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Gli autori ispirati dalle volute di fumo.... / Re:Autori con la pipa in bocca
« il: 23 Luglio 2012, 22:13:21 »
Luigi Pirandello
Giustino Roncella nato Boggiòlo
Presa sotto braccio la busta di cuojo, dove, tra articoli e bozze di stampa della rassegna, aveva
ficcato un fascio di carte che si riferivano al banchetto, s'avviava verso la casa di Dora Barmis,
sapientissima consigliera dalle colonne de Le Grazie alle signore e signorine italiane della bellezza
e di tutte le raffinatezze intellettuali, quand'ecco, verso Piazza Venezia, un clamor confuso, lontano,
e un corri corri di gente.
Costernato, s'accostò in via San Marco a un grosso mercante di stoviglie d'alluminio che, sbuffando,
tirava giú le bande su le vetrine della bottega.
- Perché? Cos'è?
- Mah, dice... non so, - grugní quello in risposta, senza voltarsi.
Uno spazzino, seduto tranquillamente su una stanga del carretto con la giornata in ispalla a mo' di
bandiera e un braccio a contrappeso sul bastone di essa, si cavò la pipetta di bocca; sputò; disse:
- Ciarifanno.
Non poteva soffrire quel suo nuovo nipote, Giustino Boggiòlo.
- Afa! Afa! - sbuffava, appena qualcuno glielo nominava.
Che è l'afa? Ristagno di luce in basso, che snerva l'elasticità dell'aria. Quel suo nuovo nipote era
come l'afa: s'indugiava a far luce, la piú inutile luce, terra terra; vale a dire a spiegare le cose piú
ovvie, piú chiare, come se le vedesse lui solo e gli altri, senza il suo lume, non le potessero vedere.
Soffiava, il signor Ippolito, soffiava piano piano prima, per non offenderlo; alla fine, non potendone
piú, sbuffava e sbatteva anche le mani per restituire l'elasticità all'aria da respirare.
Per fargli dispetto, intanto, invece di starsene nella sua stanza ch'era forse la migliore
dell'appartamentino, se ne stava quasi tutto il giorno nello studiolo arredato di vecchi mobili, se non
meschini, certo molto comuni; e lí dàgli a fumare, non ostante che il medico lo avesse ammonito
piú volte di smettere, se non voleva incorrere in qualche serio malanno. Ma sapeva che Giustino
non poteva soffrire il fumo. A certi terribili assalti di tosse per l'intossicamento dei bronchi,
strozzato, paonazzo in volto, con gli occhi schizzanti dalle orbite, tempestava coi pugni, coi piedi, si
convelleva; ma seguitava a fumare perché Giustino non poteva soffrire il fumo. E fumando, si
lisciava con una mano su la spalla il fiocco d'un berretto da bersagliere che teneva sempre in capo.
Come un poppante la poppa della mamma, cosí egli, fumando in quella sua grossa pipa di schiuma,
aveva bisogno di lisciare qualcosa, e non volendo la magnifica barba grigia ricciuta, lavata e
pettinata ogni mattina con grandissima cura, si faceva venire su la spalla con una mossa del collo il
fiocco di quel berretto da bersagliere e si metteva a lisciar quello.
Fumando e lisciando, pensava.
Giustino Roncella nato Boggiòlo
Presa sotto braccio la busta di cuojo, dove, tra articoli e bozze di stampa della rassegna, aveva
ficcato un fascio di carte che si riferivano al banchetto, s'avviava verso la casa di Dora Barmis,
sapientissima consigliera dalle colonne de Le Grazie alle signore e signorine italiane della bellezza
e di tutte le raffinatezze intellettuali, quand'ecco, verso Piazza Venezia, un clamor confuso, lontano,
e un corri corri di gente.
Costernato, s'accostò in via San Marco a un grosso mercante di stoviglie d'alluminio che, sbuffando,
tirava giú le bande su le vetrine della bottega.
- Perché? Cos'è?
- Mah, dice... non so, - grugní quello in risposta, senza voltarsi.
Uno spazzino, seduto tranquillamente su una stanga del carretto con la giornata in ispalla a mo' di
bandiera e un braccio a contrappeso sul bastone di essa, si cavò la pipetta di bocca; sputò; disse:
- Ciarifanno.
Non poteva soffrire quel suo nuovo nipote, Giustino Boggiòlo.
- Afa! Afa! - sbuffava, appena qualcuno glielo nominava.
Che è l'afa? Ristagno di luce in basso, che snerva l'elasticità dell'aria. Quel suo nuovo nipote era
come l'afa: s'indugiava a far luce, la piú inutile luce, terra terra; vale a dire a spiegare le cose piú
ovvie, piú chiare, come se le vedesse lui solo e gli altri, senza il suo lume, non le potessero vedere.
Soffiava, il signor Ippolito, soffiava piano piano prima, per non offenderlo; alla fine, non potendone
piú, sbuffava e sbatteva anche le mani per restituire l'elasticità all'aria da respirare.
Per fargli dispetto, intanto, invece di starsene nella sua stanza ch'era forse la migliore
dell'appartamentino, se ne stava quasi tutto il giorno nello studiolo arredato di vecchi mobili, se non
meschini, certo molto comuni; e lí dàgli a fumare, non ostante che il medico lo avesse ammonito
piú volte di smettere, se non voleva incorrere in qualche serio malanno. Ma sapeva che Giustino
non poteva soffrire il fumo. A certi terribili assalti di tosse per l'intossicamento dei bronchi,
strozzato, paonazzo in volto, con gli occhi schizzanti dalle orbite, tempestava coi pugni, coi piedi, si
convelleva; ma seguitava a fumare perché Giustino non poteva soffrire il fumo. E fumando, si
lisciava con una mano su la spalla il fiocco d'un berretto da bersagliere che teneva sempre in capo.
Come un poppante la poppa della mamma, cosí egli, fumando in quella sua grossa pipa di schiuma,
aveva bisogno di lisciare qualcosa, e non volendo la magnifica barba grigia ricciuta, lavata e
pettinata ogni mattina con grandissima cura, si faceva venire su la spalla con una mossa del collo il
fiocco di quel berretto da bersagliere e si metteva a lisciar quello.
Fumando e lisciando, pensava.