'altra volta. Faremo quattro
chiacchiere.
— Lo farò senz'altro — disse gentilmente Sutton.
— Lo gradireste un altro sorso, prima di riprendere il
cammino?
— No, grazie — rispose Sutton indietreggiando. — Davvero,
no.
— Come volete — fece il vecchio. Afferrò la bottiglia e
ingollò un'altra lunga sorsata gorgogliante.