Autore Topic: Corsellini fornitore di Sherlock Holmes  (Letto 4409 volte)

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Corsellini fornitore di Sherlock Holmes
« il: 15 Giugno 2005, 22:25:51 »
Trovo e giro:
1Come è noto, nel 1892 Holmes in fuga dopo l'episodio delle cascate del Reichenbach passò da Firenze. Viaggiava in incognito con il falso nome di Sigerson, norvegese. Non ci stupimmo quindi quando tra le sue pipe ne trovammo alcune marchiate OPERTI, Firenze.
Nel 1879 ARTURO CORSELLINI era entrato in società con la ditta OPERTI, esistente a Firenze dagli anni della Firenze capitale (1865-1871). Nel 1880 Operti si era ritirato, ma la ditta conservò il nome originale fino ai primi del 900. La produzione di pipe della ditta fino alla fine dell'800 era orientata sopratutto sulle pipe di schiuma, pur essendo iniziato il mercato delle pipe in radica, la cui scoperta come materiale data poco dopo la metà dell'800. Venivano vendute nel negozio di via Panzani, rimasto aperto fino al 1980 e poi spostato nell'attuale bottega artigiana di Via Ghibellina.
Con la collaborazione di Alessandro Corsellini, nipote di Arturo, campione mondiale di lento fumo e rinomato costruttore di pipe, abbiamo rintracciato i registri della vecchia ditta, da cui risulta un regolare invio di manufatti in Inghilterra, al fermo posta di Regent Street, al nome Sigerson: ordine spostato poi dopo il 1906, a un indirizzo del Sussex. Corsellini rifiuta di rispondere alla domanda se tale ordine permanente è ancora attivo, e a quale indirizzo. Alessandro Corsellini ricorda molto bene lo stupito racconto del nonno a proposito di uno strano cliente straniero, dalla faccia pallida e magra, che all'entrata in bottega aveva impressionato l'artigiano elencandogli quattordici particolari della sua vita intima e sfoggiando una competenza non comune sulle molteplici caratteristiche delle pipe. (N.d.R.)

INOLTRE:
Un altro curioso indizio è legato alle abitudini di fumatore di Sherlock Holmes. Il più famoso negozio di pipe a Firenze nel 1881 era la fabbrica di pipe "Operti", attiva dal 1859, diretta da Arturo Corsellini. Si trovava in Via Panzani, vicino al Duomo, la chiesa di Santa Maria del Fiore con la celebre Cupola del Brunelleschi: c’erano pipe di gesso, di schiuma, e di radica, che alla fine del secolo cominciavano ad imporsi sul mercato. La ditta, sotto il nome "Corsellini", rimase allo stesso indirizzo fino al 1985, quando si spostò alla sede attuale, vicino Santa Croce. Con l’aiuto di Alessandro Corsellini, nipote di Arturo, maestro costruttore di pipe e campione mondiale di lento fumo, ho esaminato i registri della casa. Ho trovato la nota di una vendita per 15 lire (all’epoca una fortuna) a Mr. Sigerson nell'agosto del 1891. Holmes comprò 3 pipe e diversi bocchini d’ambra (che evidentemente giudicava più affidabili che a Londra, vedi YELL). Nel registro trovammo la prova di un regolare invio di articoli a Mr Sigerson, fermo posta di Regent Street, London England: ordine poi spostato nel 1906 a un ufficio postale in Sussex. Corsellini si rifiuta di dichiarare se l’ordine è ancora attivo, e a quale indirizzo: egli tuttavia ricorda bene lo stupore di suo nonno Arturo quando raccontava di uno strano cliente, alto e magro, con una profonda conoscenza di pipe e tabacchi, che lo aveva stupito elencandogli 14 piccoli particolari della sua vita intima in pochi minuti.

il link è questo: http://soalinux.comune.firenze.it/holmes/firenze.htm

Quanto sopra è di ENRICO SOLITO
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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Corsellini e Holmes
« Risposta #1 il: 15 Giugno 2005, 22:45:29 »
HOLMES E IL FUMO


Lo scorso anno il Dr Solito mi invitò alla presentazione di un suo volumetto, "Uno studio in Holmes", frutto di un ritrovamento di un baule dimenticato dove, a suo dire, erano state rinvenute ricevute di acquisto di pipe fatte da Sherlock Holmes sotto altro nome presso il negozio di proprietà di mio nonno sul finire dell'800.(1) In quell'occasione (per la prima volta mi avvicinavo a questo mondo di appassionati holmesiani) feci un brevissimo intervento. Un anno dopo Enrico Solito mi coinvolge letteralmente: occorre parlare di Holmes come fumatore di pipa e che cosa rappresenti per lui questo modo di fumare. Pur non essendo mai stato un appassionato di letteratura poliziesca è a questo punto che mi sono dovuto "digerire" una buona parte delle avventure di questo signore. Dose veramente massiccia: oltre mille pagine in 15 giorni! Devo sinceramente riconoscere che questo personaggio non mi è rimasto inizialmente molto simpatico: molto saccente, esageratamente distaccato. Ma nel corso della lettura delle sue avventure ho dovuto non poco modificare le mie prime impressioni.

Prima di entrare nel tema che mi sono prefisso di svolgere, vorrei fare alcune considerazioni che ho tratto dalla lettura dei racconti di Holmes. In primo luogo la musica: Holmes in un suo racconto riferisce ciò che aveva espresso Charles Darwin circa quest'arte, cioè che " la capacità di eseguirla ed apprezzarla era insita nella razza umana molto prima che essa elaborasse un linguaggio articolato...il nostro animo conserva un vago ricordo di quei secoli oscuri agli albori del mondo." (Uno studio in rosso).

Holmes suona ed ascolta la musica nei momenti di massima concentrazione quando deve risolvere un caso particolarmente complicato: la musica diventa una specie di"passaporto" per accedere a qualcosa di extrasensoriale, un modo per elevarsi dal terreno e raggiungere una perfetta razionalità, un aiuto all'evoluzione dei suoi pensieri. Ugualmente si può dire della pipa. Da "Un caso di identità": :

-Sherlock Holmes restò alcuni minuti in silenzio, con le punte delle dita congiunte, le gambe allungate, lo sguardo rivolto al soffitto. Poi tolse dal portapipe la vecchia pipa di terra che per lui fungeva sempre da consigliera nei momenti difficili e dopo averla accesa si appoggiò all'indietro, contro lo schienale della poltrona avvolgendosi in dense spirali di fumo azzurrognolo e con nel viso un'espressione di infinito languore-

Ed ancora, da "La lega dei capelli rossi":

"Si tratta di un problema che chiede non meno di tre buone pipate, e la prego di non rivolgermi la parola per cinquanta minuti. . . "

Per non parlare del caso in cui Holmes: ebbe bisogno di una libbra di tabacco corrente per risolvere il caso, rimanendo tutto il giorno a fumare e facendosi trovare la sera da Watson in uno stato di trance in una stanza dove sembrava che fosse scoppiato un incendio (Il mastino dei Baskerville).

Senza esagerare credo di poter affermare che anche il fumo della pipa per Sherlock Holmes, come la musica, abbia rappresentato un "qualcosa" che avesse i poteri di metterlo in contatto con realtà al di fuori della sfera puramente terrena.

E' a questo punto che credo di poter inserire certe considerazioni circa l'origine e la pratica della pipa presso i popoli primitivi e non, visto che ancor oggi in alcune regioni della terra tali pratiche permangono. Occorre tuttavia fare un salto indietro nel tempo di diecine di migliaia di anni, allorché l'uomo si impossessò delfuoco e con esso si accorse del fumo che ne derivava. Allora egli era come prigioniero dei fenomemi più comum ( pioggia, vento,luce del sole ), e da alcuni terrorizzato come tuoni, fulmini, eclissi, tutti quanti provenienti dall'alto. Non potendo spiegare tutto ciò altrimenti, attribuì queste manifestazioni a volontà di uno o più Esseri che sovrastavano la sua sfera. Poichè tutti gli oggetti che aveva sotto mano una volta scagliati in aria ricadevano per terra, al contrario del fumo che si elevava verso il cielo fino a perdersi, deve aver ritenuto che l'unico modo per comunicare con queste Potenze "dell'alto" fosse proprio questo. Si costruì inizialmente un piccolo braciere di terra ove depose foglie o altro e con l'aiuta di una canna ne aspirava il fumo al solo scopo di facilitare la combustione ( pratica questa ancora in uso presso alcune tribù ). Successivamente lavorò la pietra con i primi utensili e si costruì un braciere "portatile" che avrebbe potuto usare in qualsiasi momento che avesse ritenuto opportuno . E fu così la pipa, ove brucerà erbe aromatiche di diversa natura secondo il significato che voleva dare a questa operazione o la divinità a cui desiderava rivolgersi.

Questo uso rituale lo si ritrova presso tutti i popoli di continenti diversi senza che, allora, potesse esserci stato tra loro alcun contatto. Lo troviamo tra i Traci, i Babilonesi, gli Egizi come tra gli indios della America. Un cenno particolare meritano i riti della pipa in uso ancor oggi presso i Sioux Oglala, e narrati nel libro "Alce Nero parla". Alce Nero, l'ultimo grande "uomo di medicina" di quel popolo ci racconta che "molti inverno orsono" essi ebbero una rivelazione. Un giorno una donna vestita di bianco recante sulle spalle un involto apparve a due cacciatori, annunciando loro la sua prossima venuta all'accampamento. Non si fece attendere molto: giunse nel Teepee che avevano preparato e consegnò al Capo l'involto, in cui c'era la "Sacra Pipa" che gli indiani avrebbero dovuto adoperare nei sette riti, che erano incisi su una pietra circolare. La pipa era in caolinite e simboleggiava la terra; sul fornello era inciso un bisonte, che rappresentava il mondo dei quadrupedi; il cannello si riferiva al mondo vegetale, le dodici penne che pendevano erano dell'aquila chiazzata e richiamavano tutti gli esseri alati. Di questa pipa avrebbero dovuto avere una grande cura , essendo l'unico mezzo per comunicare con il Grande Spirito. Sarebbe troppo lungo parlare qui dei sette riti e come si svolgono: riguardano gli aspetti più disparati della vita, dal rito per la conservazione dell'anima dei defunti al rito della purificazione, alla danza del sole, e così via. La Sacra Pipa viene ancora tramandata da una generazione all'altra di uomini della medicina e non può essere consegnata ad altri. Personalmente ho tentato varie volte di averne una, senza alcun successo.

Per questi popoli quindi il fumare la pipa non ebbe, e non ha tuttora, il significato che ha per noi, cioè il piacere del fumo; tuttavia, se riflettiamo a come il fumatore di pipa cura la propria pipa, ne sceglie una tra le tante per avere "quel" risultato che desidera in quel momento, tutto questo potrebbe riferirsi a remote usanze rimaste in noi latenti (è un po' tirata per i capelli, ma potrebbe essere).

Tra le curiosità circa l'uso della pipa presso alcuni popoli, ho esposto in bacheca una pipa "funeraria" che sono riuscito ad avere: viene dal Centro Africa, è in pietra, rappresenta una divinità dell'oltretomba e viene fumata una sola volta dallo sciamano durante il rito dell'accompagnamento dell'anima del defunto. Di questo argomento potremmo parlare per giornate intere, tante sono le testimonianze attraverso i secoli circa l'uso della pipa.

L'associazíone tra tabacco e pipa col piacere del fumo credo si possa datare alla scoperta della America e all'introduzione di essi in Europa.

L'uso che Holmes fa della pipa mi sembra a mezza strada tra le due cose: un po' piacere di fumo, un po' mezzo di concentrazione per accedere ad una sfera superiore, estatica (2). E' forse per questo motivo che Holmes non parla mai delle sue pipe come pezzi speciali: anzi non ne ha in realtà di pregiate, possiede pipe di terra (3), pipe correnti: una sola volta parla di radica, mai della famosa Calabash che gli viene attribuita ma che non ha riscontro nei suoi racconti.(4) Proprio questa sua posizione nei confronti della pipa, cioè la "non ricerca" del prezioso e del particolare mi conferma il significato che per lui questo prezioso oggetto doveva avere e che a grandi linee si può ricollegare all'uso che nel corso dei millenni l'umanità ne ha fatto.

Alessandro Corsellini

NOTE

1Come è noto, nel 1892 Holmes in fuga dopo l'episodio delle cascate del Reichenbach passò da Firenze. Viaggiava in incognito con il falso nome di Sigerson, norvegese. Non ci stupimmo quindi quando tra le sue pipe ne trovammo alcune marchiate OPERTI, Firenze.
Nel 1879 ARTURO CORSELLINI era entrato in società con la ditta OPERTI, esistente a Firenze dagli anni della Firenze capitale (1865-1871). Nel 1880 Operti si era ritirato, ma la ditta conservò il nome originale fino ai primi del 900. La produzione di pipe della ditta fino alla fine dell'800 era orientata sopratutto sulle pipe di schiuma, pur essendo iniziato il mercato delle pipe in radica, la cui scoperta come materiale data poco dopo la metà dell'800. Venivano vendute nel negozio di via Panzani, rimasto aperto fino al 1980 e poi spostato nell'attuale bottega artigiana di Via Ghibellina.
Con la collaborazione di Alessandro Corsellini, nipote di Arturo, campione mondiale di lento fumo e rinomato costruttore di pipe, abbiamo rintracciato i registri della vecchia ditta, da cui risulta un regolare invio di manufatti in Inghilterra, al fermo posta di Regent Street, al nome Sigerson: ordine spostato poi dopo il 1906, a un indirizzo del Sussex. Corsellini rifiuta di rispondere alla domanda se tale ordine permanente è ancora attivo, e a quale indirizzo. Alessandro Corsellini ricorda molto bene lo stupito racconto del nonno a proposito di uno strano cliente straniero, dalla faccia pallida e magra, che all'entrata in bottega aveva impressionato l'artigiano elencandogli quattordici particolari della sua vita intima e sfoggiando una competenza non comune sulle molteplici caratteristiche delle pipe. (N.d.R.)

2 Questo stesso concetto, quello del mondo dell'astrazione e dell'estasi come fondamentale nella epistemologia del metodo deduttivo holmesiano, è citato con impressionante analogia nei molti lavori di Stefano Guerra sull'argomento, e nel suo intervento al Congresso, che sarà pubblicato nel prossimo numero dello Strand. (N.d.R.)

3 Alla fine dell'800 la radica era appena agli inizi della sua carriera come materiale per pipa: molto più usata era la schiuma. Noi non possiamo escludere che Holmes possedesse qualche pipa in schiuma, di quelle bellissime ed elaborate che ancor oggi ammiriamo. Ma quelle pipe richiedono manutenzione e sono, come tutti sanno, fragilissime. E noi abbiamo di fronte un uomo che le pipe le lascia in giro, inchioda con un coltello i fogli di "rnemento" al muro e si diverte a prendere a revolverate i muri. Usando il rnetodo deduttivo dello stesso Holmes possiamo forse presumere che una pipa di schiuma avrebbe sopravvissuto a lungo in casa sua?
In effetti egli non ne fa mai cenno. I1 suo biografo Watson cita invece pipe di gesso (II carbonchio azzurro) o di terra nera (Un caso di identità)
Con ogni probabilità erano queste le pipe usate: pratiche, maneggevoli. Presumibilmente corte, spavalde, aggressive, quelle che fumava travestito da marinaio ai Docks: lunghe, olandesi, quelle che fumava a casa, nel suo salotto, il centro di tutte le avventure. (N.d.R.)

4 In realtà l'associazione tra Holmes e Calabash fu inventata, al pari della famosa battuta "Elementare, Walson" da William Gillette, il grande attore che lo impersonò sulla scena con enorme successo, a partire dal 1899. (N.d.R.)



il link: http://www.unostudioinholmes.org/fr_strand2.htm
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Corsellini fornitore di Sherlock Holmes
« Risposta #2 il: 10 Marzo 2006, 11:30:33 »
Tratto da un sito collegato al Comune di Firenze

Sherlock Holmes era francese

di Thierry Saint-Joanis

(president of the Société Sherlock Holmes de France "Les Quincailliers de la Franco-Midland", BSI as Monsieur Bertillon).

Il lavoro della Société Sherlock Holmes de France consiste nel ricercare connessioni tra la Francia e Holmes. Ce ne sono parecchie: permettetemi di mostrarvi tre ragioni per pensare che Sherlock Holmes fosse francese.

1 – Il nome Sherlock era francese e ben conosciuto in Francia un secolo prima che in Inghilterra. Durante la rivoluzione francese un uomo di nome Sherlock fu un famoso membro del Consiglio dei Cinquecento, l’assemblea nazionale. Abbiamo ritrovato un manifesto elettorale in cui Monsieur Sherlock ringrazia il popolo del dipartimento di Vaucluse dopo la sua elezione all’assemblea. Pochi anni dopo il nostro Sherlock scrisse una lettera al Generale Bonaparte in cui gli raccontava la storia della sua famiglia: la famiglia Sherlock veniva dall’Irlanda. Si componeva di tre parti: la prima era rimasta in Irlanda, la seconda si era spostata in Spagna, e di essa faceva parte Don Juan Sherlock, colonnello del Reggimento Hibernia col titolo di grande di Spagna. La terza parte della famiglia si era recata in Francia e il nostro generale Sherlock ne era il membro più eminente. A tutt’oggi nella nostra associazione abbiamo tre membri che sono i diretti discendenti del generale.

2 – E ora esaminiamo la figura del detective. Nel 1871 uscì un libro di grande successo in Francia , il cui autore era Henry Cauvain (un ispettore delle tasse di Annecy), intitolato "Maximilien Heller". Il suo eroe che salta fuori essere un detective dillettante, vive in un appartamento incredibilmente disordinato. E’ alto, magro e pallido, usa oppio, ci viene descritto sedere in una poltrona da mani a sera a fissare il soffitto , scrive innumerevoli monologhi su oscuri e complicati soggetti, è un esperto di travestimento e possiede una mira straordinariamente buona. Oh, e la sua avventura è relazionata dettagliatamente dal suo buon e leale amico, che guarda caso è un dottore. E’ possibile che Holmes e Heller fossero la stessa persona e che Cauvain fosse in realtà l’Agente letterario francese di Holmes e che il romanzo del 1871 fosse in realtà il primo caso di Holmes che, naturalmente, si svolse in Francia (1)?

3 – Infine il "coup de grace"! Sherlock Holmes era un’intenditore di vini, parlava un francese fluente e privo d’accenti, e gli fu conferita la Legion d'Honneur. Poi c’è la sua spiccata somiglianza col pittore francese . Potrebbe essere? Sherlock Holmes un Francese! Bene, forse non del tutto. Ma certamente il più famoso investigatore del mondo non era un Inglese. Non era neanche Anglo-francese. Forse Franco-britannico, volendo star prudenti. Nel caso dei 3 Garrideb egli rifiuta il Cavalierato : e in quello dei Golden Pince-Nez, accetta la Legion d’Onore. Quale autentico inglese, vi chiedo, avrebbe fatto una cosa del genere?

Come in ogni buon romanzo giallo gli indizi sono di fronte a voi. Come lo stesso maestro disse: "Quando si elimini l’impossibile quel che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità". Osservazione e deduzione, mon cher Watson, osservazione e deduzione.

Il più ovvio indizio delle origine Galliche del detective- che naturalmente spiegano il cervello gallico e il talento gallico – emerge nell’Interprete Greco, quando Holmes in persona spiega al fedele Watson che sua nonna era " la sorella di Vernet, il pittore francese". Sin qui, tutto bene. Nato a Parigi nel 1789, morto sempre a Parigi nel 1863, Horace Vernet divenne famoso sopratutto per le sue scene di battaglie: un sacco di musei francesi possiedono esempi del suo lavoro. Anche la rassomiglianza fisica tra i due è significativa . Ma i 60 casi di Watson ci mostrano anche che il leggendario segugio parlava un francese fluente e senza accenti. A Montpellier, nel 1902, durante il caso della scomparsa di lady Carfax, balza fuori da un caffè travestito da operaio francese e salva Watson da un pestaggio. Come avrebbe potuto Holmes dare un’impressione convincente di essere un operaio francese se non avesse parlato almeno parzialmente francese? E perchè, quanto a questo, avrebbe dovuto in tutte le sue avventure condire la sua conversazione con frasi in francese anche quando parlava inglese?

Il grande detective aveva un evidente, profondo attaccamento per il paese di sua nonna. Per Parigi, ad esempio, dove lasciò il bagaglio alla gare du Nord (Il Problema Finale) e arrestò l’anarchico Huret (The Golden Pince-Nez); ma anche Lione, dove Holmes soggiornò all’Hotel Dulong nel 1887 (The Reigate Squire); e per Grenoble, dove si fece scolpire un busto da un certo Oscar Meunier nel 1894 (The Empty House). E poi Holmes era stranamente familiare all’arte , alla cultura e la scienza francesi. Bevve, in varie occasioni Bordeaux, Beaune, Montrachet. Gli piaceva particolarmente Offenbach, e nel caso della Lega dei capelli rossi citò una volta Flaubert.

E’ evidente come il naso sulla vostra faccia. Guardate al carattere dei due uomini: Holmes è un disordinato, emotivo, sempre per aria, pieno di difetti, ma per noi francesi il suo ragionamento è tipicamente cartesiano. Watson è cordiale, allegro, leale, un pò lento alle volte ma terribilmente rispettabile – britannico fino al midollo. Cosa ancor più importante, Holmes ammirava il lavoro della polizia francese : due volte, nel Cane dei Baskerville e nel Trattato Navale , menziona il famoso detective Alphonse Bertillon, un pioniere della polizia scientifica. La stima era contraccambiata. Nel Segno dei Quattro il detective François le Villard rivela di aver tradotto i saggi scientifici di Holmes. Ciò significa che già dal 1877 la polizia francese aveva accesso a quelle indispensabili opere Holmesiane che sono Sulla discriminazione tra i vari generi di tabacchi, Sulla datazione dei documenti, e Su come rintracciare le orme, con qualche osservazione sull’impiego del gesso da scultori per fissare e conservare le orme stesse . Il fatto che dette forze di polizia non si siano propriamente coperte di gloria non è, naturalmente, responsabilità di Holmes.

Ma c’è di più. Esplorando quella che si potrebbe chiamare l’evidenza canonica della francesità di Holmes, abbiamo scoperto ciò che può essere definita solo come evidenza empirica. E parte di essa è, per usare un termine un pò non holmesiano, spettrale. Prendiamo la Avventura della Legion d’Onore. Questo episodio è avvenuto a me un paio d’anni fa, e non mi è ancora passata. Stuzzicato da un paio di giornalisti francesi a definire un obiettivo per la nostra neonata società, io dichiarai impetuosamente che avrei tentato di ricevere a nome di Sherlock Holmes quella Legion d’onore che il detective aveva accettato ma non aveva mai in realtà trovato il tempo di ricevere. Vestito coi miei migliori deerstalker e soprabito Macfarlane mi diressi al museo parigino dedicato alle meglio conosciute tra le molte decorazioni francesi. L’usciere non voleva farci entrare, perchè pensava che lo stessimo sfottendo. Ma noi gli mostrammo il libro e lui ci permise di incontrare la curatrice del museo. Questi, guarda caso, era anche lei un pò un fan di Holmes e si divertì a continuare il gioco: così il gruppetto si radunò agli archivi, da dove fu estratto il fascicolo riguardante le Legioni d’Onore assegnate tra il 1894 e il 1900. Sul retro c’erano le liste delle onorificienze assegnate agli stranieri, con un sottogruppo di quelle assegnate ad Inglesi. E qui, con una calligrafia indistinguibile dal resto, c’erano le parole Holmes, S. Comprensibilmente sconvolto, riuscii a persuadere le autorità francesi a consegnare l’onorifcienza ad Holmes in via postuma. Sì perchè, sfortunatamente Sherlock Holmes era morto: cosa naturale, essendo nato nel 1854. Egli concluse la sua vita allevando api in Sussex, ma la sua tomba non è in Inghilterra. E’ in Francia. Se fate un salto in un vialetto del cimitero di Pere-Lachaise a Parigi , potrete imbattervi in diversi membri della mia società, col cappello in mano, chini di fronte ad una tomba marcata col monogramma S.H. Chi vi è sepolto? Per i dubbiosi si potrebbe fare una richiesta di riesumazione. Uno studio delle ossa e dei denti convincerebbe gli scettici. Sherlock holmes è tornato per sempre nella sua dolce terra: la Francia!
Inglesi ... gente che correva nuda dietro una marmotta quando noi già s'accoltellava un Giulio Cesare !

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Corsellini fornitore di Sherlock Holmes
« Risposta #3 il: 10 Marzo 2006, 11:31:41 »
Sempre dallo stesso sito.

Ma no! Sherlock Holmes era italiano!

Di Titi San Giovanni

(Holmesiano di Firenze)

Temo proprio che il mio illustre amico francese sia in errore. Sherlock Holmes non era francese. Era italiano! E suo nonno era Niccolò Paganini. Chiamerò questa rivelazione L’avventura della figlia del pianista di Paganini. Il mio amico Jean Schifrine ha scoperto il fatto storico che Paganini era ben conosciuto nella famiglia Horace Vernet. Indagando ulteriormente ha dimostrato che quando l’acclamato violinista fu scritturato per un concerto a Londra scelse come accompagnatore un uomo dal nome John Watson", che aveva una figlia secondo tutte le fonti molto attraente, chiamata Charlotte. Perciò è possibile che Sherlock Holmes sia l’illeggittimo risultato di una relazione tra Paganini e la figlia di Watson.

Alla fine di febbraio del 1832, Paganini si trovava a Londra quando incontrò un musicista del King’s Theatre, John Watson. Questi, che occupava la carica di amministratore temporaneo, offrì i suoi servigi a Paganini come guida e lo presentò a sua figlia Charlotte, sulla quale il violinista appuntò subito gli occhi: era il preludio ad una relazione infelice e destinata al fallimento, non senza strascichi negativi denunciati dalla stampa. .Nel frattempo Paganini aveva ingaggiato John Watson come collaboratore per una lunga tournee prevista tra Agosto e Ottobre 1832. Dopo un breve e disastroso giro in altre città inglesi Paganini tornò a Londra e scoprì che Watson, coperto di debiti e impossibilitato a rispettarli, era stato imprigionato. Paganini fu costretto a rinunciare ai concerti ma con una liberalità insospettata, forse a causa dell’insistenza della figlia del pianista, pagò una cauzione di 45 sterline ottenendo il rilascio di Watson: per di più per aiutarlo a sfuggire alle grinfie dei creditori dette un concerto interamente a beneficio di Charlotte, il 17 giugno 1834, al teatro Victoria. Nel 1835, per colpa della stampa che li massacrava davanti al pubblico, la relazione tra Paganini e Charlotte si ruppe tragicamente. Dopo questo drammatico episodio Charlotte Watson trovò rifugio come dama di compagnia presso persone di fiducia, piccoli proprietari terrieri dello Yorkshire di nome Holmes. Dalla unione di Nicolo Paganini e Charlotte Watson sarebbe nata nello stesso anno 1835 una bambina. La famiglia Holmes accolse la bimba, con l’assistenza della vecchia balia del loro figlio Siger. Questi, già grande alla nascita della bimba, sposò Violet Sherrinford alcuni anni dopo la partenza e il matrimonio di Charlotte con un americano, nel 1837 , dopo di chè Charlotte non si era più occupata della figlia. D’altra parte la coppia Siger-Violet che aveva tentato inutilmente di avere figli, adottò la bambina che aveva esattamente l’età che avrebbe avuto una loro figlia vera. Il destino li ricompensò perchè, nel 1847, gli Holmes ebbero la gioia di vedere la nascita di un figlio, cui imposero il nome di Mycroft. Sette anni più tardi , nel 1854, in seguito ad una avventura intorno ai 19 anni di età, la loo figlia adottiva (Miss Holmes) ebbe un bambino cui la famiglia Holmes dette il primo nome di Sherlock e che del tutto naturalmente mantenne il cognome della sua giovane madre. Per ragioni che non siamo in grado di accertare Miss Holmes lasciò la famiglia Holmes poco tempo dopo averle affidato suo figlio. Sherlock , stimato da Mycroft, considerò sempre quest’ultimo il suo fratello maggiore e gli Holmes come i suoi genitori, E quando Sherlock Holmes andò a vivere a Londra fu con suo cugino John H.Watson che scelse di affittare un appartamento in Baker Street.
L’eredità del suo avo potrebbe spiegare il citatissimo virtuosismo di Sherlock Holmes nel suonare il violino. Per convincerci delle sue origini italiane è sufficiente dare un’occhiata ai ritratti di Paganini e notare le molte rassomiglianze con Holmes. Come Watson scrisse nell’Avventura della scatola di cartone Holmes raccontava " aneddoto dopo aneddoto di quell’uomo straordinario" , Paganini! Perchè, se non fosse stato un suo parente?

Possiamo trovare altri indizi, sorprendenti ma divertenti: in molte biografie di Paganini leggiamo che la stanza dell’artista era il regno del disordine e che quando provava in casa o dava ripetizioni portava un singolare cappello con lunghe paraorecchie e che usava legarsele sopra la testa , il che era giudicato alquanto strano. In più il violino preferito di paganini era soprannominato "Il Cannone" , simile al Canone! Paganini venne nominato da Elisa, granduchessa di Toscana e sorella di Napoleone, "Capitano della gendarmeria". Eccetera ...

Ma chi ha bisogno di un po' più di indizi?

Le origini italiane sono elementari!
Inglesi ... gente che correva nuda dietro una marmotta quando noi già s'accoltellava un Giulio Cesare !