Autore Topic: La scuola, cosa sta succedendo...  (Letto 7654 volte)

Offline M4tt0

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La scuola, cosa sta succedendo...
« il: 21 Ottobre 2008, 20:23:53 »
Vorrei spendere 2 parole su quello che sta succedendo nel mondo della scuola; sopratutto ponendo l'attenzione sull'università. Voglio far render conto a molti di voi (visto che sopratutto chi nella scuola non c'è, di questa riforma non sa niente) che l'università nell'arco di pochi anni potrebbe diventare un bene di pochi, perchè si da la possibilità all'istituzione università di trasformarsi in Fondazione privata, con conseguente abolizione dei tetti massimi per le tasse (al momento le tasse universitarie possono coprire il 20% dei finanziamenti universitari, e mi sembra già di pagare abbastanza).
Dal mio punto di vista la cosa grave di questo decreto legge è proprio l'autorizzazione alla privatizzazione, e non tanto al taglio dei finanziamenti, perchè in effetti se si guarda come vengan spesi i soldi dall'università mi trovo in accordo con il govero a toglierli i soldi. L'università di Firenze da me frequentata ha chiuso il bilancio del 2008 con 32 milioni di Euro di debiti, nel 2009 le previsioni sono di 52 milioni di euro, nel 2010 si prevede la chiusura dell'ateneo fiorentino. Beh io mi chiedo, perchè questi pseudo rettori sono riusciti a sperperare fior fior di quattrini indebitando fino al collo l'università, senza ripercussioni giudiziarie? Perchè fino ad oggi, escluso qualche frangia di studenti, si sono votati bilanci veramente ridicoli?
Perchè si pagano assurdi affitti per alcuni edifici inutili (italianistica a Firenze sta in un edificio del 1600, l'affitto di questo edificio costa 1/4 dei fondi annuali dell'ateneo fiorentino, per psicologia si paga alla giunti 1 milione di euro l'anno da 8 anni per un'edificio che ne vale 2, si sono fatti i grandi poli scentifici senza aver i soldi, indebitando senza ragioni tutto l'ateneo, i grandi poli sono stati sovrapagati, si dice che per novoli si sia pagato 3 volte il vero valore, e si vedano costantemente muratori lavorarci sopra, da notare che l'edificio ha solo 6 anni...)?
Al momento l'università è in mobilitazione e con lei si sta cercando di mobilitare l'intera società, o almeno di sensibilizzarla, visto che sia giornali che televisioni non perdan mai l'occasione per far vedere la poca violenza che c'è, e non si pone mai l'attenzione sulle serie motivazioni di questa protesta (che non stanno nel grembiule o nel ripristino del voto in condotta, che secondo me sono anche giusti), si sta parlando di dare un vero futuro ai vostri figli che molto probabilmente per fare l'università si dovranno fare un mutuo di 120 mila euro
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Offline Aqualong

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #1 il: 21 Ottobre 2008, 20:50:50 »
E' un argomento di tale spessore generale che coinvolge tutti,anche un forum di fumatori di pipa. :evil:
http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/scuola_e_universita/servizi/riformareggio2/bilancio4anni/bilancio4anni.html
Suerte!

Offline M4tt0

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« Risposta #2 il: 21 Ottobre 2008, 21:15:26 »
Citazione da: "Aqualong"
E' un argomento di tale spessore generale che coinvolge tutti,anche un forum di fumatori di pipa. :evil:
http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/scuola_e_universita/servizi/riformareggio2/bilancio4anni/bilancio4anni.html


Attenzione a prendere tutto per buono quello che ci raccontano giornali e televisioni, Berlusconi non ha fatto altro che continuare quella che sembra una tradizione da 30 anni a questa parte, ha continuato a togliere soldi e persone alla scuola pubblica, come d'altronde ha fatto Mussi fino all'anno scorso e come hanno fatto chi ha preceduto i governi di destra
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Offline Aqualong

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« Risposta #3 il: 21 Ottobre 2008, 23:39:41 »
Si la storia è molto vecchia,non ho seguito passo passo la vicenda della scuola,ma posso parlare della sanità,entrambe sono considerate improduttive,anche se dovrebbero essere baluardi fondamentali,
garantendo istruzione, prevenzione e salute.
Alcuni pochi  esempi fra i tantissimi: legge 180 tutti a casa vostra,le famiglie e l'appoggio dei presidi deputati ai controlli sono più che sufficienti.
Lungodegenti ormai quasi tutti chiusi,il paziente cronico o terminale a casa sua,sulle spalle della sua famiglia,magari aiutata dall'assistenza domiciiare.
Assistenza domiciliare,proposta intelligente e moderna del grande Donacattin,ridotta ai minimi termini e funzionante a pelle di leopardo sul territorio nazionale,ha un minimo di funzionamento perchè affiancata dal volontariato.
Medicina del lavoro,Ispettorato del lavoro,Arpat,Igiene Ambientale,quello che si legge ogni giorno sui giornali ci dimostra la grossa carenza di personale, di mezzi e legislativa,un dato per tutti nel 2007 una media di 3 morti sul lavoro al giorno,i numeri dei feriti,anche gravi,o mutilati è ignoto.
Purtroppo queste cose si leggono ogni giorno,le viviamo sulla nostra pelle quotidianamente,ma poi passano inosservate,tendiamo a rimuovere i problemi più grossi,ci preoccupiamo di più se uno fuma in macchina.
 :evil:
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Ramon

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« Risposta #4 il: 22 Ottobre 2008, 00:33:13 »
Parlando dell'ateneo che conosco meglio, ovvero quello udinese, porto il nostro esempio regionale che è in completa controtendenza rispetto all'Italia ed a quanto ho letto.
Hosell, già rettore dell'università ed oggi sindaco di Udine, ha fatto 3 bilanci di fila in positivo, con avanzi dei soldi messi a disposizione annulamente.
I soldi risparmiati sarebbero dovuti servire per finanziare nuove attività universitarie invece Mr Prodi ha deciso che "se i friulani risparmiano" allora "gli mandiamo meno soldi" e così dal 2007 all'ateneo udinese sono stati stanziati meno soldi da spendere.
La morale: in Italia se sei un bravo amministratore invece di premiarti ti tolgono il gettito (politica del governo di sinistra questa...).
Fortunatamente per noi le grandi aziende friulane che necessitano di ingegneri ad ogni livello e di ogni specializzazione stanno compensando privatamente i minori contributi statali ricevuti.
Non so a voi, ma a noi friulani che operiamo localmente nel mondo del lavoro privato ci andrebbe benissimo autofinanziarci sia la ricerca che l'università ovviamente avendone in cambio tutti i benefici fiscali per i contributi dati alle strutture pubbliche regionali. Insomma, privatizzando l'ateneo daremmo la possibilità a questo di crescere realmente invece di vederlo costretto dai continui tagli di bilancio a ridurre le attività nonostante i virtuosismi dimostrati nel recente passato.
Specifico anche che l'ateneo udinese nella stragrande maggioranza dei casi non produce laureati a caccia di un posto statale o precari cronici ma laurea annualmente giovani tecnici che vengono assorbiti nell'80% dei casi dalle stesse realtà produttive regionali.
Se tanto da tanto, non c'è ragione per cui non privatizzare la stessa università permettendogli di raggiungere i livelli d'eccellenza (e di selezione) di cui abbisognamo per rimanere competitivi con i nostri diretti concorrenti europei.
Può apparire tutto "troppo pragmatico" ma così gira il mondo.

Offline M4tt0

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« Risposta #5 il: 22 Ottobre 2008, 00:43:57 »
Citazione da: "Ramon"
Parlando dell'ateneo che conosco meglio, ovvero quello udinese, porto il nostro esempio regionale che è in completa controtendenza rispetto all'Italia ed a quanto ho letto.
Hosell, già rettore dell'università ed oggi sindaco di Udine, ha fatto 3 bilanci di fila in positivo, con avanzi dei soldi messi a disposizione annulamente.
I soldi risparmiati sarebbero dovuti servire per finanziare nuove attività universitarie invece Mr Prodi ha deciso che "se i friulani risparmiano" allora "gli mandiamo meno soldi" e così dal 2007 all'ateneo udinese sono stati stanziati meno soldi da spendere.
La morale: in Italia se sei un bravo amministratore invece di premiarti ti tolgono il gettito (politica del governo di sinistra questa...).
Fortunatamente per noi le grandi aziende friulane che necessitano di ingegneri ad ogni livello e di ogni specializzazione stanno compensando privatamente i minori contributi statali ricevuti.
Non so a voi, ma a noi friulani che operiamo localmente nel mondo del lavoro privato ci andrebbe benissimo autofinanziarci sia la ricerca che l'università ovviamente avendone in cambio tutti i benefici fiscali per i contributi dati alle strutture pubbliche regionali. Insomma, privatizzando l'ateneo daremmo la possibilità a questo di crescere realmente invece di vederlo costretto dai continui tagli di bilancio a ridurre le attività nonostante i virtuosismi dimostrati nel recente passato.
Specifico anche che l'ateneo udinese nella stragrande maggioranza dei casi non produce laureati a caccia di un posto statale o precari cronici ma laurea annualmente giovani tecnici che vengono assorbiti nell'80% dei casi dalle stesse realtà produttive regionali.
Se tanto da tanto, non c'è ragione per cui non privatizzare la stessa università permettendogli di raggiungere i livelli d'eccellenza (e di selezione) di cui abbisognamo per rimanere competitivi con i nostri diretti concorrenti europei.
Può apparire tutto "troppo pragmatico" ma così gira il mondo.


Beh ragioneresti così se invece di essere un'ingegnere sei uno studente di filosofia o come me di Scienze politiche, chi, secondo te fra i privati si interesserebbe a far laureare uno studente in filosofia?o in Scienze Politiche? Beh si pensa che all'arrivo dei privati sia tutto una cosa bella e felice, i privati se non hanno tornaconti non fanno niente! Mussi non ha tolto solo i soldi a Udine, gli ha tolti a tutti, pensa a Firenze aveva tolto quasi tutti i finanziamenti classificandola come una delle università più sprecone (forse non faceva neanche male, se poi i soldi vengan buttati via). Secondo il tuo ragionamento bisognerebbe diventare tutti ingegneri, e non mi sembra certo una bella cosa...
Aggiungo: voglio precisare che sono di destra, come quasi tutti qua sanno, eppure io protesto e con più impegno di tanti altri che vedon in quasto governo il male assoluto; io protesto perchè non guardo al mio solo orticello, penso agli studenti in generale, penso che non voglio fare la fine degli studenti americani che a 18 anni hanno già 120 mila euro di mutuo sulla testa (è per quello che i nostri ricercatori vanno all'estero, con le tasse che pagano gli studenti, si trovan bene i soldi per pagarli), penso che se l'Italia si voglia definire una nazione bisogna che i propri cittadini si rendino conto che se a Udine va tutto bene, non è detto che a Napoli, Roma, Firenze la situazione sia rose e fiori, e non è detto che gli altri nella tua solita città stiano bene quanto dici te...bisogna guardarsi un po' intorno e pensare...
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Ramon

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #6 il: 22 Ottobre 2008, 10:13:48 »
Ti rispondo e poi lascio posto agli interventi altrui perché non voglio innescare un batti e ribatti a due; mi era sufficiente far constatare come gli atenei, anche dove gestiti molto bene, siano poi penalizzati dal sistema pubblico assistenziale che parifica tutto e livella (verso il basso) ogni situazione.

In effetti hai ragione, gli studenti di filosofia (presi da te ad esempio) non sono appetibili dal mercato del lavoro e pertanto è molto difficile che qualche gruppo privato sia interessato a sponsorizzare quel tipo di corso.
Il punto, sencondo me, è avere una direzione e mantenersi coerenti con essa: io interpreto l'università in chiave utilistica per la società e per il mercato del lavoro e quindi trovo corretto che questa istituzione concentri - con il supporto dei capitali privati - le proprie forze sulle facoltà massimamente utili all'economia reale. Guarda caso, queste facoltà specialistiche, sono anche quelle che necessitano più di investimenti in laboratori, ricerca, stumentazioni, ecc...

Che lo studio sia un diritto di tutti non lo metto in discussione ma non è un dovere della società mantenere facoltà che producono giovani teste piene di nozioni poco spendibili nel mercato del lavoro. Quindi l'attuale black-out che esiste tra università ed economia del paese lede anzitutto i giovani che continuano a laurearsi in corsi di dubbia spedibilità e le aziende stesse che rimangono monche di specialisti adeguatamente preparati (recuperati poi all'estero).

Guardarsi attorno è giusto, e lo faccio: guardo alla crescita logaritmica dell'università slovena (fortemente connessa con le realtà produttive) ed a quella austriaca, a quelle europee, e quel che vedo è che veniamo superati a causa di un lobbysmo statalista che paralizza sia la ricerca sia la normale attività universitaria. Non voglio con questo difendere a spada tratta il "privato" ma sostengo che, ad oggi, in esso si concentra  l'unica possibilità per mantenere il passo con il mondo che lavora e produce.

Sostengo quindi che, massimizzando, esistano due tipi di università: quella che utilmente produce nuovi occupati specialisti e quella che continua a produrre disoccupati "storici" (in passato assorbiti dall'apparato statale previo pubblico concorso). Per mantenere il secondo tipo penalizziamo il primo e perdiamo competitività con danno globale per tutti. In questo panorama credo quindi che una divisione, o meglio ancora un sistema misto, sia auspicabile.

Offline M4tt0

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« Risposta #7 il: 22 Ottobre 2008, 10:57:44 »
Citazione da: "Ramon"
Ti rispondo e poi lascio posto agli interventi altrui perché non voglio innescare un batti e ribatti a due; mi era sufficiente far constatare come gli atenei, anche dove gestiti molto bene, siano poi penalizzati dal sistema pubblico assistenziale che parifica tutto e livella (verso il basso) ogni situazione.

In effetti hai ragione, gli studenti di filosofia (presi da te ad esempio) non sono appetibili dal mercato del lavoro e pertanto è molto difficile che qualche gruppo privato sia interessato a sponsorizzare quel tipo di corso.
Il punto, sencondo me, è avere una direzione e mantenersi coerenti con essa: io interpreto l'università in chiave utilistica per la società e per il mercato del lavoro e quindi trovo corretto che questa istituzione concentri - con il supporto dei capitali privati - le proprie forze sulle facoltà massimamente utili all'economia reale. Guarda caso, queste facoltà specialistiche, sono anche quelle che necessitano più di investimenti in laboratori, ricerca, stumentazioni, ecc...

Che lo studio sia un diritto di tutti non lo metto in discussione ma non è un dovere della società mantenere facoltà che producono giovani teste piene di nozioni poco spendibili nel mercato del lavoro. Quindi l'attuale black-out che esiste tra università ed economia del paese lede anzitutto i giovani che continuano a laurearsi in corsi di dubbia spedibilità e le aziende stesse che rimangono monche di specialisti adeguatamente preparati (recuperati poi all'estero).

Guardarsi attorno è giusto, e lo faccio: guardo alla crescita logaritmica dell'università slovena (fortemente connessa con le realtà produttive) ed a quella austriaca, a quelle europee, e quel che vedo è che veniamo superati a causa di un lobbysmo statalista che paralizza sia la ricerca sia la normale attività universitaria. Non voglio con questo difendere a spada tratta il "privato" ma sostengo che, ad oggi, in esso si concentra  l'unica possibilità per mantenere il passo con il mondo che lavora e produce.

Sostengo quindi che, massimizzando, esistano due tipi di università: quella che utilmente produce nuovi occupati specialisti e quella che continua a produrre disoccupati "storici" (in passato assorbiti dall'apparato statale previo pubblico concorso). Per mantenere il secondo tipo penalizziamo il primo e perdiamo competitività con danno globale per tutti. In questo panorama credo quindi che una divisione, o meglio ancora un sistema misto, sia auspicabile.


Beh puoi tranquillamente continuare a rispondere non stiamo certo escludendo gli altri dal dibattito; con l'esempio di filosofia ho un po' estremizzato la situazione, diciamo che in generale potrebbero sparire tutti i corsi umanistici, che alla fine non è vero che non trovano un risvolto lavorativo; ti faccio l'esempio di scienze politiche, sembra incredibile, ma usciti dall'università il 93% (mi pare) degli studenti trova lavoro, le percentuali di facoltà ingegneristiche, architettoniche sono almeno di un 20% più basse! Comunque il tuo discorso può essere giusto se ci si accerta che le tasse per lo studente restino per lo meno quelle di ora, allora dò anche io il via libera ai privati, ma che la cosa sia regolamentata a modo...e non come ora, si dà la possibilità all'università di divenire fondazione privata e che succede succede  :roll:

P.s. Una nota sulla Slovenia, la  Slovenia al momento è uno di quei paesi dove tutti vorrebbero vivere, hanno l'occupazione totale, anche un piccolo operaio ha una forza di contrattazione altissima. Usciran fior di Ingegneri dalle loro università ma non so quanto gli meriti venire a lavorare in Italia  :lol:
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Offline Cristiano

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« Risposta #8 il: 22 Ottobre 2008, 11:16:42 »
Normalmente 3d come questo non sarebbero consentiti, perchè siamo sempre stati molto attenti a non infilare la politica nell'Associazione.
Tuttavia esso è molto interessante ed il dibattito si sviluppa con correttezza e ampiezza di dati e di opinioni.
Quindi, secondo me, va più che bene. Anche perchè Rtp è, più che altro, un gruppo di amici che ama discutere di molte cose. Come lo facciamo a cena attorno a un tavolo possiamo farlo, ogni tanto, anche qui.
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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Ramon

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« Risposta #9 il: 22 Ottobre 2008, 11:33:52 »
Sulla Slovenia mi è facile risponderti perché sono quasi quotidianamente oltreconfine e di laureati sloveni ne conosco molti.

Funziona così (in Italia impensabile).
Tu sei il più povero diplomato del mondo, magari anche straniero, e vieni assunto da una fabbrichetta con il tuo diploma come operaio comune.
Se sul lavoro dimostri capacità ed interesse a studiare l'azienda può decidere di investire su di te e quindi c'è questa possibilità: loro ti pagano privatamente i 5 anni di università nella capitale e tu, in cambio, firmi un contratto che ti lega all'azienda nei 5 anni successivi la laurea.
5 anni di studio/lavoro + 5 anni di lavoro.
Ovviamente i 5 anni in cui studi il tuo orario di lavoro è part-time (rimani in azienda ma non lavori a tempo pieno, anche per consentirti gli spostamenti per seguire i corsi).
Tutta l'università viene pagata dall'azienda e tu, lavorando e studiando con obbligo chiaramente di superare gli esami, ti laurei. Se poi fai il furbo e ti licenzi per venire a lavorare in Italia (stipendio mediamente superiore di un buon 30%) lo Stato interviene a favore dell'azienda e ti costringe ad assumerti i costi sostenuti per farti studiare. Insomma nessuna furbata.
Ecco, banalmente, un esempio di come il privato (al 100%) sostiene lo studio e di come un qualsiasi poveretto - ma volenteroso e meritevole - può studiare senza nessun balzello statale a suo carico (nessun balzello... neppure un 5%... chiaro?). A costo zero, anzi nel frattempo ti pagano uno stipendio seppur decurtato di una percentuale (ovvio, lavori meno ore..)
Sono davvero tanti i giovani sloveni già padri di famiglia che con questo sistema hanno potuto studiare (certamente con sacrificio) pur vivendo e mantenendosi da soli, anzi, addirittura crescendo nel frattempo i propri figli. Insomma è un mondo "normale" dove a trent'anni lavori, studi e metti le basi per un futuro almeno sereno, se non felice.
Contemporaneamente l'azienda si qualifica sempre più  attraverso le maestranze e fiscalmente deduce dagli utili tutte le spese sostenute per formare il suo personale. L'università stessa cresce e si specializza parimenti le necessità delle aziende locali e non.

Ora, Mattia, tanta fredda pragmaticità.. perché è improponibile in Italia? Perché la Danieli Spa, la Marcegaglia, la Fiat stessa non possono in Italia sostituirsi allo Stato per autoprodursi i laureati di cui necessitano?
Perché i sindacati, i docenti, il personale universitario e gli studenti fanno fronte comune contro non UNA ipotesi alternativa ma QUALSIASI ipotesi migliorativa?

Cmq, e concludo, a Udine oltre l'80% degli ingegneri viene assorbito immediatamente dalle industrie. Il 100% di medici e farmacisti trovano lavoro nei primi 12 mesi, ecc....
Continuiamo regionalmente  ad importare diplomati-laureati infermieri dalla Slovenia perché i nostri "giovani" preferiscono studiare "Pubbliche Relazioni".... salvo poi andare in piazza a strillare "saremo dei disoccupati".
Bella scoperta.

Offline novizio

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #10 il: 22 Ottobre 2008, 12:20:59 »
Citazione da: "Ramon"


Funziona così (in Italia impensabile).
Tu sei il più povero diplomato del mondo, magari anche straniero, e vieni assunto da una fabbrichetta con il tuo diploma come operaio comune.
Se sul lavoro dimostri capacità ed interesse a studiare l'azienda può decidere di investire su di te e quindi c'è questa possibilità: loro ti pagano privatamente i 5 anni di università nella capitale e tu, in cambio, firmi un contratto che ti lega all'azienda nei 5 anni successivi la laurea.
5 anni di studio/lavoro + 5 anni di lavoro.
Ovviamente i 5 anni in cui studi il tuo orario di lavoro è part-time (rimani in azienda ma non lavori a tempo pieno, anche per consentirti gli spostamenti per seguire i corsi).
Tutta l'università viene pagata dall'azienda e tu, lavorando e studiando con obbligo chiaramente di superare gli esami, ti laurei. Se poi fai il furbo e ti licenzi per venire a lavorare in Italia (stipendio mediamente superiore di un buon 30%) lo Stato interviene a favore dell'azienda e ti costringe ad assumerti i costi sostenuti per farti studiare. Insomma nessuna furbata.
Ecco, banalmente, un esempio di come il privato (al 100%) sostiene lo studio e di come un qualsiasi poveretto - ma volenteroso e meritevole - può studiare senza nessun balzello statale a suo carico (nessun balzello... neppure un 5%... chiaro?). A costo zero, anzi nel frattempo ti pagano uno stipendio seppur decurtato di una percentuale (ovvio, lavori meno ore..)
Sono davvero tanti i giovani sloveni già padri di famiglia che con questo sistema hanno potuto studiare (certamente con sacrificio) pur vivendo e mantenendosi da soli, anzi, addirittura crescendo nel frattempo i propri figli. Insomma è un mondo "normale" dove a trent'anni lavori, studi e metti le basi per un futuro almeno sereno, se non felice.
Contemporaneamente l'azienda si qualifica sempre più  attraverso le maestranze e fiscalmente deduce dagli utili tutte le spese sostenute per formare il suo personale. L'università stessa cresce e si specializza parimenti le necessità delle aziende locali e non.

Ora, Mattia, tanta fredda pragmaticità.. perché è improponibile in Italia? Perché la Danieli Spa, la Marcegaglia, la Fiat stessa non possono in Italia sostituirsi allo Stato per autoprodursi i laureati di cui necessitano?
Perché i sindacati, i docenti, il personale universitario e gli studenti fanno fronte comune contro non UNA ipotesi alternativa ma QUALSIASI ipotesi migliorativa?
Bella scoperta.


la vera tristezza in tutto questo, è che l'unica risposta possibile ai "perchè" dell'amico ramon, sia che tutto ciò che viene fatto di giusto ed innovativo in altri paesi rimane sempre e comunque pura utopia in Italia.

qua da noi le grandi aziende (mio punto di vista) hanno sempre avuto le ali tarpate dai sindacati, che dicono sempre e comunque no a tutto e a tutti, quindi queste si trovano costrette sempre più spesso, a sviluppare le propie attivita fuori nazione; dove trovano appunto paesi più elastici.

per quanto riguarda la privatizzazione delle universita, questo è un concetto, che potrebbe andare anche bene in linea di massima; peccato che non riesco a crederci.
come è possibile mettere daccordo universita e industria, se fino ad ora sono sempre stati due mondi distanti?

P.S. avevo un pò furia ed ho strinto... riprenderò più tardi

Offline coureur-des-bois

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #11 il: 22 Ottobre 2008, 16:18:28 »
Permettetemi di intervenire in questo dibattito,
Sono nella scuola da sempre, prima come studente anche universitario, poi come insegnante ( non meraviglino nove anni di precariato! ) ed anche come genitore di due studenti di cui uno iscritto all'Università.
La "mia" scuola era quella gentiliana, selettiva e rigorosa.
Quando la racconto ai miei alunni sembra che parli di un mondo marziano.
Al Liceo Classico Plinio il Giovane di Città di Castello, il Preside Pietro Castaldo detto "Cefa" illustre matematico e uomo dell'allora PSIUP ( e quindi di sinistra ben progressista ) ci attendeva in cima allo scalone ( anche l'edilizia scolastica non era così sciatta ) e rimandava inesorabilmente indietro, ritardatari e giovani in maglione a dolce vita e jeans. In classe ragazze in grembiule nero, così come le "signore" professoresse, noi in giacca e cravatta.Una scuola esclusiva ed elitaria? Sì, anche se statale ed accessibile a tutti! Dove i figli di papà, se duri di comprendonio o cialtroni, venivano spietatamente bocciati. Un tipo che trovai all'ultimo anno, quando ero in quarta ginnasio, potè iscriversi all'Università insieme ai miei coetanei facendosi nel frattempo ben cinque maturità. Alla media inferiore si studiavano latino ed analisi logica, poi sostituiti dalle "applicazioni tecniche". Alcune facoltà erano precluse ai non liceali. Poi venne il 1968 col diluvio, autostrade aperte e sfascio totale. Alla facoltà delle Cascine ricordo ancora le straordinarie lezioni di alcuni "baroni": Ing. Generoso Patrone, prof. Alessandro de Philippis, prof.Sergio Orsi, prof. Gino Florenzano (per citare solo alcuni) alle quali, pur non essendo uno sgobbone, partecipavo con entusiasmo. In quegli anni di contestazione, non persi una lezione e le attività didattiche si svolsero sempre regolarmente, segno che dove si voleva studiare lo si poteva fare. Merito forse anche di quella autorevole generazione di docenti, che non sono stati, non dico superati, ma neppure più eguagliati. E oggi? Una Scuola e una Università screditate, diplomifici
per laureati in lettere che andranno a cucire le maglie o a fare i bibliotecari con qualche tessera di partito, scuole medie atte a tenere i figli altrui, badando solo che non si facciano male. Adolescenti che escono dalla scuola elementare senza sapere leggere e scrivere e che poi da più grandi partecipano al concorso in magistratura con produzioni sgrammaticate.
Ma sbrighiamoci a togliere valore legale ai titoli di studio, perchè tanto questi non servono a nulla e non significano nulla.
Un bello sfogo, prima di andarmene ad un consiglio di classe, dove sarò investito da un'orgia di chiacchiere inutili: ovviamente tutte verbalizzate!
Ma poi, a pensarci bene, questo paese ha la scuola che si merita!
Bernardo
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Offline Sw4n

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #12 il: 23 Ottobre 2008, 02:27:47 »
Io sono fortemente scettico riguardo la fattibilità di una "privatizzazione" dell'università in Italia.

Mi spiego meglio.
Se i ragionamenti e i dati forniti da Ramon possono essere veri e utili a comprendere i benefici del contributo privato all'interno di istituzioni universitarie (che in pratica diverrebbero veri e propri istituti no-profit), dall'altro lato bisogna fortemente tenere conto del "parametro Italia" e dell'essenza stessa di ciò di cui stiamo parlando.

Non per essere qualunquisti o disfattisti ma osservando economicamente i risultati delle grandi privatizzazioni degli ultimi 15 anni (e volendo assimilare il futuro dell'università a queste), ovvero Alitalia, Telecom, Autostrade, Ferrovie dello Stato, Poste, ecc e di come queste abbiano prodotto debiti colossali nel momento in cui l'azionista Stato ha smesso di ripianare le perdite e avvantaggiare le posizioni di mercato (per le Poste accadrà tra qualche anno), fatto tipicamente italiano.
Ovvero l'incapacità della classe imprenditoriale Italiana di essere tale, senza dover ricorrere perennemente ad aiuti o vantaggi da parte dello Stato, che finisce spesso per avvantaggiarli a danno dei cittadini.

Ora, intendo dire, riflettendo semplicemente sull'esempio più recente, Alitalia, dove per sostenere una cordata di imprenditori ( e faccio questo esempio perchè è plausibile pensare che buona parte degli imprenditori coinvolti nell'acquisto di Alitalia sarebbero allo stesso modo interessati a investire nell'università ) si caricano le casse dello Stato di una spesa di 3 miliardi di euro, prontamente detratti dai fondi per l'istruzione, si può pensare ad un Governo verosimibilmente interessato ad una riforma concepita nell'interesse generale?

Ovvero: quanto è giusto che si utilizzi l'immensa risorsa del sistema universitario affinchè i vari Fiat o mercegaglia facciano ciò che serve a loro stessi e magari non ciò che serve alla collettività?
Quanto è giusto che decidano loro cosa un giovane deve studiare?
Perchè il problema, e lo si vede nel mercato del lavoro, è che si preferisce tagliare piuttosto che investire.
O peggio tagliare LADDOVE si DEVE investire.
Ovvero nella ricerca, nel progresso, unico ambito in grado di dare competitività al sistema economico occidentale.

E qui apro una piccola parentesi, per sottolineare il fatto che gli investimenti per la ricerca non sono scindibili dal discorso generale della spesa pubblica, ricordando che con un deficit del 104% del PIL si permane all'8° posto al mondo in spese militari (per uno stato che costituzionalmente RIPUDIA LA GUERRA, spesa che nessuna finanziaria taglia, MAI) e si è invece penultimi nella classifca OCSE per la spesa sull'università.
Qualcosa evidentemente non torna.

E va bene che le imprese devono trainare il paese, dal punto di vista economico, ma una nazione che si muove secondo le logiche di una azienda è una pura follia, perchè uno Stato non è costituito solo da logiche tipicamente economiche, essendo fatto di persone, famiglie, cittadini e perchè lo Stato non produce solamente "beni economici".

Circoscrivere la conoscenza ad un ambito meramente funzionale è una cosa estremamente pericolosa, perchè c'è il rischio  che il privato finanziatore "orienti" contributi (e insegnamenti) in determinate direzioni, a discapito di altre.

E poi vorrei sottolineare che non è sempre vero che nelle altre nazioni l'intervento privato è così consistente all'interno di associazioni no-profit.
Anzi, paradossalmente questo è molto più vero da noi, dove appunto le spese per la cultura sono ridicole.

Frequento una università privata (e noto le differenze con l'università statale) e posso anche essere vagamente favorevole ad una riforma del sistema con aperture a soggetti privati (in una certa misura), ma sono decisioni da prendere con molta cautela e molta calma, soprattutto dopo una giusta, opportuna e lunga concertazione con chi da questa riforma è direttamente interessato.
Non foss'altro per tutti gli stravolgimenti che il sistema universitario ha subito negli ultimi 10 anni.
Ma perchè non vai dal medico?! E che ci vado a fare... Non voglio mica smettere di bere o di fumare...

Ramon

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #13 il: 23 Ottobre 2008, 09:44:55 »
Mi farebbe piacere ribattere su alcuni punti espressi da Claudio e siccome il suo intervento tocca molti differenti ambiti  mi tocca saltare di palo in frasca.

Gli imprenditori italiani. A mio avviso hanno abbondantemente dimostrato nel corso degli anni di essere tra i più virtuosi a livello europeo e mi sento di  dire lo stesso delle maestranze a tutti i livelli concentrate nelle piccole e medie imprese. Il telaio produttivo che si è saputo costruire, con fatica,  nel Nord Est (ma non solo) è la dimostrazione che fare impresa non è una “mission impossible” come oramai è divenuta consuetudine sentir dire nelle trasmissioni di Santoro (per dirne uno) e nelle piazze. Non solo siamo stati bravi e laboriosi, abbiamo anche avuto la capacità, a differenza di altre realtà economiche, di differenziarci strutturalmente creando un sistema elastico ed eterogeneo. Basti pensare al modello cooperativistico dell’Emilia Romagna che differisce totalmente dal “popolo delle partite IVA” del Veneto; entrambi producono utili con benefici risultati sul territorio.
Se c’è un vero e proprio “problema imprenditoriale” questo riguarda la grande impresa, le megaconcentrazioni storiche di capitali. Ma è inutile nascondere la testa sotto la sabbia… nelle grandi realtà produttive il potere degli amministratori non è paragonabile al potere del piccolo e medio imprenditoriato. Solamente nelle aziende-pachiderma convivono le contraddizioni tipiche del sistema-Italia in cui Banche-Politica-Sindacato si sono di fatto sostituiti nella gestione dell’azienda paralizzando e di fatto inibendo ogni spunto liberalista. Un esempio che sia solo uno? Chi costrinse Fiat ad assorbire il “polmone” Alfa Romeo?

Parlando delle privatizzazioni citate evito di toccare argomenti che non conosco a fondo (o per sentito dire) e mi limito a parlare di Autostrade per l’Italia Spa, unica società con cui ho collaborato, e collaboro, direttamente. Da quando era nelle mani dello Stato effettivamente qualcosa è cambiato: anzitutto i fornitori (materiali e opere) vengono pagati entro i termini contrattuali e non come accadeva prima quando bisognava attendere  avanzi di bilancio oppure qualche tornata elettorale. Questo permette ai privati di lavorare senza ipotecare capannoni ed attrezzature nella speranza che qualche politico si ricordi di pagare quei poveri disgraziati vestiti di arancione sulle strade. Prima cosa. Seconda: competizione. Con la privatizzazione di Autostrade c’è stato un ricambio generazionale delle imprese che partecipano agli appalti. Tutte le grandi aziende del vecchio sistema (appesantite dalle presenze politiche e sindacali) o sono fallite oppure hanno saputo diventare modernamente concorrenziali rigenerandosi. Il risultato è evidente: prima avevamo ditte straniere che venivano a farci la segnaletica stradale oggi siamo noi che andiamo all’estero a costruire strade ex novo per gli altri (Svizzera, Austria, Slovenia, Croazia, ecc…). Terzo: Autostrade per l’Italia Spa produce utili – miracolo! - essendosi alleggerita di tutte le attività “polmone” che non avrebbe saputo gestire bene (Autogrill in primis) e praticando a tutti i livelli l’esternalizzazione dei servizi. Lo Stato con le autostrade ci perdeva soldi, non pagava le opere e gli operatori, non manutentava le strutture; Autostrade per l’Italia Spa ha, di fatto, avuto la capacità di sanificare economicamente il comparto migliorando al contempo la gestione ed il servizio per i cittadini.  Vi basti fare un confronto qualitativo tra i tratti autostradali privatizzati e quelli ancora in mano all’Anas…

Ritornando finalmente alle università e alle privatizzazioni “all’italiana”- si sente dire: “eh si facile, lasciano i debiti allo Stato e vendono la parte sana”. Ma, signori miei, cercando nel vocabolario dei sinonimi e contrari alla voce “imprenditore” non trovo il sinonimo “coglione” oppure “santo”.
E’ evidente che un comparto pubblico debba essere reso appetibile al privato per essere venduto altrimenti ve lo tenete e ci rimanete dentro finché il tetto non vi crolla sulla testa.
Gli amministratori pubblici devono preoccuparsi di arrestare quanto prima l’indebitamento e devono garantire il pagamento a chi presta, privatamente, servizi (beni e opere) allo Stato.
E’ gioco forza stare al passo dei tempi e ridurre l’impegno dello Stato ai minimi termini, dando in mano ai privati le parti che, se gestite imprenditorialmente, possano produrre utili o, almeno, andare a pari.
Non è forse un ragionamento che applichiamo noi stessi alle nostre finanze domestiche?  Non è forse il modus operandi che qualsiasi amministratore attua nei confronti della propria attività commerciale? E’ tutto consequenziale: 1) arrestare il comparto in perdita e impedire il crearsi di nuovi disavanzi di settore 2) vendere quello che può essere venduto 3) con il ricavato gestire il debito accumulato programmando un piano di rientro annuale dell’esposizione stessa.

Troppa economia?
Il rischio però è che con meno ragionamenti di tipo economico si chiuda baracca e burattini perché lo Stato, in alcuni casi limite, non paga neppure più i canoni d’affitto degli immobili privati che utilizza (leggasi alla voce aziende ospedaliere o caserme). Allora, io dico, forse è meglio concedersi il lusso di scegliere tra università e sanità  in qualche modo privatizzate (anche a favore delle nostre industrie) piuttostoché nessuna università e nessuna sanità.

O forse qualcuno pensa che in Italia lo Stato non può fallire? Pensate che il "debito pubblico" sia uno scherzo? Vi pare che gli USA si possano ancora permettere di aiutarci?
Sono già falliti alcuni comuni ed alcune province nel meridione. Al nord ci sono amministrazioni pubbliche inguaiate pesantemente con i cosiddetti “derivati”. Tempo al tempo.
Poi andrete tutti a studiare filosofia e cinematografia nei centri sociali dei disokkupati, Marcegaglia e Benetton assumeranno  giovani polacchi laureati in qualcosa di utile per la nostra economia che parleranno 3 o 4 lingue. L'Italia non è "l'isola che non c'è".
Magari.

Offline Aqualong

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La scuola, cosa sta succedendo...
« Risposta #14 il: 23 Ottobre 2008, 12:44:40 »
Mi sono fatto un'idea da uomo della strada sulla situazione.
Posso capire il ragionamento fatto dopo profondo studio , valutazioni,consultazione di modelli esteri ed esperti economisti,ovvero:
Abolizione di ulteriori enti inutili,provincie che non servono a nulla,non ne vediamo la convenienza perchè sono i binari morti dove parcheggiare i nostri compagni,camerati,fratelli,trombati alle elezioni.
Tutte le spese riguardanti la politica non abbiamo convenienze a ridurle,
i proventi sulle lotterie,gratta gratta,sono insufficenti,che ce fraga se molti si rovinano a giocare.
Riforme su la scuola ne sono state fatte tante,più o meno senza grossi risultati,anzi.
Mo facciamo un po' di cassetta,tutto deve cambiare perche nulla cambi,i precari andranno a fare le guide turistiche.
Non dimantichiamoci ,poi,che c'è da fare il ponte su lo stretto.
Suerte!