Autore Topic: spigolature sulla Nicotiana tabacum  (Letto 46662 volte)

Offline Aqualong

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spigolature sulla Nicotiana tabacum
« il: 25 Novembre 2006, 12:24:22 »
Premetto che non è mia intenzione pubblicizzare il tabacco,ma solamente tirar fuori alcune notizie sul suo uso,la sua storia e altre curiosità.

Per la prima chicca chiedo il parere del presidente,in quanto esperto residente dei luoghi descritti,o perlomeno abitante vicino ad essi.

La Repubblica di Cospaia (1440-1826)

A pochi chilometri da San Sepolcro si trova un borgo i cui abitanti in passato dettero vita ad uno stato indipendente, la Repubblica di Cospaia.
Il nuovo stato nacque per errore di confini nel 1440, quando il Papa Eugenio IV cedette per 14.000 ducati Borgo San Sepolcro alla Repubblica Fiorentina. Le due parti concordarono di far coincidere il confine con un certo fosso... senza accorgersi che i fossi erano due!
Quella striscia di terra larga 500 metri rimase dunque al di fuori della nuova spartizione e quindi terra di nessuno.
I Cospaiesi si proclamarono subito indipendenti e tali rimasero per quattro secoli. Senza leggi scritte, senza capi, senza soldati e senza imposte facevano ottimi affari sia con il Granducato che con la Chiesa, coltivando per primi il tabacco.
A Cospaia fu infatti coltivato il primo tabacco della penisola italiana, allora chiamato "erba tornabuona" dal nome dell'abate Nicolò Tornabuoni della vicina San Sepolcro che ne riportò il seme tornato da una missione in Spagna.
Gli abitanti di Cospaia avrebbero potuto trarre profitto ancora per lungo tempo dalla loro indipendenza, se non avessero ridotto il luogo ad una specie di porto franco per l'esercizio del contrabbando e non avessero così indotto i due paesi confinanti a mettersi finalmente d'accordo per far sparire la minuscola repubblica. Cio' avvenne con un accordo stipulato il 25 Maggio 1826 tra il governo Toscano e quello Pontificio.
Con tale atto Cospaia torno' ad essere aggregata a Citta' di Castello ed ebbe come compenso per la liberta' perduta il privilegio di coltivare mezzo milione di piante di tabacco, coltivazione che in quei tempi si svolgeva sotto il rigido controllo dei governanti.

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« Risposta #1 il: 25 Novembre 2006, 15:54:52 »
Sono credente e ho fede nei miracoli,quindi trattiamo questo episodio con il massimo rispetto,anche in questo luogo che tratta argomenti profani.

Estratto dai Fioretti di S.Gaspare Del Bufalo,testimonianza al processo di beatificazione:

""Il fatto che narriamo è autentico e lo racconta sotto giuramento nei Processi di beatificazione lo stesso interessato Michele De Mattias di Vallecorsa in Ciociaria. E non solo lui, ma lo confermarono anche vari altri testimoni.

Dobbiamo premettere che, anche sotto lo Stato Pontificio, più o meno co­me ora, non poteva essere coltivato tabacco senza l'autorizzazione del Gover­no, essendo considerato il prodotto monopolio di Stato.

Narra dunque il De Mattias: «Nel 1827, mio padre aveva fatto domanda per una piantagione di tabacco e non vedendo arrivare il permesso in tempo uti­le, piantò il granturco. Venne il Can. Del Bufalo e mio padre si lamentò con lui: «Per i poverelli e i non raccomandati, i permessi non arrivano mai». Il Ca­nonico promise i suoi buoni uffici e finalmente il permesso arrivò. Ci sembrò proprio una presa in giro, perché ormai la stagione propizia era passata da un pezzo! Gaspare disse a mio padre di aver fiducia nella Provvidenza e dì pian­tare urgentemente il tabacco. Si recò anche sul campo, dove già sbucavano le pianticelle di granturco e lo benedisse.

Mio padre tentennava. Sì, P. Gaspare era senza dubbio un santo e tutto ciò che diceva s'avverava, ma... dopo tanto lavoro, sradicare le piante di grantur­co per piantare tabacco fuori tempo, gli sembrava cosa poco sensata. Si ri­schiava di non raccogliere né granturco, né tabacco. Lo avrebbero preso tutti per un allocco! Alla fine si decise per il tabacco e a suo tempo, che raccolto e che qualità! Tutti si recavano a guardare con curiosità il campo del miracolo. A Frosinone fu premiato come il migliore di tutto il raccolto e il riconoscimento avvenne senza raccomandazioni e regali sottomano. Devo anche aggiungere che la terra di mio padre non era nemmeno la più adatta, anzi a dire il vero, era inferiore a quella degli altri coltivatori di tabacco».""
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« Risposta #2 il: 25 Novembre 2006, 21:27:41 »
Colombo annotò con cura nel suo diario di bordo,della prima traversata, i doni che gli indigeni gli avevano portato; fra essi una zucca piena d'acqua, un pezzo di terra rossa ed un po’ di hierbas secas,  che a quanto pare doveva essere tenuta in grande considerazione dai nativi. Il 6 Novembre 1492 scrisse di alcuni indios che "tornavano al loro villaggio con un tizzone in mano e certe erbe per profumarsi secondo il loro costume".
 Gli indigeni chiamavano le erbe con il nome di cohibà, cogiba o coviva, e quello strano arnese a forma di Y per bruciarle ed aspirarne il fumo ad una estremità, col nome di  tabacas.

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« Risposta #3 il: 26 Novembre 2006, 12:04:02 »
Se ti ricordi, nelle nostre escursioni biturgensi, avevamo avvistato il cartello commemorativo della suddetta repubblica.

P.s.
grazie per le interessanti spigolature.
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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« Risposta #4 il: 26 Novembre 2006, 12:51:34 »
Oltre che un valente guerriero, un abile capo di governo, un infaticabile imprenditore edile  il Grande Ramses fu anche il primo faraone a viaggiare in aereo. Nel 1976 la sua mummia attraversò in volo il Mediterraneo diretta a Parigi, anche se non per una visita di stato. I regolamenti internazionali richiesero che fosse munito di un passaporto che alla voce professione riportava: re deceduto.Un paio di anni prima, alcuni specialisti si erano resi conto che la sua mummia emanava un odore acido, un indizio che la pelle probabilmente era stata attaccata dai batteri. Gli scienziati notarono anche dei funghi biancastri, il corpo del re si stava rapidamente deteriorando e necessitava di essere sottoposto a cure urgenti. Dovevano essere immediatamente riparati i danni fatti dai ladri e dal tempo. Al suo arrivo in Francia, l’antico sovrano d’Egitto fu accolto con tutti gli onori dovuti ai capi di stato e un équipe composta da ben 102 specialisti, fra cui radiologi, medici legali, istologi, botanici ed esperti di tessuti s’incaricò di esaminarlo e di debellare l’infezione provocata da una micosi che metteva in pericolo la sua immortalità. Quest’ultima operazione fu portata a termine grazie a un’irradiazione di raggi gamma al cobalto 60, sperimentata con successo su mummie meno illustri..Nell’occasione, la mummia fu esaminata dalla testa ai piedi, ma non gli fu torto nemmeno un capello. Vennero utilizzate tecnologie non invasive anche per evitare pericolosi incidenti diplomatici con l’Egitto gelosissimo del suo compianto antenato. I raggi X evidenziarono una ferita da guerra alla spalla, segno che scendeva in battaglia in prima persona, e tracce di una frattura guarita al dito di un piede, incidente riferito anche dai documenti storici. Il tipo di sabbia trovata nelle cavità indicava che il faraone era stato imbalsamato nei pressi di Pi-Ramesse, la capitale settentrionale. Sulla salma era particolarmente abbondante l’olio di camomilla, i suoi capelli divenuti bianchi erano stati tinti con l’hennè ma sembra che il loro colore naturale fosse già un insolito biondo-rossiccio, ereditato forse da progenitori di etnia non egizia, ma forse nordica. Nel naso erano stati introdotti grani di pepe per meglio conservarlo e nell’addome c’erano frammenti di foglie marroncine che i test chimici riconobbero appartenere a tabacco selvatico. Come se non bastasse, i ricercatori trovarono tra le bende anche i gusci di coleotteri che si nutrivano delle stesse e di altre materie vegetali. Queste scoperte sembravano poter dar ragione all’avventuriero norvegese Thor Heyerdhal sul fatto che vi fossero stati contatti tra gli Egizi e i popoli amerindi, dato che il tabacco ufficialmente era stato importato soltanto molti secoli dopo Cristo. Naturalmente certi giornalisti, sempre molto abili a vendere fumo, partirono per la tangente iniziando come al solito a ricostruire i fatti a loro modo. Sostennero in pratica che Ramses II era un incallito fumatore e faceva uso di sostanze allucinogene al pari dei sovrani Inca che usavano la coca e degli antichi peruviani che infilavano sacchetti ricolmi di foglie di tabacco nei sudari dei defunti. Quando la tossicologa ed endocrinologa Svetlana Balabanova dell’Istituto di Medicina di Ulm in Germania sottopose parallelamente i campioni di mummie egizie e peruviane, i primi esiti furono da non credere. Sia i capelli degli egizi che dei peruviani contenevano non solo nicotina, ma anche cocaina e THC. C’era uno scambio di droga fra questi due popoli? L’Oceano Atlantico era stato attraversato prima di Colombo? Le risposte sembravano affermative. Le verifiche confermavano sempre gli stessi risultati e non c’erano errori né contaminazioni. Eppure gli esiti degli esami della Balabanova continuavano a essere considerati privi di attendibilità. Un patologo americano, Larry Cartmell, conducendo analoghe ricerche ottenne in pratica risultati molto simili a quelli della studiosa tedesca, dove si procuravano dunque gli Egizi la nicotina? La risposta era più semplice di quanto potesse sembrare. Il tabacco, in realtà, non è l’unica fonte di nicotina al mondo, le analisi chimiche hanno dimostrato che è contenuta nelle foglie di più di 50 altre specie di piante diffuse soprattutto nel continente americano e appartenenti alle Solanacee, ma un ricercatore dell’Università di Monaco ha scoperto che una di essa cresce proprio nell’Africa Meridionale. Era molto probabile che questa specie di tabacco selvatico o una affine ormai estinta potesse crescere un tempo in Egitto e venisse utilizzata dagli imbalsamatori per le sue proprietà antibatteriche,

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« Risposta #5 il: 26 Novembre 2006, 20:00:02 »
Arrivo del tabacco in Italia

Nel 1561 il Cardinale Prospero Pubblicola di Santa Croce (1513-1589), Nunzio Apostolico in Portogallo, al ritorno da una missione diplomatica
presso la Corte di Lisbona, portò i semi di tabacco in dono al Papa Pio IV che li fece coltivare dai monaci Cistercensi nei dintorni di Roma.
La coltivazione della pianta rimase confinata per diversi anni negli orti dei monaci per scopi medicamentosi
La pianta, che nell’uso comune fu chiamata “erba di Santa Croce” o “erba santa”, era la Nicotiana rustica. Il botanico e medico senese Pietro Andrea Mattioli, nell’opera “Commentarii in sex libros” (Venezia, 1568), descrisse la pianta
e la ritenne una nuova varietà di giusquiamo ,conosciuta anche con i
nomi spagnoli di Veleno minore e Jusquiamo minore.
I religiosi contribuirono largamente alla diffusione del tabacco: oltre all’uso medico, come rimedio per molte malattie, gli ecclesiastici iniziarono a far largo uso della polvere da fiuto, da molti di loro ritenuta un rimedio per mantenersi casti.

In Toscana il tabacco era chiamato erba Tornabuona, perchè intorno al 1574, un alto prelato, il Vescovo Nicolò Tornabuoni, Nunzio del Papa Gregorio XIII e ambasciatore di Toscana a Parigi presso la Corte di Francia, portò i semi della nuova pianta allo zio Alfonso Tornabuoni Vescovo di Sansepolcro, che li seminò nel suo giardino per utilizzare le piante a scopo medico. Cosimo I de’ Medici, amico del Vescovo, iniziò poi la coltivazione della pianta nei poderi di Chitignano, in provincia di Arezzo, da dove si produsse una rinomata polvere di tabacco.

A Pisa, in Via Corsica, a fianco della chiesa di San Sisto, esiste una antica tabaccheria che si chiama proprio Herbae Tornabuoni, nome che senz’altro ha incuriosito molta gente.

Nel 1590 la pipa era introdotta a Roma alla Corte pontificia per opera del Cardinale Crescenzio, al quale era stata fatta conoscere da Don Virginio Orsini, di ritorno da un viaggio in Inghilterra. Iniziava così un nuovo modo di utilizzazione del tabacco, quello di fumarlo.

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« Risposta #6 il: 27 Novembre 2006, 14:59:58 »
Persecuzioni storiche

l'uso del tabacco fu anche strenuamente ostacolato. Già nel 1604, in Inghilterra il re Giacomo I Stuart (1566-1625) aveva indetto pubblici dibattiti in cui si mostravano cervelli e polmoni di fumatori deceduti ricoperti di incrostazioni nere dovute appunto al fumo. "Oltre a far male a se stessi - sosteneva il sovrano - i fumatori agitando pipe di tabacco e soffiando il fumo addosso agli altri, infettano l'aria e tutte le persone che li circondano". Per la prima volta veniva introdotto il concetto di fumo passivo.

A sostegno delle proprie convinzioni il sovrano pubblicò uno studio "Counterblast against tobacco" ,
in cui anticipò alcuni degli effetti dannosi del fumo, tra cui il danno polmonare.
L'abitudine al fumo - sosteneva il sovrano - è disgustosa per gli occhi, odiosa per il naso, dannosa per il cervello e pericolosa per i polmoni.
L'invettiva fu molto dura tanto che venne emanato un decreto che imponeva una tassa altissima sull'importazione del tabacco. Ma il sovrano non riuscì a dissuadere i suoi sudditi.
Anche la Chiesa provò ad ostacolare la diffusione del fumo. Urbano VIII, papa dal 1623 al 1644, per richiesta della Chiesa di Siviglia, emanò nel 1642 la bolla "Ad futuram Rei Memoriam" con la quale veniva scomunicato chiunque avesse fumato o fiutato in chiesa. Le disposizioni furono applicate severamente, tanto da arrivare a murare vivi alcuni monaci che avevano fumato prima della funzione religiosa. Pochi anni dopo Innocenzo XI comminava la sospensione a divinis per i sacerdoti che fumavano in sacrestia. In ogni caso il proibizionismo fu un fallimento e si riuscì a limitarlo solo gravando certi consumi di balzelli di tipo economico e monopolizzandone la distribuzione da parte dello Stato.

Da allora si susseguirono altre campagne, anche molto repressive, contro i fumatori. In Cina ad esempio chi era sorpreso a fumare veniva atrocemente torturato e in Iran subiva il taglio di orecchie e naso.

Ma nessuna risultò molto efficace.La più grande campagna anti-fumo venne fatta da Hitler: sotto il regime nazista il fumatore era visto come persona non grata al volere del potere.

Un'altra ondata di proibizionismo del tabacco si e' registrata in tempi relativamente moderni in alcuni stati USA tra il 1900 e il 1925.
Le sigarette vennero in un primo tempo proibite, e successivamente vennero introdotte sul mercato delle sigarette piu' leggere con il risultato di essere apprezzate anche dalle donne, precedentemente abbastanza indifferenti a questa abitudine.
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« Risposta #7 il: 28 Novembre 2006, 15:29:51 »
Continuiamo con le donne, la lavorazione del tabacco ha consentito soprattutto alle tabacchine, così venivano chiamate le lavoranti del tabacco, una larga emancipazione sociale ed una sicurezza economica, ed il miglioramento della qualità della vita. La lavorazione della foglia di tabacco fu affidata alle donne poichè i lavori di manipolazione, che richiedevano molta destrezza, precisione e velocità, erano tipiche del mondo femminile; ma alla base ci sono soprattutto motivazioni economiche perchè la manodopera femminile era meno costosa.

La vita lavorativa di una tabacchina cominciava molto presto, anche a 10 o 12 anni e l'emancipazione culturale che veniva dal poter dialogare sul lavoro non andava di pari passo col riconoscimento economico e del loro status,faccio un esempio nel non lontanissimo 1935 a Tricase durante uno dei primi scioperi delle manufatturiere,le forze dell'ordine decisero di fermarle a colpi di moschetto,risultato cinque ragazze morte e moltissime ferite anche in modo grave.


Continua al prossimo post.
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« Risposta #8 il: 28 Novembre 2006, 16:17:36 »
Riporto un'antica canzone cantata sul lavoro dalle tabacchine del Salento,si può notare l’evoluzione temporale nelle strofe,infatti in essa si parla del duca e poi del duce e della finanza,infatti le colture di tabacco nella zona cominciarono nella metà del 1600,senza interruzioni anche dopo l'unità d'Italia e continuando fino ad i giorni nostri.

Fimmene Fimmene

Fimmene fimmene ca sciati allu tabaccu ne sciati doi e ne turnati quattru.  
Ci bu la tice cu chiantati lu tabaccu la ditta nu bu tae li taraletti.  
Ca poi li sordi bu li benedicu bu 'nde ccattati nuci per Natale.  
Te dicu sepre cu nu chianti lu tabaccu lu sule è forte e te lu sicca tuttu.  
Fimmene fimmene ca sciati alle ulìe cugghitinde le fitte e le cigghiare.  
Fimmene fimmene ca sciati a vindimare e sutta lu ceppune bu la faciti fare.  
E Santu Paulu miu te Galatina fammende ccuntetà sta signurina.  
E Santu Paulu miu te le tarante pizzichi le caruse a mmienzu all'anche.  
E Santu Paulu miu te li scurzuni pizzechi li carusi alli cujuni.

Te l'aggiu ditta ca alla fabbrica non ci hai scire rria poi lu duca e te àusa lu mantìle  
Ci be la dice cu chiantati zagovina poi vene la finanza e be rruvina  
Ci be la dice cu chiantati lu salluccu passa lu duce e be lu tira tuttu

Ci ve la dice cu chiantati lu tabbaccu Passa lu capu e ve lu scappa tuttu
Ca ve li pacu li stanti e li suduri Puru li ‘mpizzaturi de li mani
Fimmine fimmine ca sciati alle ulie Cujtine le nette e le scijate
Fimmine fimmine ca sciati a vinnimiare Sutta lu ceppune putiti rrepusare
Caru patruno meu s’ha fatta notte Nu ne puti’lasare mmenzu ste macchie
Ca ieri sira ne purtasti notte  
Ca stamattina n’imu intise fiacche Beddha beddha te fice la tua mamma
Lu nume te l’ha misu d’a madonna
Lu nume te l’ha misu d’a madonna  l’occhi te mise de santa Lucia


Te l'aggiu ditta ca alla fabbrica non ci hai scire rria poi lu duca e te àusa lu mantìle
Ci be la dice cu chiantati zagovina poi vene la finanza e be rruvina  
Ci be la dice cu chiantati lu salluccu passa lu duce e be lu tira tuttu


La prima strofa ha due significati  quello cioè che le donne tornassero raddoppiate perchè spezzate in due dalla fatica. L’ altra, più terribile, interpretazione è quella relativa alla violenza subita, spesso da parte dei datori di lavoro, fossero essi il padrone o il fattore, da cui il "raddoppio" della lavoratrice,  perchè incinta.
Anche il ritornello allude a quello : Te l'aggiu ditta ca alla fabbrica non ci hai scire rria poi lu duca e te àusa lu mantìle  (ti ho detto di non andare al magazzino/viene il duca e ti alza il grembiule.)  

La zagovina è la Erzegovina, una qualità di tabacco la cui coltura era, evidentemente, proibita. Per quanto riguarda salluccu, forse il termine si riferisce ad un'altra qualità di tabacco coltivata, anche se in misura limitata, nel Salento: l'Aya Soluk.
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Offline saxar

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« Risposta #9 il: 28 Novembre 2006, 18:47:42 »
Splendido lavoro, Aqua. Complimenti e grazie.

Offline PaperoFumoso

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« Risposta #10 il: 29 Novembre 2006, 10:23:57 »
Grazie Aqualong, ho letto il tutto con molto interesse: una vera miniera di informazioni.
Saluti

Offline Aqualong

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« Risposta #11 il: 29 Novembre 2006, 10:52:22 »
Nel caso aveste materiale,spero, che non abbiate timore a postarlo.
 :D  8)
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Offline Aqualong

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« Risposta #12 il: 13 Gennaio 2007, 14:19:56 »
Per celebrare  il sito che riape i battenti.aggiungo un po' di materiale. :D  :D

L'Avana:

In 3 mesi un seme di soli 0,5 mm si trasforma in una pianta di oltre 2 metri di altezza che produce più di 2,3 metri quadrati di tabacco.
45 giorni dopo la semina che si effettua da ottobre a gennaio, i germogli, ormai alti una ventina di centimetri si trapiantano e si differenziano. Alcune andranno fatte crescere chiare, necessarie per le foglie che formeranno la parte esterna del sigaro, vengono coperte con garza e fatte crescere all'ombra. Questo darà colore e gusto al rivestimento esterno del sigaro. Le altre andranno esposte al sole per caricare di sapore la miscela interna. La raccolta va fatta del gennaio a marzo cominciando dalle foglie più basse che maturano prima, una pianta massimo da 20 foglie. Dopo la raccolta ci sarà una fase di essiccazione che dura 50 giorni. Poi seguirà una fermentazione a un calore approssimativamente di 40 gradi distinto in due fasi, la prima di 30 giorni la seconda di 60. Verrà poi riselezionato tutto il prodotto, imballato e immagazzinato nei depositi dove può rimanere anche anni. Quando il materiale, dopo questo lungo iter, arriva nelle fabbriche comincia la fabbricazione dei sigari. Esperti preparano le miscele, abilissimi "torcedor", umidificando le foglie esterne, con infinita pazienza e perizia creano i sigari, arrotolandoli a mano, al massimo un centinaio di pezzi al giorno.

Ve ne sono almeno due specie: il "corojo" e il "criollo".
La prima viene sempre coltivata in serra e produce delle foglie più pregiate esteticamente che  usano per la capa del sigaro, cioè la parte esterna, che deve essere liscia e vellutata.
Questo tabacco chiamato "tapado" ( coltivato al chiuso), viene classificato in quattro "tiempos" ed in quattro sotto-categorie meno pregiate destinate al mercato locale.
Tutte queste categorie sono stabilite in base alle dimensioni delle foglie, ai loro difetti e tipi di venature. Il "tapado" meno pregiato viene usato anche per l'interno o anima.
Dalla pianta del “criollo” si  raccolgono 3 tipi di tabacco, partendo dall’alto verso il basso questi sono:

 il “ligero”: foglie che raccolgono più sole, le ultime che si raccolgono quindi di gusto più forte, danno un gusto deciso al sigaro;
 
 il “seco”: viene utilizzato per la “tripa“, la parte interna del sigaro, che da l’aroma al sigaro stesso;
 
 il “volado”: miscelato al “ligero” serve anche questo per la “tripa” e da al sigaro la capacità di rimanere acceso.

La sapiente fermentazione, stagionatura e miscela di questi 3 tipi di foglie danno personalità al sigaro.

Ogni tipo di foglia viene raccolta in periodi differenti distanziati da circa una settimana per ottenere una giusta maturazione.

La parte posteriore del sigaro si chiama "TESTA", la parte anteriore si chiama "PIEDE". Il sigaro è formato da tre tipi di foglie di tabacco: Foglia primaria (Capa), la foglia che avvolge il sigaro. Foglia mediana che regola la combustione del sigaro (Capote). Le foglie della "Tripa" le foglie che riempiono il sigaro. La Tripa è composta da una miscela di foglie: Volado, la foglia dedita alla combustione. Seco, la foglia che da il sapore al sigaro. Ligero, la foglia che conferisce robustezza e forza alla fumata. Quando si parla di "misure" nei sigari si dice "Vitolas"

Il tabacco da sigaro Avana (sigaro con testa chiusa) e in particolar modo quello coltivato in Centro America è un prodotto naturale e non viene trattato chimicamente durante la lavorazione,come i le sigarette o i tabacchi per pipa. Esso contiene una percentuale di nicotina volume, di gran lunga inferiore ad altri sigari e sigarette.

Frammento di una intervista Fidel Castro:
La marca Cohiba non esisteva a Cuba. Ma, un uomo che lavorava per me come guardia del corpo, fumava dei sigari veramente aromatici e belli ed io gli chiesi di che marca fossero. Egli mi rispose che non erano una marca speciale ma che li fabbricava un suo amico. Gli dissi di trovare quest’uomo. Assaggiai un sigaro e lo trovai talmente buono che entrai in contatto con lui e gli chiesi come lo facesse. Quindi, organizzammo la casa (la fabbrica El Laguito) ed egli rivelò la miscela di tabacco usata, che foglie usava e da quali piantagioni provenivano. Ci disse inoltre quali erano le cape usate e varie altre cose.

La preferenza del "CHE" in fatto di sigari andava alla marca Montecristo,  ma volle la continuazione della produzione delle varie marche di sigari cubane in quanto simbolo del lavoro popolare. Il Leader Maximo invece, desiderava mantenere in vita un’unica e sola marca.

I sigari prodotti parzialmente a mano hanno impresso sul fondo della scatola la scritta "Hecho a Mano " mentre quelli prodotti a macchina hanno la scritta " Hecho in Cuba ".
A Cuba, come nel resto del mondo, tutti i sigari comprati fuori dalla tabaccheria sono sicuramente dei falsi.

Aggiungo una breve notizia evitando i commenti,per non scivolare nella consueta retorica delle campagne antifumo:

Nel 20004 gli Stati Uniti hanno rafforzato l’embargo sull’importazione di sigari e sigarette cubane. La legislazione precedente permetteva agli statunitensi che si recavano a Cuba di portare al ritorno negli USA fino a 100 dollari di beni cubani, incluso i sigari. Ma il nuovo testo sopprime questa disposizione. C'è ora un’embargo generale sull’importazione di sigarette, di sigari, o altroprovenienti da Cuba, è quanto indicato in un comunicato pubblicato  dal Dipartimento del Tesoro.(..)
Violare queste norme può portare ad accuse penali, includendo multe fino ad un milione di dollari per le corporazioni e 250.000 dollari per il singlo, addirittura fino a 10 anni di prigione.
Quella sarebbe la pena per un cittadino nordamericano che passeggiando per Madrid o città del Messico, comprasse in una tabaccheria un sigaro cubano e lo fumasse.

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« Risposta #13 il: 19 Gennaio 2007, 22:23:54 »
Per par conditio affronto un altro mito,un argomento molto conosciuto,ma che a maggior ragione non può mancare qui da noi. :D

Il toscano

Un sigaro toscano è fatto soltanto con:
tabacco, acqua, colla d'amido e tempo    

Nasce nella campagna toscana, in particolare quella della zona d'Arezzo, dalle coltivazioni di Kentucky.

IL  KENTUCKY

E' un tabacco scuro appartenente alla classe dei fire-cured, i tabacchi curati a fuoco diretto, da legni speciali il cui fumo penetra lentamente nelle cellule delle foglie del tabacco, conferendo uno specifico aroma al tabacco curato le cui foglie assumono un colore dal marrone al marrone scuro, fino al nero.
La varietà Kentucky, inizialmente utilizzata come prodotto da mastico e successivamente nelle sigarette "forti", viene coltivata negli Stati Uniti (Kentucky, Virginia, Tennessee) e nel Messico, in molti Stati dell'Africa (Malawi, Tanzania, Kenya, Zaire, Sierra Leone, Mali), in Europa (Polonia, Italia). I tabacchi fire-cured costituiscono circa l'1% dei tabacchi prodotti nel mondo.
In Italia il tabacco Kentucky è una delle varietà americane di più antica introduzione. Venne dapprima importato agli inizi del 1800 dagli Stati Uniti, per il confezionamento del sigaro Toscano, successivamente fu iniziata la sua coltivazione a titolo sperimentale a partire dal 1850. Le ibridazioni con alcune varietà locali e gli adattamenti all'ambiente hanno portato alla costituzione di un tabacco Kentucky molto ben caratterizzato.
all'arrivo in Manifattura, viene selezionato per interno e per fascia, messo all'interno di grandi gabbie e immerso in vasche di acqua demineralizzata. Questa operazione è necessaria per rendere il tabacco di fascia elastico in maniera da evitare rotture nella lavorazione e consentire al tabacco per interno la successiva fermentazione.
Il processo di fermentazione inizia subito e, quando la temperatura arriva a 50/60 gradi, per evitare che possa marcire, il tabacco viene raffreddato e arieggiato. Questa operazione è eseguita circa 3 volte nell'arco dei 14 giorni del primo ciclo di fermentazione. A causa dell'umidità molto elevata, il tabacco è inviato al prosciugamento e successivamente ad una seconda fermentazione per altri 8/10 giorni.Di seguito avviene la scostolatura, ossia l’eliminazione del costolo centrale dalla foglia di tabacco per fascia e separazione del lembo destro da quello sinistro.
Il tabacco per interno dopo il bagnamento viene posto in cassoni, detti "marnoni", dove subisce la fermentazione, che si innesca naturalmente con sviluppo di calore e ammoniaca.
Ciò provoca trasformazioni intime della materia che portano al gusto inconfondibile del Sigaro Toscano (appunto sigaro fermentato).
Il tabacco per ripieno dopo la fermentazione viene prosciugato, spezzettato (fase di battitura) e tagliato a seconda del tipo di sigaro che si vuole ottenere.
Viene quindi lavorato con abilità dalle sigaraie, le quali arrotolano i sigari uno per uno, assottigliando, affusolando i frammenti dentro la fascia verso le due punte opposte, e lasciandoli più grossi verso il centro. Sul banco di lavoro di legno, stendono la colla d'amido di farina di mais dove posizionano la foglia di tabacco e, con un taglio netto e preciso, le danno la forma necessaria. Il tabacco da interno è appoggiato sopra e, con una velocità impressionante, è arrotolato in un sigaro. A questo punto il sigaro viene spuntato ed è pronto.  

Storia,controstoria ed altre cose ancora

Si vuole che il Sigaro Toscano sia nato per caso negli ultimi decenni del Settecento, quando un acquazzone estivo rovesciò tanta pioggia da inzuppare alcune botti di Tabacco Kentucky lasciate all’aperto.
Eravamo a Firenze sotto il dominio illuminato dei Lorena e il tabacco d’importazione veniva manipolato artigianalmente da gruppi familiari.
Sorse il dilemma se il prodotto dovesse ritenersi perso perché intanto aveva fermentato ed era diventato maleodorante (un forte odore di ammoniaca):
- Che cosa dobbiamo fare, lo scaraventiamo in Arno?
- Ma che siete, proprio bischeri? Se lo viene a sapere il granduca Ferdinando, che sparagino com’è leverebbe il sangue dalle rape, mi licenzia in tronco, ci potete scommettere!
- E come possiamo utilizzarlo?
- Mah! A lume di naso io direi di lasciar fermentare ancora tutta questa massa puzzolente di tabacco, poi di far asciugare le foglie piano piano, senza esporle al sole sennò si spappolano, e poi di sceglierle, dividerle al solito per qualità e grandezza, confezionandoci dei sigari come vengono vengono, anche bruttini, da sbolognare a basso prezzo fra la gente del popolo.
L’idea si rivelò buona e quei sigari di quella partita inzuppata, furono venduti negli spacci dei quartieri di periferia, di Oltr’Arno dove intorno a Santo Spirito e al palazzo dei nobili Frescobaldi del vino, della musica e della diplomazia, si arrabattava il popolino degli artigiani.
E contro ogni pronostico andarono letteralmente a ruba: quei sigari “stortignaccoli” avevano un sapore più intenso, più maschio, dei sigari normali preferiti dai signori, erano più simpatici e pareva avessero meno nicotina, una sensazione che poi gli analisti riconobbero esatta.
Nel 1818 la Manifattura granducale li mise in vendita regolare, ed ebbe inizio la fortuna del Sigaro Toscano.

dal libro“Il Sigaro Toscano” - A. Santini

Sigaro e Stampa

Il sigaro è stato un vero e proprio motore per la nascita della stampa in Italia. Nel 1885, a Firenze, comparve in edicola un quotidiano che veniva venduto dai tabaccai per cifra pari e non dare spiccioli: si chiamava IL RESTO AL SIGARO e l’anno successivo fu ribattezzato IL SIGARO. Una testata con lo stesso nome la si ritrova anche in altre città.
A questa usanza si deve anche la nascita del RESTO DEL CARLINO. Il Toscano Superiore costava, dopo un primo aumento, otto centesimi e già, nel 1885, in Emilia aveva soppiantato il tipico sigaro locale, il Moro di Bologna. Ma otto centesimi era un prezzo “scomodo”; se è vero che esistevano monetine da uno e due centesimi, è pur vero che quelle di più frequente e agevole uso erano da cinque e dieci centesimi, quest’ultime dette Carlini.
Perciò i fondatori di un giornale che uscì per la prima volta a Bologna il 21 marzo 1885 e che sarebbe costato due centesimi, pensarono di farlo distribuire dalle tabaccherie ove lo avrebbero dato come resto agli acquirenti de Sigaro Toscano. Da qui un’ulteriore idea, invero piuttosto spiritosa: il nuovo foglio si sarebbe intitolato “Il Resto Del Carlino”. Il quotidiano bolognese continua ad uscire tuttora con la sua storica testata anche se, in armonia coi tempi, il fatidico resto è divenuto ormai del tutto virtuale.
Direttore di quel giornale, è stato anche il poliedrico Giovanni Spadolini, giornalista, docente universitario, senatore e presidente del consiglio, oltre che fumatore di Toscani.

Un grande amico della pipa,il compianto Gianni Brera,aveva anche un'amore speciale per il nostro sigaro:

" Anche il sigaro va conquistato. E' una goduria greve e forte, del tutto priva di frivole moine. La bocca si riveste di una gromma rugginosa sulla quale, sfregato, si accenderebbe anche un fiammifero di legno. Il vantaggio pratico e' dato dal fatto che il fumo della boccata non si manda nei polmoni, resta in bocca: al piu' si espelle dal naso. Se reggi alle fiammate di quell'inferno, puoi chiamarti beato, ma puo' succedere che, a digiuno, ti si accorci lo stomaco, ti vengano gli stranguglioni come agli allocchi inciucchiti per sfregio dalla cicca ficcatagli nel becco".
Gianni Brera

"I sigari sono autentiche sequoia in miniatura. Abbi cura di incendiare la pelletica d'intorno, se non brucia. Il Toscano e' un vulcanetto tascabile, di quelli che eruttano fuoco alla minima scossa. Il magma lavico si sublima in spire da consiglio di guerra aperto a tutti i guerrieri di un popolo, non di una sola tribu'. Le spire azzurre e calde invadono la bocca e aggrediscono le mucose come un fiato demoniaco".
Gianni Brera

Suerte!

Offline epimarco

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spigolature sulla Nicotiana tabacum
« Risposta #14 il: 20 Gennaio 2007, 00:30:15 »
Citazione da: "Aqualong"
Anche il sigaro va conquistato.  ......
Gianni Brera
Citazione da: "Aqualong"


Si può?
Scusate l'intromissione, ma è stato più forte di me irrompere in casa vostra, perchè ho il bisogno irrefrenabile di fare i miei complimenti ad Aqualong

(cito a memoria: "The poor old sad you see it's only me" dei Jethro Tull)

I complimenti, dicevo, per aver riportato le parole del buonanima GioanBreraFuCarlo di cui, il mio avatar lo conferma, sono grandissimo estimatore.

Pater Padus sia con Voi, figli dell'Arno.

Un SenzaBrera