Autore Topic: Autori con la pipa in bocca  (Letto 340488 volte)

Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #75 il: 16 Aprile 2006, 15:45:25 »
DOUGLAS PRESTON
La Toscana è  una regione che Douglas Preston conosce bene e dove abitualmente soggiorna per lunghi periodi. L'omaggio all'Italia non si limita alla terra, ma anche ai suoi scrittori, in particolare ai giallisti con cui Preston ha stretto amicizia,qualche fiorentino ha avuto la fortuna di vederlo in piazza del Duomo con la sua immancabile pipa.
Si narra che compri il suo tabacco in zona  8) ,chissà da chi?

IL CODICE

Svoltata l'ultima curva, Tom Broadbent scorse i due fratel­li, già in attesa in fondo alla strada tortuosa, davanti al gran­de cancello della proprietà di famiglia. Philip, irritato, scuo­teva la cenere dalla pipa battendola sulle inferriate, mentre Vernon suonava insistentemente il campanello. In cima alla collina, la casa si ergeva di fronte a loro come il palazzo di un pascià, scura e silenziosa. Le vetrate, i comignoli e le torri brillavano sotto l'intensa luce pomeridiana di Santa Fe, New Mexico.
«Strano che papà sia in ritardo», disse Philip, prima di chiudere i denti sulla pipa con un lieve click. Suonò a sua volta, controllò l'orologio e lo fece sparire sotto il polsino.
Era sempre lo stesso, pensò Tom: pipa di erica bianca, sguardo sardonico, guance ben rasate e profumate di dopo­barba, capelli pettinati all'indietro sopra la fronte alta, orolo­gio d'oro luccicante al polso, pantaloni di lana pettinata gri­gia e giacca blu marina. Il suo accento britannico sembrava leggermente più affettato del solito.

Philip si tolse la pipa di bocca. «Che ne dite? Pensate che ci abbia riservato un'altra delle sue sfide? Una specie di indovinello?»
«Io entro», decise Tom.

Philip guardò attraverso il vetro rotto. Tom gli lesse sul volto un pensiero improvviso. Imprecando, Philip scavalcò il davanzale e in un attimo fu all'interno, mocassini, pipa e tutto il resto.

Philip sfilò la pipa dai denti e, imitando perfettamente il tono di voce del sergente, replicò: «Ateo. Divorziato. Misogino».
Gli altri due fratelli scoppiarono a ridere.

Broadbent spense il fiammifero, lo lasciò cadere sulla scrivania e sorrise con i suoi denti candidi e perfetti. «Tanto muoio in ogni caso, perché non godermi i miei ultimi mesi? Giusto, Philip? Tu fumi ancora quella pipa? Fossi in te, smet­terei. ..»
Si voltò e fece qualche passo, sbuffando boccate di fumo azzurro nell'aria.

Philip era confuso. Accavallò le gambe e, senza chieder­ne il permesso, prese la pipa e cominciò a riempirla. Al che Hauser sorrise, spalancò il cassetto della scrivania e da un humedor estrasse un enorme Churchill. «Sono lieto che lei fumi», disse, facendo rotolare il sigaro fra le dita. Poi prese di tasca un tagliasigari d'oro con un monogramma e spun­tò un'estremità. «Non dobbiamo permettere ai barbari di conquistarci.»

Philip prese di tasca la pipa, ripulì il fornello e lo riempì col tabacco Dunhill che aveva immagazzinato nel suo com­pleto kaki di Barbour. L'accese con calma e soffiò una boc­cata di fumo verso la nube di zanzare. Il fumo si aprì la stra­da nell'ammasso ronzante, che si richiuse su se stesso appe­na fu passato.

Stava fumando una pipa di granturco, riempiendo l'ambiente di un sentore di catrame. Un machete giaceva a terra ai suoi piedi. Era piccolo e aveva un paio di occhiali che gli ingrandivano gli occhi, conferendo­gli una perenne espressione di sorpresa. Era impossibile immaginarlo come il capo del villaggio. Sembrava semmai l'ultimo dei poveri.

 Quel buono a nulla ha vissuto anche troppo a lungo. Se ne stava tutto il giorno seduto a fumare la pipa e a guardare le ragazze che passavano davanti alla sua capanna.»
«Hanno visto quanto al villaggio si vuol bene a Don Alfonso Boswas?» disse il vecchio, accovacciandosi a ridosso delle provviste. Prese la pipa, la riempì di tabacco e cominciò a fumare, con espressione pensosa.

«Che cosa sono questi insetti infernali?» domandò Sally, agitando invano le mani nell'aria.
«Mosche-tapiro», rispose Don Alfonso. Infilò una mano in tasca e ne prese un'annerita pipa di granturco, che le porse cortesemente. «Señorita, dovrebbe darsi al fumo, che scoraggia gli insetti.»
«No, grazie. Il fumo provoca il cancro.»
«Al contrario. Il fumo è salutare, favorisce la digestione e allunga la vita.»
«Credo che accetterò quella pipa», decise Sally. «Preferi­sco rischiare il cancro che sopportare tutto questo.»
Con un sorriso trionfante, Don Alfonso recuperò la pipa dalla tasca. «Vedrai: il fumo ti porterà una lunga vita felice. Io stesso fumo da più di cento anni.»





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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #76 il: 17 Aprile 2006, 16:20:39 »
Herman Hesse 1877 1962

Poeta,pittore vincitore del Nobel per la letteratura nel 1946 Le sue opere, incentrate su personaggi alla ricerca di se stessi, hanno affascinato intere generazioni, conoscendo un vasto successo che dura ininterrotto sino ad oggi La pipa nelle sue storie è la grossa protagonista di alcune rarefatte e struggernti atmosfere.

Il Gioco delle Perle di Vetro e altri Racconti

Imparava diligentemente, sotto la guida del garzone, a maneggiare
gli attrezzi più importanti, a mungere e a dar da
mangiare alla capra, a zappare, a potare gli alberi da
frutta, a riparare lo steccato dell'orto, a tagliar ciocchi per
il focolare e a far fascine per la stufa, e se faceva freddo e
il tempo era brutto, in casa si riparavano pareti e finestre,
si facevano cesti e corde di paglia, si intagliavano manici
per la vanga e cose simili, il garzone fumava la pipa e dalla
sua nube di fumo raccontava una quantità di storie.

Si fecero le nove e le dieci,
una conversazione non venne fuori, ce ne stavamo seduti là
con le facce invecchiate, preoccupate, guardando il vino
diminuire nella grande brocca di vetro e il giardino
oscurarsi, poi ce ne andammo in silenzio, lui verso la porta
di casa, io in camera mia attraverso la finestra. Dentro
faceva caldo, mi sedetti in camicia su una sedia, accesi la
pipa e guardai agitato e malinconico nel buio. Ci sarebbe
dovuto essere chiaro di luna, ma il cielo era nuvoloso e da
lontano si sentivano azzuffarsi due temporali.
La pipa mi si era spenta, e io m'ero gettato straccamente
sul letto, con la testa piena di pensieri idioti. Ecco che sento
un rumore alla finestra. Lì davanti sta una figura, e guarda
cautamente nella camera. Neppur io so spiegarmi perché
rimasi sdraiato e non dissi parola.

Questa mattina, visto che spirava un venticello da nordest, ho issato
di buonora l'alta e stretta vela triangolare
sulla mia barchetta, ho acceso la pipa e mi sono lasciato
trasportare lentamente giù per il lago fra la nebbia. Il sole
doveva già essere sopra il monte, poiché il grigio metallico
dello specchio dacqua del primo mattino si andava a poco
a poco cangiando in un argento luminoso che ricordava vagamente
un debole chiaro di luna.
Delle rive vicine, di solito così familiari, coperte di fronde o canne, non si vedeva
nulla, e sprovvisto di bussola ho veleggiato come attraverso acque e mari di nubi    
assolutamente ignoti e privi di sponde.
 



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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #77 il: 18 Aprile 2006, 22:40:47 »
ELIZABETH GEORGE
"Ho cercato di descrivere una serie di donne molto diverse tra loro, alcune soddisfatte di sé, altre  in cerca di una realizzazione personale, anche a prezzo di rimettersi continuamente in discussione."
"A mio parere i film americani tratti dai libri risultano sempre falsati e banalizzanti. A me piacerebbe una trasposizione tipo quella dei film di Ivory. Ho accettato, però, che la BBC girasse uno sceneggiato da un mio romanzo, e il risultato è stato buono; oltretutto ha moltiplicato la lettura dei miei romanzi in Inghilterra..."
All'età di 8 anni si trasferisce in California. Ha insegnato lingua inglese alla scuola pubblica, mentre si laureava in psicologia. Attualmente vive fra Huntington Beach(California) e South Kensington (Inghilterra).
Ha partecipato a molti movimenti femministi,una delle rare scrittrici che fumano la pipa.



DICEMBRE È UN MESE CRUDELE

Allora lo vide, un'ombra in mezzo alle altre ombre. E annusò nell'aria il fumo di pipa che gli impregnava gli abiti.
Cosa ci sei venuto a fare qui?
Sembrò che lui interpretasse la domanda come un invito implicito, spontaneo. Con un salto, volteggiò sopra il muretto. Lei si tirò indietro. Brendan le si avvicinò con entusiasmo. Polly si accorse che stringeva in mano la pipa.
—   Sono stato fin su, a Cotes Hall. — Picchiò lievemente con il fornello della pipa contro la lapide di Annie, svuotandola dal tabacco bruciato che si sparpagliò come una manciata di lentiggini d'ebano sulla superficie coperta di ghiaccio della tomba. Ma sembrò che si rendesse subito conto della poca correttezza di quel che aveva fatto perché borbottò: — Oh. Accidenti. Mi spiace.
e si accosciò a ripulirla. Poi rialzandosi, si infilò la pipa in tasca e strusciò lentamente i piedi per terra. — Stavo tornando a piedi al villaggio per il sentiero. Ho visto qualcuno nel cimitero, e...


Si accorse che Leo aveva interrotto Power nel bel mezzo di una fumatina che si stava godendo seduto sul muretto, il che spiegava per quale motivo non avesse la torcia accesa in quel momento. La sua pipa emetteva ancora un tenue bagliore e quel po' che ancora vi rimaneva del tabacco bruciato esalava un odore di ciliegie.
"Tabacco da ragazzini" lo avrebbe chiamato il padre di Colin con una sbruffata. "Se hai intenzione di fumare, ragazzo mio, cerca di avere almeno tanto buon senso da scegliere qualcosa che ti faccia puzzare come un uomo."

Power si frugò nella giacca e tirò fuori una borsa di tabacco che aprì affondandovi la pipa, per riempire ben bene di tabacco fresco il fornello che non aveva svuotato da quello ormai consumato. Colin si mise a guardarlo con curiosità.

Poi tentò di accendersi di nuovo la pipa ma il suo successo fu breve. Il tabacco prese fuoco ma il fornello ingorgato non consentiva il passaggio dell'aria nel cannello. Vi rinunciò dopo un paio di tentativi e si mise di nuovo in tasca pipa, borsa del tabacco e fiammiferi. Con un salto, scese dal muro.

E si allontanò a passi concitati senza aggiungere una sola parola, fermandosi venti metri più in là a schiacchiare di nuovo il tabacco nel fornello e a riaccendere la pipa. Dal fiammifero si levò una fiammella, e dal riverbero successivo, fu evidente che il tabacco aveva preso fuoco.

Ogni trenta metri o poco più era picchiettato qua e là da tabacco abbrustolito. Chiunque fosse stato fuori a fare una passeggiata, doveva avere una pipa che non tirava molto meglio di quella di Brendan.
Lui invece, quella mattina, non fumava. Aveva la pipa con sé casomai si fosse trovato nella necessità di aver bisogno di occupare le mani con qualche cosa, ma fino a quel momento non l'aveva tirata fuori dal suo sacchetto di cuoio anche se ne poteva sentire il peso che gli batteva ritmicamente sul fianco e gli dava sicurezza.






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« Risposta #78 il: 19 Aprile 2006, 01:06:29 »
John Fante 1909,1983

Molti degli avvenimenti che hanno segnato la sua infanzia, come la violenza del padre, l’istruzione, ricevuta in scuole religiose (dalle suore prima e dai gesuiti poi), le difficoltà economiche, sono presenti nella maggior parte dei racconti che John scrive in seguito, oltre ad essere la fonte d’ispirazione primaria per la costruzione del suo alter ego Arturo Bandini, protagonista dei suoi romanzi.
L'opera di Fante è contemporanea e marginale non si inserisce in nessuna corrente narrativa, ma affronta temi ( disoccupazione, integrazione etnica...) rintracciabili nel romanzo sociale come in quello psicologico. Quello che sicuramente fa di lui un precursore con la carica umana, sincera e cinica, dei suoi personaggi tutti perdenti.

Sogni di Bunker Hill




    Di nuovo sola, spense la luce e continuò a pregare. Di tanto in tanto,
    in mezzo all'estasi tendeva l'orecchio ai rumori della casa.  La stufa
    singhiozzava  e gemeva in attesa di carbone.  Nel vicolo passò un tale
    che fumava la pipa. Lei lo fissò, certa che non avrebbe potuto vederla
    nel buio. Lo paragonò a Bandini: il tizio era più alto ma i suoi passi
    non avevano l'energia di quelli di Bandini.

    Un giorno, mentre camminavo lungo il corridoio del quarto piano,  vidi    un  uomo  seduto dietro la macchina per scrivere nell'ufficio di Frank    Edgington. Era un omone inglese che fumava la pipa.    Dissi: "Lei è Frank Edgington?"    "Sono io."    Andai verso la scrivania e gli porsi la mano.    "Io sono Arturo Bandini. Anch'io sono uno scrittore.  Lavoro per Harry

    Ci fermammo nell'area di parcheggio  dei  Liberty  Studios  e  andammo    verso l'ufficio di Jack Arthur passando per il corridoio.  Jack Arthur
    era un fumatore di pipa.  Baciò Velda sulle guance  e  mi  strinse  la    mano.

    Mi sedetti in macchina in    cima a Bunker Hill,  sotto la pioggia, e il sogno mi avvolse, e sapevo    cosa avrei fatto.  Sarei andato a Terminal Island e mi  sarei  trovato    una  baracca  da pescatori sulla spiaggia,  mi sarei seduto lì e avrei    scritto un romanzo su Helen Brownell e me.  Avrei passato dei mesi  in    quella  baracca,  accumulando  le pagine e fumando una pipa di schiuma    sarei diventato di nuovo uno scrittore nel mondo.





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Offline samael

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« Risposta #79 il: 19 Aprile 2006, 02:12:55 »
Grazie Enzo!  :D

Andando a memoria ricordo altri brani in "La strada per Los Angeles", "Chiedi alla polvere" (il romanzo di Fante più famoso, mi pare fossero citate anche latte di Prince Albert in cui veniva riposta qualche sostanza poco lecita :) ) e "Full of life". Ma lascio a te queste future incombenze! ;)

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« Risposta #80 il: 19 Aprile 2006, 20:08:59 »
Lo scrivere e trasmettere i propri pensieri tramite la carta stampata ,non è legato soltanto alla letteratura:

Vittorio Giardino


Vittorio Giardino nasce il 24 dicembre del 1946 a Bologna, si laurea in ingegneria elettronica nel 1969 e, nove anni dopo, abbandona la professione per dedicarsi definitivamente ai fumetti. I primi lavori sono datati 1978 Il disegno che illustra il fumetto è molto dettagliato e realizzato con grande cura, e non passa certo in secondo piano la meticolosità con cui Giardino si è documentato nella ricostruzione delle ambientazioni. Il suo background culturale risulta molto ricco, da un punto di vista letterario, cinematografico e, ovviamente, fumettistico. La storia, pur trattando argomenti seri e rifacendosi ad avvenimenti realistici, si avvale di una costruzione narrativa che ne rende piacevole la lettura, a dimostrazione di come un buon autore, padroneggiando bene il mezzo oltre che la matita, può parlare di qualunque argomento, senza per questo risultare noioso. E' risaputa la sua passione per la pipa,ne ha disegnato anche alcuni modelli,ultimamente uno che porta il suo nome per un famoso club milanese

No Pasaran





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Offline Aqualong

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« Risposta #81 il: 23 Aprile 2006, 13:32:52 »
Frank De Felitta
Autore di storie tipo "Pulp" di origine tedesca,nonchè famoso  regista di films di serie c2 o addirittura "splatters"
fra i più famosi "Scissor-Forbici" con  Sharon Stone e il notevole “La banda dei doberman al servizio della legge”. Fuma pipe sicuramente con filtro di 9 e inserisce pipe in tutte le sue storie,con risultati in ogni caso deludenti.

Marcia Funebre Per Una Marionetta
e altre storie

La sabbia filtrò attraverso la rete, sulla quale rimasero sassolini, frammenti di una bottiglia rotta di birra, un pezzo di pipa, probabilmente da hashish, una stella marina morta e dura come un pezzo di legno e un unico popcorn ingiallito, un tempo probabilmente imburrato.
Il tecnico gettò il popcorn nel sacchetto di plastica verde insieme alla stella marina morta, al vetro e al pezzetto di pipa.

In rappresentanza dell'ufficio del sindaco, era presente anche Preston Wilkins, basso, snello e vestito severamente di scuro. Wallace Perry, capitano della divisione anticrimine per tutta Los Angeles, sedeva vicino alla Randolph su una poltrona dallo schienale diritto e fumava tranquillamente la pipa.

Il capitano Perry dette un colpetto alla sua pipa e scavò in una borsetta di pelle alla ricerca di altro tabacco.

Professoressa Quinn, desidero ringraziarla, da parte mia e di tutti gli altri, per l'aiuto e la collaborazione. E per la discrezione.
- Specialmente per la discrezione - aggiunse Perry, vuotando la pipa in un portacenere.



Il preside della facoltà approfittò di quell'attimo per svuotare il fornello della sua pipa picchiando contro una delle gambe della sedia. Un minuscolo residuo nero di tabacco bruciato cadde sul pavimento. La tensione si era finalmente attenuata. Aspirando lentamente Osborne riaccese la pipa.

Probabilmente una qualche madre che pregava perché suo figlio non venisse espulso dal corso di chimica, pensò Mario. La porta del preside si richiuse.
Un uomo tutto pelle e ossa con una pipa spenta tra le labbra si fece strada oltre Mario e senza farsi annunciare entro nell'ufficio del preside.

Prima o poi mi darà udienza - disse lentamente. - Glielo riferisca.
L'impiegata parlò un'altra volta nell'interfono. L'uomo ossuto con la pipa spenta in bocca uscì, annuì e sorrise, poi si avviò lungo il corridoio.

Osborne si sporse sulla scrivania puntandogli contro il bocchino della sua pipa. - Il tuo mondo è fatto di foglie di tè e cuscini ricamati. Di musica indiana e odore di incenso. E mi sta bene se è quello che vuoi. Ma non puoi farlo qui.
- E perché no?
- Perché questa non è scienza!



«Mi occupo dei modelli, a dire il vero. In camoscio e in altri tipi di pelli. Moda femminile.»
«Credevo che l'inverno fosse la stagione nella quale è più occupato.»
«Durante le festività, certo. Ma naturalmente quasi tutto il lavoro viene svolto con alcuni mesi di anticipo.»
McCracken stentò ad accendere la pipa. Aspirò energicamente, si accigliò, poi tornò a girarsi verso Phil.

«È giusto che mangiamo i pesci e cogliamo questa frutta» osservò il capitano, accendendo la grossa pipa nera che, notò Phil, era molto logora e consunta dagli anni.
«Come, scusi?»
«Le specie si sviluppano nel corso delle epoche. Un giorno, gli uomini non esisteranno più.»

«In che modo questo ci dà il diritto di nutrirci con pesci e frutta?» domandò lei. «Dal loro punto di vista deve essere criminoso.»
McCracken succhiò la pipa con un'espressione severa. Dopo aver constatato che si era spenta, la riaccese con un grosso fiammifero che si trovava sulla stufa. Aspirò soddisfatto alcune volte. Evidentemente non era abituato alle discussioni filosofiche, e l'improvvisa percezione che Tracey potesse essere più intelligente di lui parve dissuaderlo dall'esprimere un parere.

«Signor Williams» disse.
«Sì?»
«Le farò provare un po' del mio tabacco se salirà in coperta con me.»
«Benissimo.»
McCracken si recò nella sua cabina e tornò con una pipa dal bocchino d'avorio, che porse a Phil. Poi salirono in coperta.

Infilatosi nella riparata timoniera, Phil lasciò che McCracken gli accendesse la pipa. C'era qualcosa che rinvigoriva in quel tabacco secco e aspro. Phil pensò che sembrava emanare l'aroma di qualcos'altro, come se avesse contenuto neri alberi contorti. Faceva scorrere più rapido il sangue nelle vene ed era stimolante.
Phil aspirò un'altra boccata di fumo dalla pipa e finse di ammirarla. Sapeva di avere mentito spudoratamente, ma non capiva perché si fosse dato la pena di farlo. McCracken lo osservava affabile, scrutandolo con i piccoli occhi penetranti.

McCracken fermò i motori e accese la pipa. Adagio il panfilo perdette l'abbrivio e dondolò piacevolmente sull'acqua nera. Il capitano scambiò qualche parola con Penny, poi alzò gli occhi verso Phil e Tracey.
«Che cosa è successo, secondo te?» bisbigliò Tracey.

I due uomini tacquero. McCracken continuò a fumare la pipa. Phil si protendeva in avanti, come se si stesse concentrando. Tracey li osservò, sforzandosi di non tradire l'ansia crescente.

McCracken voltò le spalle a tutti e due, disgustato. Cominciò a pigiare tabacco nel fornello della pipa.
«Le batterie. Si sono screpolate e l'acqua di mare è penetrata all'interno. Sono rovinate.»
«È vero, capitano? Siamo su un relitto?»
McCracken si immobilizzò, si passò la punta della lingua sulle labbra, fece per accendere la pipa, tornò a immobilizzarsi, poi posò la pipa spenta. «Ci troviamo su una nave in difficoltà, non su un relitto. Una nave in difficoltà.»

Stiamo semplicemente andando alla deriva. È così?»
McCracken non rispose. Si limitò ad aspirare una lunga boccata di fumo dalla pipa. Poi si alzò adagio, voltò le spalle alle batterie e inarcò un sopracciglio.
«Alla deriva» ripeté. «Sì, stiamo andando alla deriva.»

Il capitano discese rapidamente nel salone e rapidamente risalì con una pipa diversa da quella solita, una pipa dal lungo bocchino, già caricata. A un tratto, i suoi movimenti divennero decisi, sicuri. Infilò meglio la camicia sotto i calzoni e si lisciò i capelli. Fece schioccare le dita. Penny venne avanti.

Gary Sneidermann sedeva nervosamente nello studio del primario. Il dottor Henry Weber sfogliò le pagine ancora una volta, non fece commenti, poi lasciò cadere la cartella sulla scrivania. Accese la pipa con la fiamma mostruosa di un accendino traslucido, tirando boccate vigorose.
«Va bene, Gary», disse. «Perché questa roba non può aspettare sino a mercoledì?».
Il dottor Weber ascoltava attentamente. Osservava il fumo della pipa alzarsi pigramente e gonfiarsi verso il soffitto. Sneidermann cercò di esaminare i fatti con gli occhi del primario.

Sneidermann si accorse improvvisamente che lo studio era insopportabilmente caldo. La camicia era zuppa. Si sentì debole. Per di più, il fumo della pipa l'aveva reso soffocante, per cui avvertì il desiderio di uscire, di correre alla spiaggia, respirare a pieni polmoni e dimenticare la tensione delle due ultime settimane.

Teneva in mano qualcosa che sembrava un rapporto battuto a macchina. La Cooley capì che si trattava della copia di una conferenza di Kraft e Mehan. Come l'aveva avuta? Qualcuno aveva orchestrato l'opposizione contro di lei. Guardò il dottor Weber, che fingeva di accendere una pipa già accesa.

Halpner impallidì. Weber fu colto con la pipa sospesa a metà strada dalla bocca. Non poteva credere alle sue orecchie.
«Non capisco», borbottò il primo.






In mancanza di una sua foto decente,come prevedibile,ho trovato quella di Sharon Stone
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Offline ismaele

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« Risposta #82 il: 24 Aprile 2006, 22:29:27 »
Ma non era meglio una foto indecente di Sharon Stone?  :wink:

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« Risposta #83 il: 24 Aprile 2006, 23:39:58 »
L'avevo trovata,però sai la censura... :D  8)

Ancora un mitico autore(con la pipa) che narrava col pennello anzichè con la penna.

Alex RAYMOND 1909-1956

Nasce a New Rochelle (New York, USA) il 2 ottobre 1909.
Studia disegno alla Grand school of art e lavora come "negro"
per Russ Westover  (Tillie the toiler), per Lyman Young
(Cino e Franco) e per Chic Young (Blondie ) prima di esordire
alla grande nel gennaio 1934 con ben tre personaggi:
il fantascientifico Flash Gordon, l'esotico Jim della giungla
e il poliziesco Agente secreto X-9.
Non reggendo la mole di lavoro, nel novembre dell'anno successivo
abbandona quest'ultima serie nelle mani di Charles Flanders,
continuando le prime due sino all'inizio del 1944, quando le lascia
al suo assistente Austin Briggs per imbarcarsi come capitano
dei Marines sulla portaerei Gilbert Islands e partecipare ad azioni
belliche nel Pacifico.
Congedato col grado di maggiore all'inizio del 1946, pochi mesi dopo
dà vita a un nuovo personaggio, l'affascinante investigatore
privato Rip Kirb, il primo eroe con gli occhiali del fumetto,
che come il suo creatore fuma la pipa,personaggio elegantissimo,
che risolve i suoi casi,a forza di cazzotti,più che con lavoro
deduttivo.
All'apice della fama, però, il 6 settembre 1956 muore in un
incidente stradale a Westport (Connecticut, USA)
mentre prova un'automobile sportiva.

Le sue "tavole domenicali" sono finite,all'epoca, sui giornali di
mezzo mondo,in Italia invece erano pubblicate sui settimanali della
Casa Editrice Nerbini di Firenze,"L'Avventuroso" e "Giungla",fino
a quando nel 1938 il MINCULPOP ne proibì la pubblicazione.
Mentre Il personaggio Rip Kirby esordì sul settimanale "Robinson"
in una forma grafica spettacolare,nel 1948 49.
Rip Kirby


Jungle jim


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Offline Aqualong

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« Risposta #84 il: 27 Aprile 2006, 21:30:11 »
H.P. Lovecraft ( 1890–1937)
Il solitario di Providence
Nonostante fumasse la pipa non ebbe mai una vita normale,raro ma capita,quello che scriveva era irreale metafisico,spesso realistico per passare poi al delirante.
Oppresso da incubi, sogni e visioni, e restìo ai contatti personali, Lovecraft condusse un'esistenza solitaria nel segno dell'instabilità psicologica.
Il paesaggio ed il retaggio culturale di Providence saranno sempre al centro della sua produzione letteraria, così come le atmosfere macabre e criptiche, la tematica di adorazione della morte, la degenerazione, gli illeciti connubi, la possessione psichica, le visioni e le immagini di altipiani deserti, di colossali rovine, di abissi senza fondo, popolati da deformi mutanti, aborti di una Scienza impazzita o di una Natura ancestrale, per un tipo di horror e fantastico più caratteristico del XIX secolo che della sua epoca. Tuttavia nulla poteva suggerirgli che il suo lavoro avrebbe influenzato tante future generazioni di scrittori,fino a farlo diventare famoso quanto Edgar Poe.


Orrore a Red Hook
e altri racconti

La maggior parte degli uomini era tornata a letto, ma il professor Dyer stava fumando la pipa davanti alla sua tenda. Vedendomi in quello stato deplorevole e al limite dell'isteria, chiamò il dottor Boyle e col suo aiuto mi mise sulla brandina e mi fece calmare.

In breve, credeva che il mondo fosse come il fumo del nostro intelletto: ben oltre le possibilità della gente comune, ma pronto a essere aspirato ed espirato dai saggi come una buona pipata di tabacco della Virginia.

Con quell'afa non mi avrebbe dato soddisfazione neanche fumare, così evitai di tirare fuori la pipa. Dopo aver finito di mangiare mi distesi sotto gli alberi, deciso a riposarmi un poco prima d'intraprendere l'ultima tappa del viaggio.

Dopo aver lavato i piatti della mia cena solitaria, rimasi seduto per un po' fumando la pipa. Il mio ospite mi rivolse qualche domanda sui villaggi vicini, ma si chiuse in un silenzio imbronciato quando apprese che ero forestiero.

Dopo essere rimasto seduto in silenzio per la durata di ben tre cariche di pipa, alla fine cominciai a sbadigliare.

Così, dopo aver sistemato le coltri in modo che sembrassero coprire un corpo addormentato, trascinai nell'oscurità non rischiarata della luna l'unica poltrona della stanza, caricai la pipa e mi sedetti, preparandomi a vegliare o a riposare, a seconda di quello che sarebbe accaduto.

Vuotai la pipa e la rimisi in tasca. Poi impugnai la pistola automatica, mi alzai, attraversai la stanza in punta di piedi e mi appostai nervosamente nell'angolo che la porta, aprendosi, avrebbe nascosto.






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« Risposta #85 il: 27 Aprile 2006, 22:19:22 »
Henning Mankell
Lo scrittore svedese Henning Mankell è un personaggio dalla tripla anima: la prima nordica, più fredda e spietata, che si esprime nella serie di gialli dedicata al celebre commissario di polizia Kurt Wallander. La seconda più calda e drammaticamente impegnata che lo spinge alla scrittura di romanzi di ambientazione africana. Infine, la terza che si manifesta attraverso i libri per bambini, la regia cinematografica e la drammaturgia,fuma pipe Svendborg
La Quinta Donna

Wallander si ricordò di avere portato con sé una fotografia di Holger Eriksson, che aveva trovato in uno dei cassetti della sua scrivania. Robert Melander studiò la fotografia a lungo. Preparò la sua pipa e l'accese senza staccare lo sguardo da quella foto. Wallander iniziava a sperare. Ma Melander posò la fotografia e scosse il capo.

«Runfeldt non è un cognome di queste parti» disse. «Non è neppure uno di quei nomi creati recentemente per evitare di chiamarsi Svensson come migliaia di altri.»
«Harald Berggren» disse Wallander. «L'altro nome.»
Melander posò la pipa sul tavolo.
Hamrén mise la mano in tasca e prese la sua pipa.
«Esco un attimo. Una fumata schiarisce sempre la mente» disse.




Ira Levin
Ira Levin è uno degli autori più saccheggiati dal cinema e non possiamo dare torto a Hollywood: ogni romanzo di questo grande scrittore nasce già strutturato per una eventuale trasposizione cinematografica.

Rosemary's Baby

«Mi ha un po' allarmato il suo aspetto,» disse Hutch, guardando Rosemary e tirando fuori la pipa e una borsa del tabacco a strisce.

«Credo anch'io,» fece Hutch, riempiendo la pipa.
Rosemary disse: «La signora Castevet mi prepara ogni giorno una pozione ricca di vitamine, con un uovo crudo, latte e delle erbe fresche che coltiva lei stessa.»

«Lui non ha molta fiducia nelle pillole vitaminiche che sono in commercio.»
«Davvero?» disse Hutch, cacciandosi in tasca la borsa del tabacco. «A me non verrebbe mai in mente, in realtà sono fabbricate con il più rigoroso controllo.» Strofinò due fiammiferi insieme e succhiò la fiamma nella pipa, sbuffando nuvolette di fumo bianco e aromatico. Rosemary gli mise accanto un portacenere.

Lei si alzò, riempì una tazza e ne versò ancora a Hutch e a sé. Hutch tirava nella pipa, guardando assorto nel vuoto.
Guy tornò carico di pacchetti di Pall Mall. «Ho fatto razzia,» disse, rovesciandoli sul tavolo. «Hutch?»
«No, grazie.»



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« Risposta #86 il: 01 Maggio 2006, 14:11:00 »
CORNELL WOOLRICH (1903-1968)

La vita di Woolrich fu drammatica come i suoi romanzi. Proprio al culmine del successo, perse la voglia di scrivere e di vivere, anche per la malattia della madre, e incominciò a bere e a isolarsi, fino a non uscire più di casa.Aveva perso la fiducia nella pipa,per dedicarsi al bourbon.
I suoi personaggi non sono detective o poliziotti, ma individui fragili, ossessionati, vittime di minacce sconosciute, spesso immersi in contesti ai limiti del fantastico.
Con lui il "Noire"ha avuto il suo poeta, dai suoi scritti sono stati realizzati una quarantina di films.Il suo è stile incisivo e lacerante come un urlo,le sue invenzioni continuano a ispirare l'immaginario,uno dei suoi romanzi più famosi è "Finestra sul Cortile"


Poi c'era la stanza della guardia del corpo; Kittens, mi pare che si chiamasse. Quando arrivam­mo, si trovava disteso sul letto con una pipa nella sinistra, mentre nella destra teneva una pistola che stava esaminando.
Alla parete c'era una grande stampa a colori rappresentante una scena di caccia. Ma, sopra quella, Kittens aveva messo un nudo femminile ritagliato da qualche rivista.



- L'hawaiano ha una specie di cravatta verde. L'altro non l'ho notato.
- Fumavano?
- L'hawaiano, no. L'altro ha vuotato una pipa prima di entrare nella cabina e se l'è messa nel taschino della giacca.
- Si vede?
- Sì. Si vede...

- Sigarette? - chiese Allen allungando una scatola.
Martine si voltò subito sorridendo. - Joe! Mai offrire una sigaretta a un fumatore di pipa! È tempo sprecato, vero? - E volse lo sguardo nella direzione di dove era venuta la voce più profonda.
Allen esclamò: - Come fai a sapere che fuma la pipa? Non potevo immaginarlo!
- Ma se ne ha una che gli spunta dal taschino della giacca!
Vi fu una pausa. L'agente si guardò il taschino e sorrise.
- Infatti - disse. - Fumo solo la pipa.

Si presenta molto bene. Tipo tweed inglese, pipa a cannello curvo e un cane da caccia raggomitolato ai suoi piedi davanti a un caminetto fiammeggiante.
— Ha l'alluce valgo — sottolineò Jake.




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« Risposta #87 il: 01 Maggio 2006, 22:30:49 »
Edgar Pierre Jacobs (1904-1987)

Edgar Félix Pierre Jacobs nasce a Bruxelles (Belgio) il 30 marzo 1904. A lungo indeciso tra la musica lirica e il fumetto, frequenta l'Accademia reale di belle arti di Bruxelles e contemporaneamente si diploma al Conservatorio. Inizia la carriera di baritono, ma resta senza lavoro all'inizio della Seconda guerra mondiale e nel 1942 incomincia a collaborare, con una serie di illustrazioni a colori, al settimanale Bravo Nel 1946, nascono Blake & Mortimer, insieme al loro arcinemico Olrik, con una lunga e inquietante avventura chiamata Il segreto dell'Espadon: si tratta davvero, come sostiene Henri Filippini nel suo celebre Dizionario del Fumetto, della "più favolosa serie di avventure mai pubblicata da una rivista di fumetti"? Veramente, come sostiene il critico belga D. Van Kerchove, l'esistenza di migliaia di giovani fu sconvolta dall'apparizione della storia chiamata Il marchio giallo, considerata la migliore avventura a fumetti di tutti i tempi? Sappiamo solo che sono storie bellissime e che Jacobs fumava Semois e Cordemoy in pipe Chacom e in billiard di marca italiana.










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« Risposta #88 il: 02 Maggio 2006, 23:37:28 »
Altri tre fantastici pionieri


Jack Williamson (nato il 1908)
Laureatosi in Letteratura Inglese alla University of Colorado, con una tesi su H.G. Wells,Williamson è stato, con Edmond Hamilton, uno dei più importanti «pionieri» della fantascienza moderna, tuttavia la sua produzione risulta, a differenza di altri scrittori attivi fin dalle origini, più incisiva e scientifica: Williamson si è infatti sempre adoperato per piegare la Scienza alle esigenze dell'invenzione letteraria e per creare ingegnose teorie con cui spiegare i fenomeni più importanti.Primo docente a ricoprire una cattedra di Letteratura Fantascientifica alla Eastern New Mexico University Williamson ha scritto per più di settant'anni.





Star Bright

Gli sforzi per inviarlo all'università, a una scuola di tecnica televisiva, e a un corso per parrucchieri, erano tutti immancabilmente falliti per totale mancanza di cooperazione da parte di William.
«Hellò, Capo». Si stava riempiendo una pipa nera da collegia­le. «Hellò, Mami. Pronta la cena?».
«Non chiamarmi Capo», richiese il signor Peabody, control­lando il tono di voce. «William!». Intanto, s'era alzato e diretto verso la finestra, e la sua voce divenne un tantino più acuta. «Di chi è quella sportiva rossa parcheggiata fuori?».

«Così, ti saresti comprato una macchina? E, scusa, chi do­vrebbe pagarla?».
William ondeggiò la pipa in aria, negligentemente.
«Soltanto un "venti" al mese», annunciò con voce strascicata. «Ed è un vero affarone, Capo.

«Grazie, Papi». Baciandolo sulla fronte, Beth gli bisbigliò: «Sei così caro!».
Svuotandosi la pipa nera, William lanciò un'occhiata alla ma­dre.
«Ecco la dimostrazione», borbottò. «Se fosse l'adorata sorelli­na a volere la macchina...».

«William, dimmi subito: cosa ne hai fatto?».
William si stava riempiendo di nuovo la pipa.
«Datti una regolata, Capo», gli consigliò. «Mami mi ha detto che non c'era nulla di male. Ed io avevo bisogno di grana per il primo pagamento della macchina. Non farti saltare un'arteria, ora. Ti darò lo scontrino del Monte dei Pegni».

«Ma... si può sapere cosa t'è successo, Wil­liam?».
William aspirò pigramente dalla pipa.
«Un tipo... un imbecille con una Buick nuova di zecca, mi è venuto addosso», rispose in tono lamentoso. «Pretendeva che io avessi invaso il suo lato della strada. Ha chiamato i vigili, e ha do­vuto ricorrere al carro-attrezzi.

«La macchina è tua e così sarà per la fattura. Non m'interessa come pensi di si­stemare la faccenda».
William si produsse in uno strano gesto di indolenza con la pipa.
«Sei in errore, come sempre, Capo. Vedi, non volevano vende­re a me la macchina. Così ho dovuto chiamare Mami perché ve­nisse a firmare i documenti. Non credo dunque che te la possa cavare tanto facilmente, Capo. Sei tu quello che paga qui dentro. Hai del tabacco?».
«Eccoti il tuo tabacco». Indicò gesticolando il centro nudo del­la tavola.



H. Beam Piper
Camminò intorno ai cavalli


Ieri, ero appena rientrato da un addestramento del mio plotone, quando l'attendente del colonnello Keitel mi ha in­formato che il colonnello voleva vedermi nel suo alloggio. Ho trovato il vecchio in bassa uniforme nel suo soggiorno, che fumava la pipa.
«Entri, tenente, entri e si sieda, ragazzo mio!»

Il vecchio ha tirato parecchie energiche boccate dalla sua fa­mosa pipa, soffiando il fumo attraverso i baffi. «Questa volta, Rudi, Hartenstein ha tirato fuori dalle ceneri una pa­tata bollente, e vuole passarla a suo zio prima che gli scotti le mani.

Ora, mi ascolti. Dovrà condurre questo diplomatico fantasioso, o questo pazzo, o qualunque altra stramaledetta cosa sia, a Berlino. È questo le sia ben chiaro». Mi ha puntato addosso la pipa come se fosse una pistola. «I suoi ordini sono di condurlo fin là e di consegnarlo al Ministero di Polizia. Niente è stato detto se deve consegnarlo vivo o morto, oppure metà dell'uno e metà dell'altro.



Charles L. Harness
Ha fatto per tutta la vita l'avvocato, nel Connecticut e poi a Washington D.C., ma nel tempo libero gli piaceva scrivere fantascienza. E, per forza di cose, molte sue storie avevano come sfondo il mondo dei tribunali.Charles L. Harness, nato in Texas nel dicembre del 1915, è morto il 20 settembre 2005. Aveva studiato chimica per poi scoprire la sua vera vocazione, la legge e il diritto.

La nuova realtà

Allungò la mano per dare un colpetto con la sua pipa nel grande portacenere circolare ac­canto alla scrivente, e stava dandone un secondo quando si arrestò a metà del gesto.Tirò fuori un metro a nastro dalla scrivania e lo distese di traverso sul portacenere. Venticinque centimetri e quattro millimetri. Poi lo dispose tutt'intorno alla circonferenza. Ot­tanta centimetri. Abbastanza preciso, tutto considerato. Era un risultato che qualunque scolaro curioso avrebbe potuto ottenere.

Poi, l'uomo alto e scarno gli indicò una sedia accanto alla scrivania. «Si sieda, signor Prentiss».Prentiss cominciò a rovistarsi in tasca alla ricerca della pipa.
Prentiss si stava concentrando nell'operazione di accen­dere la sua pipa.
Si chiese se fosse visibile il lieve tremito del fiammifero ac­ceso.
Il professore si girò verso la sua scrivania, aprì il cassetto più in alto, e e tirò fuori un libretto sottile rilegato in cuoio nero.
L'investigatore tossì, espellendo una nuvola di fumo.Oh, suvvia, non sia timido».Prentiss diede una profonda tirata alla sua pipa.


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« Risposta #89 il: 04 Maggio 2006, 21:14:43 »
Jerome Bixby
Passato a miglior vita il 28 Aprile aveva settantacinque anni, Quale migliore commemorazione che ricordarlo quì.
Anche se le tue pipe terrene sono spente ti auguro di fumare leggere pipe celesti con virginia paradisiaci.
Jerome Bixby deve la sua fama soprattutto al racconto It's a "good" life (tradotto anche in Italia e incluso in svariate antologie). Da questo racconto fu tratta una puntata del telefilm Ai confini della realtà, e un episodio del film omonimo diretto da Joe Dante nel 1983. Bixby ha diviso la sua attività fra la narrativa e le sceneggiature per il cinema e la televisione. Suoi molti episodi della serie classica di Star Trek e di Xfiles.


Una vita splendida

I Reilly gli offrirono un astuccio portaoggetti, da loro confe­zionato. Non dissero quali oggetti, ma Dan dichiarò che ci avrebbe tenuto i suoi gioielli personali. I Reilly l'avevano fatto utilizzando una scatola di sigari, dalla quale avevano tolto con cura la carta, imbottendola poi con del velluto. L'esterno era stato lucidato e intagliato da Pat con molta cura, anche se con mano poco esperta - ma anche questo lavoro si meritò i com­plimenti di tutti. Dan Hollis ricevette molti altri doni: una pipa, un paio di lacci per scarpe, una spilla per cravatta, un paio di calzini fatti a maglia, un po' di dolci caramellati, un paio di giarrettiere fatte con delle vecchie bretelle
Dan svolse dalla carta ogni regalo con immenso piacere, e si mise subito addosso tutti quelli che poteva, perfino le giarret­tiere. Si accese la pipa e dichiarò di non aver mai fumato me­glio in vita sua; ma questo non era del tutto vero, perché la pi­pa non era mai stata usata. Pete Manners l'aveva tenuta in casa da quando l'aveva ricevuta in regalo quattro anni prima da un parente di fuori, il quale non aveva saputo che lui aveva smes­so di fumare.
Dan caricò di tabacco con molta attenzione il fornello della pipa. Il tabacco era prezioso. Era stato un autentico colpo di fortuna che Pat Reilly avesse deciso di tentare di coltivarlo nel suo orto, appena prima che a Peaksville accadesse ciò che era accaduto. Il tabacco non cresceva troppo bene, e poi doveva venir essiccato e tagliato e tutto il resto, ma era ugualmente ro­ba molto preziosa. Tutti in città usavano dei bocchini di legno fatti dal vecchio McIntyre, per sfruttare proprio fino in fondo le cicche.

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