Autore Topic: Autori con la pipa in bocca  (Letto 324438 volte)

Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #60 il: 24 Marzo 2006, 22:55:39 »
GIACOSA

COME LE FOGLIE

NENNELE seduta alla tavola del mezzo sta leggendo. TOMMY, a cavalcioni di una seggiola presso la finestra, fuma una pipa corta di legno all'inglese. GIOVANNI entra dalla comune.

GIOVANNI.

Nennele.

NENNELE.

Papà.

GIOVANNI.

Mi avevi domandato dei danari ieri sera, ti avevo pregato di ricordarmelo stamattina.

TOMMY.

Dovevo anche rinnovare la guardaroba? Bell'affare.
Torna a sedere presso la finestra.
Per lei e per me voglio un lavoro conforme....

MASSIMO.

A che cosa?

TOMMY.

Alle nostre attitudini.

MASSIMO.

Tu l'hai bell'e trovato. Una pipa inglese, del buon tabacco inglese, una seggiola presso la finestra e sei a posto.

NENNELE.

Non ti permetto di parlare così a mio fratello.
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Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #61 il: 24 Marzo 2006, 23:22:40 »
Kipling, Rudyard (1865 - 1936),

Precursore della fantascienza moderna (con le sue storie che trattano di viaggi aerei, nuovi sistemi di comunicazione, guerre future), Kipling ha immaginato - nei suoi racconti fantastici - mondi sconosciuti che proiettano ombre inquietanti sulla nostra esistenza quotidiana. Nelle sue creazioni convivono Scienza e Magia, passato e futuro, sogno e Realtà, determinismo occidentale e fatalismo orientale.
Fumatore accanito,dai suoi racconti non si capisce bene che tabacco usasse,probabilmente un blend di Latakia
in quanto lo chiama,spesso, fumo nero,o nero di quello buono.


Racconti


Si trova tra il Vicolo del Calderaio e il quartiere dei venditori di cannucce da pipa, a non più di un centinaio di metri
in linea d'aria dalla Moschea di Wazir Khan. Non mi faccio scrupolo di fornire questi dettagli, anche perché sfido chiunque,
per quanto creda di conoscere la città, a trovare la Porta. Potreste anche attraversare cento volte il vicolo stesso su cui si
affaccia senza tuttavia riuscire ad orientarvi. Noi eravamo soliti chiamarlo "Il Vicolo del Fumo Nero", ma ovviamente il nome
originario è del tutto diverso. È talmente stretto che un asino imbastato non riuscirebbe a passare; e in un punto, proprio
prima della Porta, la facciata di una casa che sporge obbliga la gente a camminare a sghembo.


Alla fine della terza pipa i draghi iniziavano a muoversi e a lottare tra loro. Ho trascorso parecchie notti a guardarli.
Ero solito regolare il mio fumo su di loro, e ora ci vogliono dodici pipe per farli muovere. E poi sono tutti laceri e sporchi,
come le stuoie, e il vecchio Fung-Ching è morto. Morì un paio d'anni fa e mi lasciò la pipa che uso sempre ora... una pipa
d'argento, con strani animali che strisciano su e giù per il serbatoio sotto il fornello. Prima di questa usavo, credo, un grosso
cannello di bambù con un fornello di rame, molto piccolo, e un bocchino di giada verde. Era un po' più spesso di una canna
da passeggio, e il fumo veniva su dolce, molto dolce. Pareva che il bambù se lo succhiasse, il fumo. L'argento no, e devo
pulirlo di quando in quando, il che è un grosso fastidio; ma ci fumo lo stesso per amore del vecchio.

Il Fumo Nero non è più buono come una volta. Spesso ho trovato della crusca bruciata nella pipa. Il vecchio sarebbe morto
se ai suoi tempi fosse accaduta una cosa simile. Per di più la stanza non viene mai pulita, e tutte le stuoie sono lacere e
sfilacciate. La bara se n'è andata... è ritornata in Cina con dentro il vecchio e due once di fumo, in caso ne avesse bisogno durante il viaggio.

Uno di questi giorni spero di morire alla Porta. Il persiano e quello di Madras sono diventati molto deboli: hanno un
ragazzo che accende loro le pipe. Io continuo a farlo da solo. Molto probabilmente li porteranno via prima di me. Non credo,
però, di poter sopravvivere alla Memsahib o a Tsin-ling. Le donne durano di più degli uomini col Fumo Nero, e Tsin-ling ha
molto sangue del vecchio nelle vene, anche se fuma roba scadente. La donna del bazar seppe che stava per morire due
giorni prima che venisse il momento; e morì su una stuoia pulita con il guanciale ben imbottito, e il vecchio appese la sua
pipa proprio sopra il Joss. Credo che le abbia sempre voluto bene.

Mi piacerebbe morire come la donna del bazar - su una stuoia fresca, pulita, con una pipa di roba buona tra le
labbra. Quando sentirò giungere il momento, chiederò a Tsin-ling queste cose, e lui poi potrà riscuotere le mie sessanta rupie
mensili, fresche fresche, fin quando vorrà. Allora mi coricherò, comodo e tranquillo, a osservare i draghi neri e rossi
combattere la loro ultima, grande battaglia; e poi...




Quella sera Gisborne sedette in veranda sotto le stelle, a fumare e riflettere. Una voluta di fumo si levò dalla caldaia
della pipa e, mentre si dissolveva, egli si accorse della presenza di Mowgli, seduto con le braccia conserte al limite della
veranda. Un fantasma non sarebbe potuto apparire più silenziosamente. Gisborne trasalì e lasciò cadere la pipa.
"Non c'è nessuno con cui parlare, là fuori nel rukh", disse Mowgli; "così sono venuto qui". Raccolse la pipa e la
restituì a Gisborne.

Poi il tabacco della pipa un po'
sporca iniziò a ronzare, e lui la gettò via. Ora, a parte il respiro notturno del rukh, tutto taceva.

"Son tutte sciocchezze", brontolò Hobden, ma si caricò la pipa.
"La gente del Marsh lo chiama l'Esodo di Dymchurch", proseguì Tom lentamente. "Ne hai sentito parlare?"
"La mia donna me ne ha parlato centinaia di volte. Non so se finii per crederci anch'io... qualche volta".
Così dicendo Hobden attraversò la stanza e andò ad accendere la pipa alla fiamma gialla della lanterna. Tom
appoggiò il grosso gomito al grosso ginocchio, seduto sul mucchio di carbone.




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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #62 il: 24 Marzo 2006, 23:44:06 »
savio, savio Giacosa
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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« Risposta #63 il: 26 Marzo 2006, 22:30:07 »
Conrad Joseph(1857-1924)

Il suo tema fondamentale è la solitudine dell'individuo, in balia dei ciechi colpi del caso di cui il mare è spesso eletto a simbolo. L'eroe solitario di Conrad è quasi sempre un fuggiasco o un reietto, segnato dalla sventura o dal rimorso, stretto parente dell'angelo caduto caro ai romantici, conquista la sua identità affrontando con stoicismo le prove che il destino gli ha riservato. La pipa è sempre una compagna,un unico momento di di pace


La Linea D'Ombra

Il signor Burns, che restava ancora a letto con quell'aria di segreta determinazione, aveva sempre da lamentarsi di qualcosa. I nostri colloqui erano affari di cinque minuti, ma piuttosto frequenti. Mi tuffavo continuamente sotto coperta alla ricerca di fuoco, anche se non consumavo molto tabacco in quel periodo, ma la pipa mi si spegneva sempre perché, in verità, non avevo la mente abbastanza tranquilla nemmeno per concedermi una fumata decente. Eppure, durante quasi tutte le ventiquattr'ore, avrei potuto accendere i fiammiferi sul ponte e tenerli accesi finché la fiamma non mi avesse bruciato le dita. Invece correvo sempre giù. Era un cambiamento. Era l'unico diversivo in quella tensione incessante; e, naturalmente, attraverso la porta aperta, il signor Burns ogni volta mi vedeva andare e venire.

Lord Jim

E peggio che veder affondare una nave. Potrei guardare le navi che affondano e fumare la pipa tutto il giorno. Perché non mi restituiscono la pipa? Farei una fumatina guardando questi rospi.


«Diede enfasi all'ultima parola abbassando improvvisamente la voce, e lentamente distolse gli occhi dal mio sguardo. Cominciò a caricare in silenzio e con grande concentrazione una pipa dalla lunga canna, quindi, tenendo fermo il pollice sull'apertura, rialzò gli occhi su di me con aria significativa.
   «"Sì, amico mio. Quel giorno avevo realizzato tutti i miei desideri; avevo dato una grande delusione al mio principale nemico; ero giovane e forte; avevo amici; avevo l'amore (che pronunciò come "amoore") di una donna e della mia bambina, e tutto ciò mi riempiva il cuore - e persino ciò che una volta avevo sognato la notte ora era fra le mie mani!".
   «Accese un fiammifero, che emise un vivo bagliore. La sua faccia placida e pensosa si contrasse in una smorfia.
   «"Amici, moglie, figli", disse lentamente fissando la fiammella - "pfuu!".

   «Mi ascoltò con attenzione fino alla fine, seduto con le gambe accavallate. A volte la sua testa spariva completamente in un grande sbuffo di fumo e da quella nuvola usciva un grugnito di simpatia. Quando finii, raddrizzò le gambe, depose la pipa e con aria di grande serietà si piegò verso di me, con i gomiti appoggiati sui braccioli della sedia e le punte delle dita riunite insieme

Ci giungevano anche le voci, meravigliose nella loro chiarezza distinta e immateriale. Jim sedette sul tronco di un albero abbattuto, e tirata fuori la pipa cominciò a fumare. Si vedevano erba e cespugli nuovi che stavano spuntando, mentre sotto una massa di rovi si scorgevano tracce di scavi. "È cominciato tutto da qui", disse dopo una lunga e silenziosa riflessione. Sull'altra collina, separata da duecento metri di tenebroso precipizio, vidi la linea di un alto steccato annerito e qua e là abbattuto - i resti dell'imprendibile campo di Sherif Ali.
   «E tuttavia erano riusciti ad espugnarlo. L'idea era stata sua. Aveva fatto montare tutta la vecchia artiglieria di Doramin sulla cima di quella collina; due arrugginiti cannoni di ferro da sette libbre, e parecchi cannoncini di ottone - di quelli che ora sono trasformati in moneta, che però, benché rappresentino ricchezza, sono anche in grado, se caricate scrupolosamente fino alla bocca, di mandare solidi proiettili a una certa distanza. Il problema era come farli arrivare fin lassù. Mi mostrò dove aveva assicurato i cavi, mi spiegò come aveva preparato un improvvisato argano con un tronco vuoto infilato in un palo appuntito, mi indicò col fornello della pipa la linea dello scavo.

Cuore Di Tenebra

Io fumavo tranquillamente la pipa vicino al mio battello in disarmo, e li vedevo da lontano far le capriole fra i bagliori, con le braccia in aria, quando, a rotta di collo, arrivò al fiume l'uomo robusto dai baffi neri, con un secchio di latta in mano. Dopo avermi assicurato che "tutti si comportavano magnificamente, magnificamente", attinse un paio di litri d'acqua e ripartì correndo. Notai che nel fondo del secchio c'era un buco.

Assurdo, dice? Va bene, assurdo. Signore Iddio! Un uomo non deve mai... Basta, datemi del tabacco.»
   Ci fu una pausa di profonda quiete, poi, alla luce di un fiammifero, apparve il magro volto di Marlow, consunto, svuotato, le pieghe cascanti, le palpebre abbassate, l'aria attenta e concentrata; e mentre dava vigorose tirate alla sua pipa, nello sfavillio regolare di quella piccola fiamma, sembrava emergere dalla notte per poi sprofondarvi. Il fiammifero si spense.

Agitò il braccio e in un batter d'occhio si trovò sprofondato nell'abisso dello scoraggiamento. D'un balzo però ne riemerse, si impossessò delle mie mani e senza smettere di stringerle, farfugliò: "Fratello marinaio... che onore... piacere... gioia... mi presento... russo... figlio di un arciprete... patriarcato di Tambov... Cosa! Del tabacco? Del tabacco inglese? L'eccellente tabacco inglese! Ah, questo sì che è da fratello. Se fumo? E qual è il marinaio che non fuma?"
   «La pipa lo sedò, e poco a poco colsi che era scappato da scuola, si era imbarcato su una nave russa, era scappato di nuovo, aveva servito per un po' su delle navi inglesi e poi si era riconciliato con l'arciprete. Attribuiva grande importanza a questo fatto

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« Risposta #64 il: 29 Marzo 2006, 23:42:34 »
Alexander Puskin1799-1837
Nei suoi scritti mise a fuoco lo "spirito russo"fu ucciso in duello da uno dei tanti amanti  della moglie ,aveva un carattere scorbutico e la pipa gli si spengeva sempre.


LA FIGLIA DEL CAPITANO


Annoiatomi di guardare dalla finestra nel sudicio vicolo, me n'andai vagando per tutte le stanze. Entrato nella sala del biliardo, vidi un signore alto, sui trentacinque anni, dai lunghi baffi neri, in veste da camera, con la stecca in mano e la pipa tra i denti. Giocava col pallaio, il quale a ogni vincita beveva un bicchierino di vodka, e a ogni perdita doveva ficcarsi carponi sotto il biliardo. Presi a guardare il loro giuoco. Più a lungo durava, più le gite carponi si facevano frequenti, finché in ultimo il pallaio restò sotto il biliardo.


Tutte le opinioni si mostrarono contrarie alla mia. Tutti i funzionari parlavano di poca sicurezza delle truppe, d'incertezza di riuscita, di prudenza e simili cose. Tutti opinavano che fosse più savio restare sotto la protezione dei cannoni, dietro un solido muro di pietra, che non in campo aperto tentare la sorte delle armi. Infine il generale, sentiti tutti i pareri, scosse la cenere dalla pipa, e pronunciò il seguente discorso:
- Signori miei! debbo dichiararvi che per parte mia concordo pienamente con l'opinione del signor alfiere: perché tale opinione è fondata su tutte le norme di una sana tattica, che quasi sempre preferisce le mosse offensive a quelle difensive.
Qui egli si fermò e prese a riempire la sua pipa. Il mio amor proprio trionfava. Guardai orgogliosamente i funzionari, che bisbigliavano tra loro con aria di malcontento e d'inquietudine.
- Ma, signori miei, - egli continuò, emettendo, insieme con un profondo sospiro, uno spesso getto di fumo di tabacco, - io non oso prendere su di me una così grande responsabilità, quando si tratta della sicurezza delle province a me affidate da sua maestà imperiale, la mia graziosissima sovrana. E così, son d'accordo con la maggioranza dei pareri, la quale ha deciso esser più di tutto saggio e meno rischioso aspettare l'assedio dentro la città, e respingere l'assalto del nemico con la forza dell'artiglieria e (ove riesca possibile) con sortite.
I funzionari a loro volta con aria canzonatoria guardarono me. Il consiglio si sciolse. Non potei non rimpiangere la debolezza del venerando guerriero che, a dispetto della propria convinzione, si era deciso a seguire le opinioni di uomini ignoranti e inesperti.


Il generale andava avanti e indietro per la stanza fumando la sua pipa di schiuma. Vedendomi, si fermò. Probabilmente il mio aspetto lo colpì: si informò premurosamente sulla ragione della mia frettolosa venuta.

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« Risposta #65 il: 30 Marzo 2006, 00:26:39 »
Ancora frammenti:

Agatha Christie

Non c’è Più Scampo

«Ditemi, dottor Reilly, qual è, sinceramente, la vostra esatta opinione sulla signora Leidner?»
Il dottor Reilly si appoggiò alla spalliera della poltrona e trasse una lunga boccata di fumo dalla sua pipa.
«Sinceramente. Era intelligente, simpatica... diciamo pure piena di fascino. Non aveva alcun vizio antipatico, non era pigra e neppure vana, in fondo. L'ho sempre giudicata invece (non ne ho prove!) una perfetta mentitrice.
Lui girò il capo e mi vide. Si tolse la pipa di bocca, e disse:
«Oh, signorina! Siete tornata da Hassanié?»
«Sì, signor Carey. Ancora al lavoro? Gli altri si son coricati presto, a quanto pare.»



Victor Hugo


I Miserabili

Fumava in una gran pipa, indossava un camiciotto e, sotto, un vecchio abito nero; aveva qualche pretesa letteraria e materialistica, e v'erano nomi ch'egli pronunciava spesso, in appoggio delle cose che andava dicendo, come Voltaire, Raynal, Parny e, bizzarra cosa, sant'Agostino; oltre a ciò, affermava d'avere un «sistema».

Quell'esserino è giocondo. Non mangia tutti i giorni e va a teatro, se gli garba, ogni sera. Non ha la camicia indosso, non ha scarpe ai piedi né un tetto sul capo, è come le mosche del cielo, che non hanno nulla di tutto ciò. Ha da sette a tredici anni, vive in gruppi, va a zonzo, dimora all'aria aperta, porta un vecchio paio di calzoni di papà, che gli scendono sotto i talloni, un vecchio cappello di qualche altro papà, che gli ricopre le orecchie, una sola bretella di stoffa gialla, corre, spia, cerca, perde il tempo, fuma la pipa come un turco, bestemmia come un dannato, frequenta la taverna, è amico dei ladri, dà del tu alle sgualdrine, parla in gergo, canta canzoni oscene e non ha nulla di cattivo nel cuore. Gli è ch'egli ha nell'anima una perla, l'innocenza, e le perle non si sciolgono nel fango. Finché l'uomo è fanciullo, Dio vuole che sia innocente.

Fumava la pipa. Non v'era più pane nello stambugio, ma v'era ancora tabacco. Stava scrivendo, probabilmente, una lettera come quelle che Mario aveva letto.

Jondrette aveva lasciato spegner la pipa, grave segno di preoccupazione, ed era tornato a sedersi. La candela faceva risaltare i lineamenti selvaggi e fini del suo volto; aveva un aggrottar di ciglia e un brusco allargar della mano, come rispondesse agli ultimi consigli d'un sinistro monologo interiore. In una di quelle oscure risposte che dava a se stesso, aperse con vivacità il cassetto della tavola e ne trasse un lungo coltello da cucina, provandone il filo sull'unghia. Ciò fatto rimise il coltello nel cassetto, che richiuse con impeto.
Mario, da parte sua, afferrò la pistola del suo taschino destro e, toltala di là, l'armò. Il grilletto, nell'armarsi, emise un lieve suono limpido e secco.


Jack London

IlVagabondo delle Stelle

Ma la forza delle onde rendeva impossibile l'attracco; e dopo parecchi tentativi, i marinai che la governavano mi fecero segno che dovevano ritornare a bordo.
Potete immaginarvi la mia disperazione! Afferrai il mio remo (che avevo deciso di offrire al Museo di Filadelfia, se mi fossi salvato) e mi buttai in acqua. La mia buona stella e la mia abilità, con la protezione di Dio, fecero sì che riuscissi a raggiungere l'imbarcazione.
Dopo mezz'ora ero a bordo, di nuovo tra i miei simili...
Il mio primo impulso fu di lasciarmi andare a una delle mie più irresistibili passioni. Immediatamente, al secondo ufficiale, domandai un pezzo di tabacco da masticare, di quel tabacco che sognavo da otto anni. Mi porse la sua pipa, carica di ottimo tabacco di Virginia.
Cominciai a fumare. Ma dopo cinque minuti soltanto, la testa cominciò a girarmi, e mi sentii svenire. Non c'era da stupirsene.
Il mio organismo si era totalmente purificato del fatale veleno, il quale ora agiva in me come fa di solito con un ragazzo alla prima fumata.


Hoffman


Racconti

Io e le mie sorelle, eccettuato il tempo di pranzo, vedevamo molto poco nostro padre durante il giorno. Egli doveva essere molto occupato con il suo impiego. Dopo la cena, che secondo l'uso antico era alle sette, andavamo tutti con la mamma nella stanza di lavoro del babbo e ci sedevamo intorno a una tavola rotonda. Il babbo fumava e poi si beveva un grosso bicchiere di birra. Spesso ci raccontava storie meravigliose e si accalorava tanto, che nel raccontare gli cadeva giù la pipa e io dovevo sempre riattaccarvi il fuoco con della carta accesa, ciò che per me costituiva ogni volta un divertimento di prim'ordine. Ma spesso ci dava anche in mano libri illustrati e se ne stava muto e rigido nella sua poltrona, soffiando intorno a sé nuvole di fumo così dense, che noi sembravamo nuotare nella nebbia. La mamma era molto triste in sere così e l'orologio batteva appena le nove, che ci diceva: "Via, bambini, a letto, a letto!

"Su, ormai ci conviene rinunciare al sonno: fumiamoci una buona pipa, che si porterà via queste due orette che ci rimangono di notte e di buio!".
Così dicendo prese dall'armadio una pipa d'argilla, la caricò, canticchiando una canzonetta, con lentezza metodica: poi andò cercando tra le molte carte, finché trovò un foglietto, che arrotolò e con quello accese. Soffiando via davanti a sé le dense nuvole di fumo, disse tra i denti:

Indossò la veste da camera, accese la pipa, si sistemò nella sua poltrona e si mise a parlarmi della caccia del giorno precedente deridendo la mia goffaggine e i miei colpi mancati.
Senti me, cugino, - disse il vecchio, mentre andava vuotando la pipa contro il camino, - è proprio una bella cosa che non ti sia successa nessuna disgrazia con il lupo prima e poi con il fucile carico!".
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« Risposta #66 il: 01 Aprile 2006, 00:31:17 »
Michael Swanwick
Per chi ama il genere ,fantastico,fantasy,fantascienza,questo è         un libro da leggere assolutamente ,anche se può sembrare strano il brano che segue

Domani Il Mondo Cambierà

Vincitore del premio Nebula 1991 assegnato dall'Associazione degli Scrittori Americani di Fantascienza (SFWA), Domani il mondo cambierà è un romanzo affascinante e ricco d'azione, ma che si presta a molte letture.



Tre uomini sedevano attorno al fuoco.
La notte era fredda. Il burocra­te fumava hashish nero tagliato con anfetamina affinché l'effetto non risultasse troppo soporifero. Gregorian gli teneva la pipa fra le labbra, esortandolo a inspirare profondamente e a tenere il fumo nei polmoni più a lungo possibile. Il fumo fece ronzare il cervello del burocrate. I suoi piedi erano in­credibilmente distanti, ad almeno un giorno di cammino lungo l'au­tostrada delle sue gambe. Pur es­sendo ormai arenato sulla monta­gna, per quanto strano potesse ap­parire, si sentiva incredibilmente calmo e attento, sintonizzato al te­legrafo celestiale in contatto diret­to con l'antica saggezza sepolta al­la base del suo cranio. Perse un at­timo il contatto con la realtà ester­na, tuffandosi nelle profondità delle caverne sottomarine della percezione come una nave pirata in cerca di bottino. Espirò. Oceani di fumo si liberarono nel mondo.
Ormai la neve aveva smesso da parecchio.
Gregorian finì la pipa, svuotò la brace battendo il fornello sul tac­co di uno stivale, quindi pulì lo strumento con cura meticolosa.



Alice Sebold



Amabili Resti


La mente gli si affollò di cose senza senso: il rumore della gomma dura dei pattini sul marciapiede, l'odore di tabacco della pipa di suo padre, il sorriso di Abigail quando si erano conosciuti, una luce che aveva trafitto il suo cuore confuso... Poi la torcia si spense e tutto divenne buio e uguale.
Fece qualche passo, poi si fermò.
«Lo so che sei lì» disse.




Anne Rice
(La creatrice di Lestat,quello di Intervista col vampiro)
forse lei centra poco con le pipe,ma non sono tanto sicuro.


IL SIGNORE DI RAMPLING GATE


- Come posso dimenticarmene? - disse Richard. - Come potrei? Fu una cosa così bizzarra; non in carattere con nostro padre, per di più. - Si appoggiò all'indietro, succhiando lentamente la pipa. - C'era stato quello strano incidente a Victoria Station, quando aveva visto quel giovanotto.
- Sì, proprio così - dissi, adagiandomi all'indietro nella sedia di velluto e osservando le fiamme che danzavano sulla grata. - Ricordi come era sconvolto?

- Allora è deciso. Scriverò immediatamente alla signora Blessington. Le dirò che stiamo arrivando e che non sappiamo quanto ci fermeremo.
- Oh Richard, sarebbe proprio meraviglioso! - Non potei fare a meno di abbracciarlo, benché ciò lo imbarazzasse e si fosse messo a tirare la pipa esattamente come avrebbe fatto nostro padre.

Mise la mano in tasca per estrarne l'immancabile fiammifero per accendere la pipa, che si era spenta. - In verità, Julie, non so proprio come esaudire l'ultimo desiderio di nostro padre di radere al suolo questa casa.
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« Risposta #67 il: 05 Aprile 2006, 00:39:59 »
Al Sarrantonio
Possiede la capacità di rendere plausibile anche l’assurdo grazie a un sottile senso dell’umorismo che pervade le storie ,fumatore di pipa molto classico,lo si capisce bene dai suoi scritti.

Scheletri

Un vecchio con il costume del villaggio si avvicinò a noi, fumando una pipa. Sasha gli mostrò subito deferenza. «Maestro Yuri,» disse, inchi­nandosi.
Il vecchio agitò la pipa. «Non ce n'è più bisogno,» disse, e rivolse a me la sua attenzione. Improvvisamente, e sorprendendomi, si inchinò.
«Sono io che dovrei inchinarmi,» dissi.

Gli occhi dell'uomo brillavano di interesse. Indossava una giacca spor­tiva di tweed con le toppe sui gomiti, e la sua cravatta era perfettamente annodata. Ha tirato fuori di tasca una pipa e ha cercato di accenderla, ma senza successo.
«Lawrence, continui a dimenticarti che hai finito il tabacco,» gli ha detto sua moglie con dolcezza.
Sul volto di Lawrence è apparsa un'espressione di disappunto. Ha ab­bassato gli occhi sulla via sotto di noi.
«E il negozio di pipe Petersen era a solo pochi isolati di distanza...»
La moglie gli ha battuto affettuosamente la mano sul braccio.

«A questo punto è l'unica scelta logica. Se volete arrivare in Pennsylvania, non vedo quale altro modo ci possa essere.» Si fermò per tirare fuori la pipa di tasca, metterci un pizzico del prezioso tabacco nel sac­chetto di plastica, e accenderla
«Intendete restare qui?» ha chiesto la signora Garr.
Lawrence ha annuito, sbuffando una nuvoletta di fumo.
«Ma perché?»
«Katherine ed io, coscientemente, abbiamo preso una decisione, al­cuni giorni fa. Non siamo giovani, e il nostro amore per la vita non è le­gato a cose giovani. Io sono affascinato da ciò che mi sta succedendo attorno. E voglio studiarlo per quanto posso. Quindi...»
Tirò una boccata dalla pipa.

«Addio,» ha detto Lawrence.
«Addio,» ha detto la signora Garr. «Buona fortuna.»
Le porte si sono chiuse sull'immagine di Lawrence che fumava la sua pipa e ci seguiva pensierosamente con lo sguardo.

Non era ben vestito, ma aveva molta considerazione per la sua pipa, e il sorriso addolorato sotto il grigio cespuglio arruffato dei capelli me lo fece piacere immediatamente.

Annuì, si infilò la pipa in bocca, e la tolse di nuovo. «Vorrei davvero aver portato una lavagna.»
Si mise a ridere, caricò la pipa e la accese. «Sa cosa volevo più di tut­to quando sono... ritornato? Fumare questa pipa.»
Gli battei una mano sulla schiena. «Bene, continuate pure.»



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« Risposta #68 il: 05 Aprile 2006, 23:47:40 »
S.S. Van Dine 1888 - 1939

Considerato da gli americani un precursore e maestro del giallo,fumatore di pipa,la infilava un po' dappertutto,con scarsi risultati.

Philo Vance e L'Enigma dell'Alfiere

Il personaggio e unico protagonista di tutti i suoi gialli è un investigatore che fuma pipa e sigari,molto "affettato"
ha un amico che è il suo biografo,nulla di nuovo sotto il sole.



Quella mattina ero arrivato prima che Vance si alzasse e, avendo terminato di controllare i conti del primo del mese, ora sedevo fumando oziosamente la mia pipa mentre Vance faceva colazione.

Vorrei che cominciaste, signore, a dirmi tutto ciò che sapete di questa tragedia. In seguito vi farò le domande che riterrò essenziali.
Il professore prese dal tavolo una grossa pipa di schiuma e, caricatala, l'accese e si sistemò più confortevolmente nella sua poltrona.

- Forse. - Il professore trasse alcune pensierose boccate dalla pipa. - D'altra parte, se io vi rispondo, potrei darvi un'impressione errata e fare un grave torto ai rimasti.

- Ah! Non ho ancora affrontato l'equazione. - Arnesson estrasse una vecchia pipa di radica e la caricò amorevolmente.

Arnesson fece una pausa per riaccendere la pipa.

Riuscì finalmente a tirare dalla pipa e affondò nella sedia. - Possiamo ritenerci d'accordo?
- Sarei lieto di raccontarvi tutto ciò che sappiamo, Arnesson - replicò Markham dopo una breve pausa.

- Davvero interessante - disse Vance passando la sua scatola di fiammiferi a Markham, che stava riempiendosi la pipa.

Arnesson si tolse la pipa dalla bocca e sogghignò.
- L'Alfiere X. Dobbiamo trovarlo. È una persona bizzarra, con un perverso senso dei valori.

- Oh, no. Andate pure avanti - disse, cominciando a riempirsi nuova­mente la pipa.

- Bene, lasciatemi pensare... - Il professore estrasse la sua pipa di schiuma e cominciò a riempirla.

Il professor Dillard si tolse lentamente la pipa di bocca e la sua espressione si fece risentita.

Pensavo di essere stato accettato come collaboratore, ma vedo che volete nuovamente tenermi all'oscuro dei fatti. - Sospirò con enfasi ed estrasse la pipa. - Abbandonare il pilota! Io e Bismarck. Gesù!
Vance se ne era rimasto a fumare con aria sognante vicino alla porta, apparentemente incurante delle rimostranze di Arnesson, ma ora entrò nella stanza.

Arnesson ascoltò con molta attenzione. Notai che l'espressione ironica scomparve gradualmente dal suo viso, lasciando il posto a uno sguardo di calcolata serietà. Restò seduto in silenzio per qualche minuto, con la pipa in mano.

Arnesson portò una sedia vicino alla finestra ed estrasse la pipa.
Si accese la pipa. - Come può questo racconto emozionante spiegare la morte di Drukker?
Arnesson tirò dalla pipa, riflettendo.

- Non esattamente una tensione. - Il professore tirò dalla pipa, corrugan­do la fronte. - Sembrava depresso, quasi malinconico.
- Avete pensato che avesse paura di qualcosa?

- Prendete una sedia e accendetevi un sigaro. Voglio parlarvi, ma avrò bisogno di tutto il tempo necessario. È molto difficile... - La sua voce scemò, mentre cominciava a riempirsi la pipa.


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« Risposta #69 il: 11 Aprile 2006, 22:25:01 »
E' curioso come la letteratura di genere gialla e noire pulluli di pipe,anche se la spiegazione è logica,la pipa crea atmosfera.
C'è poi  quell'attimo di suspence ,quando in una narrazione,o dialogo, un personaggio fà una pausa per accendere la pipa,ecco alcuni autori contemporanei e loro variazioni sul tema:

STEPHEN LAWS

Colpa del party

«Sono piacevolmente sorpreso dal tuo preventivo, ragazzo». Fromme fece un tiro dalla pipa, lasciando salire la spirale di fumo. Il fumo aveva la stessa sfumatura pallida dei suoi capelli, e la stessa ondulazione. Nella luce fioca, sembrava che i capelli abbandonassero la testa, disperdendosi nell'aria sot­tile.

«Sì, siamo molto fortunati qui». Fromme smosse le ceneri della pipa con un pigiatore d'avorio, osservando Buss e me. «Chelsea, perché non mostri a Mr. Buss una stanza al piano di sopra? Quella davanti, accanto al bagno, an­drà bene».


BRIAN MOONEY

Anima di lupo

Secondo l'antica usanza, una pipa veniva passata di mano in mano, di boc­ca in bocca, una pipa contenente qualcosa di più che semplice tabacco, qual­cosa che dilatava gli occhi e rendeva leggeri mente e arti.
Quando ciascuno ebbe tirato dalla pipa più volte, essa fu posata al suolo con riverenza dal più rugoso dei tre uomini nudi. Questi si voltò poi verso l'uomo inquieto rivolgendo a lui, il più anziano dei visitatori, la parola.
«Tu dici che il bianco, Nugent, ha offeso le leggi della caccia?».
Jackson si sentì imbarazzato. «Non ho detto così. Quell'uomo non cono­sceva le nostre usanze. Non voleva offendere».

MANLY WADE WELLMAN

Il dramma nero

«Mi darebbe un fiammifero, signor Connatt?», chiese una voce che avevo già sentito. Gli occhi azzurro pallido del mio compagno erano rivolti verso di me, e lui si stava infilando sotto i baffi biondi una pipa dall'aspetto fidato.
«Giudice Pursuivant!», esclamai, con un piacere che non cercai di nascondere. «Lei qui! Sembra una di quelle commedie che si leggo­no sul Grand Hotel.»
«Non è proprio una coincidenza di quel genere», sorrise lui, pren­dendo il fiammifero che avevo trovato. «Vede: sono ancora per­plesso per il paradosso di cui abbiamo parlato l'altra sera; voglio dire l'enigma circa il tempo e il modo della stesura di Ruthven. Si dà il caso che un mio amico abbia una casetta vicino al teatro di Lake Jozgid, e io ho bisogno di un po' di vacanza.» Sbuffò una nuvola di confortevole fumo. «Ho giudiziosamente accettato il suo invito a recarmi là. Lei e io saremo vicini.»
«Buoni vicini, spero», fu la mia calda replica, mentre accendevo una sigaretta con il fiammifero che lui aveva ancora in mano.

«Stiamo insieme fin dai tempi dell'Università.»
Pursuivant si appoggiò al bastone e tirò fuori la sua pipa d'erica ben stagionata.
«Mi conforta sentirglielo dire. Voglio dire, che un tempo il signor Varduk sia andato all'Università. Stavo cominciando a chiedermi se non avesse qualche migliaio di anni.»
Davidson scosse lentamente la testa.
«Senta: perché non ci sediamo sulla riva e non parliamo? Forse posso raccontarvi una storia.»
«Ottimo!», assentì Pursuivant, e si sedette.
Io feci lo stesso, e fissammo ambedue Davidson con aria di attesa. Lui rimase in piedi, con le mani in tasca, finché Pursuivant non ebbe acceso la sua pipa e io la mia sigaretta.

Allora il mio compagno alzò una pesante scarpa da passeggio e batté contro la spessa suola la pipa per farne cadere i residui di tabacco.
«Che impressione le ha fatto quell'allegra storiellina?», mi chiese.
FRANCIS MARION CRAWFORD
Il sangue della vita

Il mio amico accese la pipa e restò seduto a guardare verso un punto sul fianco della collina. Sapevo che lo stava guardando, e mi stavo chiedendo, infatti, quando finalmente si sarebbe deciso a parlare. Io cono­scevo bene quel punto, e mi risultò chiaro che il mio amico s'interessava vivamente a esso.

Holger attizzò la pipa con la punta del coltello, poi schiacciò il tabacco con le dita. Quando la brace attecchì, si alzò in piedi.
«Se non ti dispiace», disse, «vado giù a darci un'occhiata».

Riempii nuovamente la pipa e mi versai un bicchiere di robusto vino del Sud; un minuto dopo, Holger era nuovamente seduto accanto a me.
«Naturalmente, non c'è niente laggiù», commentò. «Ma è ugualmente qualcosa che ti dà i brividi. Sai... mentre tornavo, ero convinto che ci fosse qualcosa dietro di me, al punto che stavo per girarmi a guardare. Ho dovu­to lottare per non farlo».
Ridacchiò, vuotò il fornello della pipa e si versò un po' di vino.

«Una cosa simile non potrebbe accadere in nessun altro luogo», com­mentò Holger, caricando di nuovo la sua eterna pipa.
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« Risposta #70 il: 11 Aprile 2006, 23:52:09 »
Clifford D. Simak (1904-1988)

La vocazione professionale che manifesta fin da giovane è quella per il giornalismo, tanto che a venticinque anni è già redattore di un giornale locale del Michigan. Passione mai esaurita dato che, malgrado i successi letterari e i libri tradotti in tutto il mondo, dal 1949 sino alla pensione lavorerà stabilmente per il "Minneapolis Star".
I paesaggi agresti della fattoria del nonno paterno torneranno frequentemente nelle ambientazioni bucoliche e nei personaggi rurali dei suoi romanzi. Si fece seppellire con la sua collezione di pipe.

City


- Può darsi - convenne, poco convinto, Winslowe.
Estrasse la pipa dalla tasca e si mise a riempirla lentamente, mentre il motore della macchina continuava a emettere scricchiolii d'assestamento. Il sole splendeva nel cielo senza nuvole; la vegetazione che costeggiava la strada era grigia di polvere e mandava un odore acre.
- Ho sentito dire che il tizio che cerca ginseng è tornato - riattaccò il
postino con fare noncurante, ma incapace di nascondere un tono da cospi-ratore. - È stato via tre o quattro giorni.
- Probabilmente è andato a vendere l'erba che ha raccolto.
- Secondo me quello non cerca ginseng, ma qualcos'altro.
- Cosa te lo fa supporre?
- Prima di tutto - spiegò Winslowe - nessuno vuole più ginseng al giorno d'oggi e, del resto, non se ne trova. Una volta sì che era ricercato; credo che i cinesi lo usassero come medicinale. Ma adesso non si commer-cia con la Cina. Ricordo che da bambino ne andavo in cerca, ma anche al-lora non era facile trovarlo. Un po' veniva fuori, comunque.
Si appoggiò allo schienale del sedile, tirando soddisfatto grandi boccate dalla pipa.


Grant trovò il vecchio Dave Baxter appollaiato in cima alla staccionata, intento a lanciare grandi sbuffi di fumo dal­la pipa corta che quasi scompariva tra i baffi folti e cespu­gliosi dell'uomo.
Dave si tolse di bocca la pipa, sputò, e se la infilò di nuovo in bocca. I baffi rinchiusero la pipa in un abbraccio affettuoso, e pericoloso, bruciacchiati com'erano dal calore del fornello.
Il vecchio Dave si tolse la pipa di bocca, e la impugnò per indicare il campo, muovendola lentamente per abbraccia­re l'intera sinfonia di colori e di autunno e di piccole cose felici che scorrevano, crescevano, guizzavano, stormivano in­torno.

Il vecchio scese agilmente dalla staccionata, vuotò il for­nello della pipa, e piegò il capo per guardare la posizione del sole.
La campana suonò di nuovo, e quel suono fu come un boato nella silenziosa immobilità dell'autunno dorato.
«È Ma' che chiama,» disse il vecchio Dave. «È pronto da mangiare.





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« Risposta #71 il: 13 Aprile 2006, 00:44:21 »
Cesare Pavese(1908-1950)
"Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino. Siccome - ripeto - sono ambizioso, volevo girare per tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti: 'Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là'". «Ho imparato a scrivere, non a vivere», «Quando scrivo sono normale, equilibrato, sereno».

Il Carcere

- Adesso fumiamo, - disse Giannino, sedendosi.
Raggi di sole filtravano obliqui, e si riempirono di fumo come seta marezzata. Giannino schiudeva appena le labbra e il fumo azzurro usciva adagio, quasi il fresco dell'aria lo condensasse: sentiva di salice amaro.
- Lo sapete che cos'è da noi la quaglia? - disse Giannino socchiudendo gli occhi. Stefano lo fissò per qualche istante. - Vado anch'io a questa caccia, - rispose impassibile.

Quel giorno nell'acqua c'era una banda di ragazzini: due, specialmente, che si contendevano a spruzzi lo scoglio. Stefano seduto sulla sabbia li guardava svogliato. Strillavano nel loro dialetto, nudi e bruni come frutti di mare; e di là dalla spuma tutto il mare appariva a Stefano un paesaggio vitreo, clamoroso a vuoto, davanti a cui tutti i suoi sensi si ritraevano, come l'ombra sotto le sue ginocchia. Chiuse gli occhi, e gli passò innanzi la nuvoletta della pipa di Giannino. La tensione divenne cosí dolorosa, che Stefano si alzò per andarsene. Un ragazzo gli strillò qualcosa. Senza voltarsi Stefano risalí la spiaggia.

Alta, sul poggio dalla cima bianca, c'era una nuvoletta. La prima nube di settembre. Ne fu lieto come di un incontro. Forse il tempo sarebbe cambiato, forse avrebbe piovuto, e sarebbe stato dolce sedersi davanti all'uscio, guardando l'aria fredda, sentendo il paese attutirsi. In solitudine, o con Giannino dalla buona pipa. O forse nemmeno Giannino. Starsene solo, come dalla finestra del carcere. Qualche volta Elena, ma senza parlare.

Gli aveva lasciato un sentore azzurrognolo di pipa, quasi pigiasse nel bocciuolo per fumarla la sua stessa barbetta. Misto al fresco della notte, quel filo diffuso sapeva d'estate trascorsa, mature, di afe crepuscolari e di sudore. Il tabacco era bruno, come il collo di Concia.

Era piantato sulla piazzetta fra Gaetano e due vecchiotti. Uno dei vecchi fumava la pipa. Gaetano, ascoltandoli, fece cenno a Stefano, che s'era fermato, di accostarsi. Stefano sorrise, e in quel momento la voce del capo brontolava ringhiosa: - Catalano potrà dire che ce n'è di puttane ma come le donne!

Rientrare coi capelli bagnati dal breve cortile era come si rientra in un giorno di pioggia dal passeggio, nella cella vuota. E Stefano tornando a sedersi e accendendo la pipa, sorrise a se stesso, pieno di gratitudine per quel calore e quella pace, e anche per la solitudine che, al brusio della pioggia esterna, lo intorpidiva silenziosa.

- Però, - disse Stefano. - È la prima volta che scelgo una donna al buio.
Gaetano disse: - Noialtri si fa sempre cosí, - e gli strinse la mano con effusione.
Stefano fumava la pipa un mattino all'osteria e vide entrare guardinghi Gaetano e il meccanico. Vedendo il viso asciutto di Beppe, pensò a Giannino che aveva fatto con lui l'ultimo viaggio. Gaetano serio gli toccava la spalla: - Venite ingegnere -. Allora ricordò.
Il sarto, un ometto rosso, li accolse con mille cautele nella bottega. - Sta mangiando, - gli disse. - Ingegnere, riverito. Nessuno vi ha visti? Sta mangiando. Ha passato la notte con Antonino.
La porticina di legno del retro non voleva aprirsi. Stefano disse: - Andiamocene pure. Non vogliamo disturbare, - e spense la pipa.

Passeggiava quindi verso il tramonto sulla strada del poggio, si sedeva su un tronco che guardava una valletta presso la casa cantoniera, e fumava la pipa.


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« Risposta #72 il: 15 Aprile 2006, 22:46:57 »
Letteratura da supermarket e varie pipe di cartapesta:

BRIAN LUMLEY
NECROSCOPE

Vi avrebbe trovato pro­babilmente qualche vecchietto, un pensionato, sopravvissuto alla miniera, intento a masticare tabacco o a tirare boccate dalla sua vecchia pipa - e a sputare, naturalmente.

La cena era finita. Il vecchio (se così si può dire in quanto le rughe del volto più che alla vecchiaia erano dovute ad una vita di fatiche) appoggiò le spalle allo schienale tenendo una pipa d'argilla piena di fragrante tabacco tra le labbra; Dragosani si accese una Rothmans, una della stecca di duecento sigarette che Borowitz aveva comprato per lui a Mosca, in un negozio «speciale» riservato all'élite del partito.

Kinkovsi si alzò, accese la fioca lampadina elettrica che pen­deva da un vecchio e sconnesso lampadario al centro del sof­fitto. Succhiò la pipa e continuò: «Studiosi, sì - professori pro­venienti da Colonia, da Bucarest, da Parigi. Sono tre anni che continuano ad arrivare. Tutti armati di blocchetti per appunti, fotocopie di antiche mappe ammuffite e documenti, macchine fotografiche, album per schizzi, e di ogni genere di armamenta­rio!»

BRIAN STABLEFORD

The Werewolves of London

Pigramente ma scrupolosamente, de Lancy fumava l'ultima pipata della giornata. Non si considerava in servizio di sentinella, perché non era stata presa formalmente nessuna decisione di effettuare turni di guardia, tuttavia non riusciva a sbarazzarsi del presentimento sinistro che l'opprimeva.

Di nuovo portò la mano alla fondina, come se essa si muovesse per volontà propria. L'aveva già ritirata di scatto più di una volta, ma in quel momento la sua disposizione mentale lo indusse ad agire di­versamente: sfoderò la rivoltella e cominciò a giocherellarvi, passan­dola da una mano all'altra. Era carica, ma la sicura era inserita.
Con la pistola in pugno, vuotò la pipa picchiando il fornello con­tro un sasso vicino. Nel buio, non vide la chiazza di cenere che vi la­sciò. Rimise la pipa in tasca e si alzò.
Completato il rituale, non aveva più nessun motivo per rimanere all'aperto.

Accanto al timone aspettava, fumando diligentemente una pipa ricurva, un barcaiolo che assomigliava tanto a Jesse Peat da sembra­re suo parente: come lui, aveva la chioma nera, ricciuta, e la carna­gione scura, però portava un folto paio di mustacchi neri e un orec­chino d'oro.

CLIVE CUSSLER
ALTA MAREA

Soltanto gli ottoni della chiesuola e del venerando telegrafo di macchina scintilla­vano sotto i lumi all'antica, che montavano ancora lampadine da sessanta watt.
Il presidente Cabrillo era in piedi su un'aletta del ponte di comando, con la pipa ben salda fra i denti.

Cabrillo batté la pipa sul parapetto per svuotarla, osservando le ceneri che finivano volteggiando nelle acque del porto, poi guardò soprappensiero l'ex fiore all'occhiello della flotta mer­cantile americana, con i due fumaioli dalla linea ardita illumina­ti come un set cinematografico.

«Ha una brutta ferita alla gamba», disse Pitt, strappandosi la camicia per legarla al di sopra della ferita in modo da arresta­re l'emorragia. «Il resto come va?»
Cabrillo sollevò i resti di una pipa spezzata. «Quei bastardi mi hanno rovinato la migliore pipa d'erica che avevo.»

Da un sostegno pendevano alcune bottiglie contenenti fluidi incolori che gli scorrevano nelle vene attraverso vari tubicini, ma, tenuto conto di quello che aveva subito, aveva un aspetto discreto, seduto sul letto con le spalle appoggiate ai cuscini, intento a leggere i rap­porti sui danni mentre fumava la pipa. Pitt rimase rattristato nel vedere che gli avevano amputato la gamba sotto il ginocchio; il moncherino era appoggiato su un cuscino, ma sulla fasciatura si era formata una macchia rossa.

Dan Simmons -
Il Grande Amante

La pipa che le mostro è la Ptehinčala Huhu Canunpa, la Pipa di Osso di Vitello di Bisonte. Da quindici generazioni appartiene alla mia famiglia della tribù degli Itazipcho della nazione Sioux. Le cose rosse appese qui alla pipa sono penne d'aquila; queste altre sono pelli d'uccello e piccoli scalpi. Ho vi­sto la sua smorfia. Sì, forse sono scalpi di bambini Wasicun, ma penso che siano semplicemente scalpi di Pawnee. I Pawnee hanno sempre avuto la testa piccola, perché hanno sempre avuto poco cervello.
Si dice che il custode delle pipe sacre arrivi sempre all'età di cent'anni, e lei sa che io sono nato prima che questo secolo iniziasse.
Quest'altra è la pipa sacra della mia tribù. Vede il fornello rosso? È fatto con un'argilla che viene da una sola cava, che si trova in un solo luogo al mondo. Dove è stata estratta questa argilla, molti bisonti sono stati spinti nel vuoto dall'alto della rupe che sovrasta la cava. In questa argilla c'è il sangue del bisonte. Ma non è quel sangue a renderla sacra alla mia gente.
L'argilla rossa è la carne dei Sioux. Non lo dico per fare quella che voi de­finite una metafora. L'argilla di questa pipa è la carne dei Sioux.
- La cosa detta dal prete dei Wasicun non è cattiva - disse il mio tunkashila. - Forse la carne del loro dio si è trasformata in pane, come la carne della nostra gente si è trasformata in argilla da pipe. Forse il sangue del loro dio si è trasformato in vino, come il sangue della nostra gente entra in noi attraverso la pipa della tribù e la Ptehinčala Huhu Canunpa.
E quella notte i vecchi assentirono con la testa e sputarono in terra, e io fe­ci come loro.
Così, adesso le mostro queste pipe e le dico che quando tocco il loro for­nello tocco la carne della mia gente, quando fumo la pipa della tribù mescolo il mio sangue a quello di tutti i Sioux venuti prima di me.
E c'è un'altra cosa. Fumerò questa pipa mentre le racconterò la mia storia. È certo che se dovessi dire una menzogna mentre fumo questa pipa, io mori­rei. Ci pensi, durante il mio racconto.

Cor­no Cavo Ritto riempì di kinnikkinnik la pipa e l'accese. Anche adesso Hoka Ushte si sorprese di essere incluso in quel rituale da adulti, e anche adesso pensò che era solo un preludio alla terribile punizione che lo attendeva. La medicina nera e il tabacco forte gli fecero girare la testa. Capì che era troppo stanco e troppo timido per andare in esilio per il resto dei suoi anni. Avrebbe optato per il suicidio.
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« Risposta #73 il: 16 Aprile 2006, 00:07:00 »
DENNIS LEHANE
Di origine irlandese, ha studiato letteratura inglese,
americana e scrittura creativa.
Dopo avere ricevuto prestigiosi premi letterari,
è considerato uno dei nuovi talenti del thriller americano.
La sua definitiva consacrazione è giunta con il romanzo
La morte non dimentica,
che è rimasto a lungo ai vertici delle classifiche americane
e da cui il regista Clint Eastwood ha tratto il film Mystic River.
Dopo il successo di questo film, molti altri titoli di Lehane
sono presi in considerazione per essere trasposti al cinema.
Insegna scrittura creativa avanzata all'Università di Harvard.
Attualmente vive a Boston, fuma la pipa probabilmente la carica
di tabacco.
UN DRINK PRIMA DI UCCIDERE

Abbassò lo sguardo sul silenziatore che premeva sul pomo d'Adamo. «Cosa credi, che sia scemo?» Ti­rò fuori dalla tasca una piccola pipa. «Sto solo cercan­do un po' di carica.» Feci un passo indietro e lui estrasse uno spesso bastoncino dall'altra tasca e lo in­filò nella pipa. La accese e cominciò a succhiare ad occhi chiusi. «Hai portato quel che mi serve?» chiese poi con voce gracchiante. Socchiuse le palpebre e il bianco degli occhi prese a vibrare come un televisore vecchio.
Angie era tornata accanto a me.
Socia esalò il fumo dai polmoni e sorrise. Porse la pipa a Eugene. «Aaah, che cosa avete da guardare, voi due? Piccoli ragazzini bianchi repressi, atterriti dal grande demone nero?» Ridacchiò.
«Non lusingare te stesso, Socia» ribatté Angie. «Non sei un demone. Sei un rettile da giardino. Ehi, non sei neanche un nero.»
«E cosa sarei, ragazzina?»
«Un'aberrazione» rispose Angie tirandogli la siga­retta addosso.
Socia si strinse nelle spalle, spazzolandosi la cene­re dalla giacca.
Eugene stava succhiando la pipa come se fosse un tubo respiratorio per immersioni. La passò nuova­mente a Socia e piegò la testa all'indietro.
Socia si avvicinò e mi batté sulla spalla. «Ehi, ami­co, dammi quello per cui sono venuto. Salvaci en­trambi da quel cane rabbioso.»
«Quel cane rabbioso? Socia, sei stato tu a crearlo. L'hai spogliato di tutto lasciandolo solo con il suo odio da quando aveva dieci anni.»
Eugene strisciò i piedi, guardando Socia.
Socia sbuffò sprezzante e fece un tiro dalla pipa. Il fumo prese a fluttuare morbido dagli angoli della bocca. «Ma che ne vuoi sapere, ragazzino bianco? Eh? Sette anni fa quella puttana mi ha portato via il mio ragazzo, cercando di inculcargli tutte quelle sciocchezze su Gesù e su come comportarsi per compiacere l'uomo bianco. Un piccolo bambino ne­ro del ghetto. Ha fatto emanare un ordine restrittivo contro di me. Di me! Per tenermi lontano da mio fi­glio in modo da riempirgli la testa con tutta quella merda sul Sogno Americano. Merda. Il Sogno Ame­ricano per un negro è come l'inserto centrale di una rivista porno appeso in una cella di prigione. L'uomo nero non è nessuno in questo mondo se non sa can­tare, ballare o lanciare un pallone. Qualunque cosa che faccia divertire i bianchi.» Tirò un'altra boccata.
«Le sole volte in cui vi piace guardare un negro è quando siete fra il pubblico. E Jenna ha cercato di inculcare tutte quelle stronzate da zio Tom nel mio ragazzo, dicendogli che Dio avrebbe pensato a lui. Che si fotta. Ognuno fa quel che deve fare in questo mondo ed è tutto. Non ci sono dei contabili che prendono nota lassù, non importa quel che chiedi nelle preghiere.» Batté con forza la pipa contro la gamba buttando la cenere e la resina, il volto alte­rato.

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« Risposta #74 il: 16 Aprile 2006, 15:05:02 »
Italo Calvino1923-1985
Cesare Pavese  accennò alla sua mobilità stilistica soprannominandolo "scoiattolo della penna".
Calvino, libero da ogni falso modello interno, si presentava per quello che era, un enigma inconscio.Calvino aveva paura di esistere solo nei suoi libri. Contro questa crescente incertezza egli adottava due tattiche opposte: la proliferazione e la molteplicità delle identità.


Ultimo viene il Corvo


Mio fratello terminò con un gran gesto, dopo la frutta: uscì un pacchetto e offrì una sigaretta all’ospite. Se le accesero, senza chiedere permesso a nessuno, e questo fu il momento di solidarietà più piena che si creò in quel pranzo. Io ne ero escluso, perché i miei non mi permettevano di fumare finché ero al liceo. Mio fratello ormai era soddisfatto: s’alzò, tirò due boccate guardandoci dall’alto e zitto com’era venuto si girò e andò via.
Mio padre accese la pipa e la radio per le notizie. Il pastore se ne stava guardando l’apparecchio con le mani aperte sui ginocchi e gli occhi spalancati che s’arrossavano di lacrime.

. É una casa antica, con archi di volte che sembrano ponti, con sui muri simboli massonici messi dai miei vecchi per far scappare i preti. In casa c’è mio fratello, che è sempre in giro per il mondo anche lui ma torna a casa più spesso di me e io tornando ce lo ritrovo sempre. Torna e subito si dà d’attorno finché non scova la sua cacciatora, il suo gilecco di fustagno, i suoi calzoni col fondo di cuoio, e non sceglie la pipa che tira meglio, e fuma.


Intanto giro per le scale e le stanze, con mio fratello dietro che soffia nella pipa, per le scale e le stanze con appesi fucili antichi e nuovi e borracce per la polvere e corni da caccia e teste di camosci.

«Tu, vecchio, lo sai bene», aveva anche pensato, perché di certo il vecchio era un contrabbandiere e conosceva la frontiera come il fornello della sua pipa.



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