La pipa nella letteratura > Gli autori ispirati dalle volute di fumo....

Autori con la pipa in bocca

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Aqualong:
Ho deciso di continuare quindi meglio fare un 3d unico dove tutti possono aggiungere roba del genere.
 :D  :D

Aqualong:
Roger Zelazny (1937-1995)
Uno dei più brillanti autori di S.F. americani degli anni sessanta,settanta,ottanta, specialista e innovatore ai limiti del fantastico puro,il suo genere in particolare è stato definito "Fantasy jazz" un jazz molto freddo ma con molti ritornelli.
Fumatore di pipa dei più accaniti,credo abbia fumato anche del tabacco,si narra che sia nato con la pipa in bocca,nelle sue storie la pipa c'è sempre,non per rafforzare il carattere dei personaggi,già molto coloriti e veri in storie sempre fantastiche, ma come una presenza quasi protagonistica,per fare un paragone come la musica in un'opera lirica.
Ho scritto anche troppo,mi spiace molto per chi non ha mai letto niente delle sue opere,però può sempre rimediare e correre in libreria.


-Konstantin Nomikos-

Un mucchio di morbide poltrone stavano poggiate nell'alcova formata per due lati dai muri a nord della stanza, e per il terzo dalla telinstra. La suonatrice di telinstra era una vecchia signora con occhi sognanti. Lorel Sands, il Direttore della Terra, stava fumando la sua pipa...
Insomma, la pipa è una delle facce più interessanti della personalità di Lorel. È una vera Meerschaum, e non è che a questo mondo ne siano rimaste poi molte. Per il resto, la funzione principale di Lorel consiste nel fare da anticomputer: gli fate ingurgitare tutti i possibili tipi di fatti accuratamente vagliati, percentuali e stati­stiche, e lui li trasforma in spazzatura. Pungenti occhi neri, e un lento, minuzioso modo di parlare mentre quei suoi occhi vi tengono incatenati; piuttosto parco nei gesti, ma estremamente efficace quando taglia l'aria con l'ampia destra o punzecchia immaginarie signore con la pipa;

 

Hasan, accucciato contro il muro di destra, fumava una pipa dal lungo cannello e dal fornello piccolo. Sembrava in pace.
Mamma Julie, immagino fosse lei, cominciò a cantare. Altre voci la seguirono:

Papà Legba, ouvri bayé!
Papà Legba, Attibon Legba ouvri bayé pou pou passé! Papà Legba...

Il coro continuava, e continuava e continuava. Co­minciai a sentirmi assonnato. Bevvi dell'altro rum e mi venne ancor più sete, così ne bevvi dell'altro.
Non sono sicuro di quanto tempo fosse passato, quando successe. I danzatori avevano baciato il palo e cantato e scosso zucche e versato dell'acqua, e un paio di hounsi erano posseduti e parlavano con completa in­coerenza, e il disegno fatto a farina sul pavimento era tutto confuso, e c'era un mucchio di fumo nell'aria, e io stavo appoggiato contro il muro e immagino che gli occhi mi si erano chiusi per un minuto o due.
Il suono nacque da un angolo inaspettato.
Hasan gridò.
Un lungo urlo penetrante che mi spinse in avanti, mi fece perdere l'equilibrio, e mi ributtò di nuovo contro il muro con un tonfo.
Il tamburo continuò a risuonare, senza perdere una sola battuta. Però alcuni dei danzatori si fermarono a guardare.
Hasan era balzato in piedi. Aveva i denti scoperti e gli occhi ridotti a fessure, e sul suo viso si leggevano, sotto la pellicola di sudore, i segni evidenti d'uno sforzo enorme.
La sua barba era una punta di lancia arroventata.
Il suo mantello, disteso alto contro certe decorazioni murali, era un paio d'ali nere.
Le sue mani, in un'ipnosi di lenti movimenti, stavano strangolando un uomo inesistente.

Angelsou - ripeté. - È un dio nero, un dio da temere. Il tuo amico è posseduto da Angelsou.
- Spiegati, per favore.
- Viene raramente al nostro hounfor. Non è deside­rato, qui. Coloro che egli possiede diventano assassini.
- Penso che Hasan stesse provando una nuova misce­la per pipa. Oppio mutante o qualcosa del genere.
- Angelsou - disse lei di nuovo. - Il tuo amico di­venterà un assassino, perché Angelsou è un dio della morte, e fa visita solo ai suoi simili.
- Mamma Julie - replicai, - Hasan è un assassino. Se tu avessi un pezzo di gomma per ogni uomo che ha ucciso e tentassi di masticarli tutti, sembreresti uno scoiattolo. È un assassino professionista; nei limiti con­sentiti dalla legge, di solito.



Mi sedetti su un tronco dinanzi al fuoco, e Hasan s'infilò nella Gauzy. Ne riemerse un minuto dopo con la pipa e un blocchetto di roba dura dall'aspetto resinoso, che procedette a spezzare e ridurre in polvere. La mi­schiò con un pizzico di tabacco, e poi ne riempi la pi­pa. Dopo averla accesa con un tizzone raccolto dal fuo­co, si sedette a fumare al mio fianco.
- Non voglio ucciderti, Karagee - disse.
- Condivido questo sentimento. Non voglio essere ucciso.
- Ma domani dovremo combattere.
- Sì.
- Potresti ritirare la sfida.
- Potresti andartene in Lancia.
- Non lo farò.
E io non ritirerò la sfida.



Hasan succhiava sempre la sua pipa. Annusai. Sentii un profumo come di legno di sandalo.
- Cosa stai fumando?
- Viene dalle mie parti. Ci ho fatto un salto recente­mente. È una delle nuove piante che prima non cresce­vano. Provala.
Aspirai diverse boccate nei polmoni. Dapprima non successe nulla. Continuai a tirare, e dopo un minuto una progressiva sensazione di calma e tranquillità comin­ciò a penetrare nelle mie membra. Aveva un sapore amaro, ma rilassava. Gli restituii la pipa. La sensazione rimase, divenne più forte. Era molto piacevole. Non mi sentivo tanto calmo, tanto rilassato da diverse settima­ne. Il fuoco, le ombre, e il terreno attorno a noi diven­nero d'improvviso più reali, e l'aria della notte e la luna distante e il rumore dei passi di Dos Santos mi giunge­vano più chiaramente della vita stessa. Sul serio. La no­stra battaglia sembrava così ridicola! Alla fine avremmo perso. Stava scritto che l'umanità fosse destinata a fare da cane e gatto e scimpanzé ammaestrati per l'unica ve­ra razza, i vegani; e da un certo punto di vista non era poi un'idea tanto cattiva. Forse avevamo bisogno di qualcuno più saggio che ci sorvegliasse, che dirigesse le nostre vite. Avevamo fatto strage del nostro pianeta du­rante i Tre Giorni, e i vegani non avevano mai avuto una guerra atomica. Reggevano un governo interstellare perfettamente efficiente, controllando dozzine di piane­ti. Tutto quello che facevano era esteticamente piacevo­le. Le loro stesse vite erano meccanismi ben regolati, al­legri. Perché non lasciargli la Terra? Probabilmente se ne sarebbero serviti meglio di quanto avessimo fatto noi. E perché non essere i loro cuccioletti, anche? Non sarebbe stata una brutta vita. Dargli questa vecchia palla di fango, piena di piaghe radioattive e popolata da esseri menomati e deformi.
Perché no?
Accettai di nuovo la pipa e inalai altra pace. Era così piacevole non pensare per niente a cose del genere, co­munque! Non pensare a nulla per cui non si potesse fa­re niente. Era abbastanza stare lì seduto e respirare l'aria notturna ed essere tutt'uno col fuoco e col vento. L'universo stava cantando il suo inno di cosmica unio­ne. Perché aprire il vaso del caos proprio nella cattedra­le?
Ma io avevo perso la mia Cassandra, la mia nera stre­ga di Kos, per colpa delle forze insensate che governano la Terra e le acque. Nulla poteva uccidere il senso di perdita che provavo. Sembrava nascosto in fondo, isola­to dietro pareti di vetro, ma era ancora dentro di me. Nessuna pipa orientale avrebbe potuto placarlo. Non vo­levo conoscere la pace. Volevo l'odio. Volevo strappare tutte le maschere dell'universo: la terra, l'acqua, il cielo, Taler, il Governo Terrestre, e l'Ufficio, per trovare die­tro una di esse la forza che me l'aveva rubata, e com­battere anche quella, provare un vero dolore. Non vole­vo conoscere la pace. Non volevo essere tutt'uno con le cose che avevano fatto del male a lei, che era mia per sangue e per amore. Per cinque minuti buoni desiderai essere nuovamente Karaghiosis, e osservare tutto quello da dietro il mirino d'un fucile.
Oh, Zeus, tu che reggi l'universo, pregai, concedimi di abbattere la Forza nel Cielo!
Tornai nuovamente alla pipa.
- Grazie, Hasan, ma non sono ancora pronto per il mondo dei sogni.
Mi rialzai e mi diressi verso la mia tenda.
- Mi spiace di doverti uccidere domattina - mi gridò dietro lui.

Cristiano:
Mi fai uomo felice.

Riesci a trovare e trascrivere qui i brani del Giardino dei Finzi Contini in tema pipario?

Aqualong:
Lancio la ricerca.
 8)

Aqualong:
Una faticaccia!
 :D  :D  8)

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