Ritrovo Toscano della Pipa
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La pipa nella letteratura
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Gli autori ispirati dalle volute di fumo....
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Topic: Autori con la pipa in bocca (Letto 364513 volte)
Aqualong
Cavaliere di San Dunillo
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Autori con la pipa in bocca
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Risposta #255 il:
05 Marzo 2008, 16:40:30 »
Basta poco per essere felici..
REX ERNEST
La locanda
Mentalmente, encomiò la previdenza dell'albergatore nel servire un'abbondante riserva di birra. Sotto l'influsso piacevole di uno stomaco soddisfatto e di un tepore confortevole, un dolce appagamento si impossessò di lui.
Con tranquillità caricò la pipa, e gettò uno sguardo alla grande stanza. Il ceppo crepitava, ancora rosso e, dopo aver riempito nuovamente il bicchiere, Barlow abbassò la lampada e camminò oltre la grossa panca, tendendo le gambe verso la fiamma. Accese la pipa, e con quel buon tirare, si rilassò con godimento. Ah! Era bello!
Con gli occhi semichiusi che fissavano il centro del fuoco, si lasciò cadere in meditazioni sognanti.
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Aqualong
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Risposta #256 il:
05 Marzo 2008, 22:44:11 »
Atmosfere....
R. A. SALVATORE
Nel 1982 inizia a scrivere,genere fantasy, sviluppando un manoscritto che intitolerà Echoes of the Fourth Magic (inedito in Italia). Pubblicherà poi molte serie di romanzi per l'ambientazione Forgotten Realms, e la sua popolarità crescerà ulteriormente per la saga della Trilogia del demone e per i due libri di Guerre Stellari.
Ha ideato anche molte trame D&D e di famosi giochi per consolle
LE LANDE D'ARGENTO
Ma, più di ogni altra cosa, la taverna del Coltellaccio era una stanza dei sensi, ricca di miriadi di suoni, immagini e odori. Ogni angolo del locale era permeato dall'afrore dell'alcol; dalla birra e dal vino scadente alle bevande più forti e pregiate. Proprio come la nebbia all'esterno, una cortina di fumo di esotici tabacchi da pipa stemperava l'aspra realtà delle immagini ammorbidendola in un'atmosfera simile a quella dei sogni.
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Aqualong
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Risposta #257 il:
05 Marzo 2008, 22:52:23 »
Ancora atmosfere
GIUSEPPE D'AGATA
Partigiano ha raccontato la Resistenza in più opere, fra le quali I ragazzi del coprifuoco. Ha vissuto molti anni a Roma, dove il suo impegno di scrittore si è unito al lavoro di dirigente RAI.
Fra più popolari scrittori italiani, i suoi libri, in alcuni casi, sono diventati film e sceneggiati televisivi di enorme successo (Il medico della mutua, Il segno del comando, L'esercito di Scipione).
Alcuni suoi romanzi sono stati particolarmente valutati dalla critica per il valore di ricerca e di sperimentalità, da Il dottore fino al recente I passi sulla testa, altri si sono rivolti al grande pubblico, come Il ritorno dei templari.
Autore anche di sceneggiature cinematografiche, ha diretto la rivista L'orto e si è occupato a lungo di arte contemporanea, curando rubriche di critica su alcuni quotidiani.
IL SEGNO DEL COMANDO
Famosissimo sceneggiato fantatriller in 5 puntate in Rai nel 1971
Attori: Ugo Pagliai, Carla Gravina, Rossella Falk, Massimo Girotti, Paola Tedesco
Regia: Daniele D'Anza
È uno dei pochi posti, a Roma, dove facciano dei buoni Martini con lo sherry.»
«Se uno non ha ancora mangiato prende un whisky. Se ha già mangiato, prende un whisky lo stesso.»
«Non l'ho mai vista fumare la pipa.»
«Infatti la fumo soltanto in serate come questa: per avere un'aria più britannica.»
«All'estero un inglese senza la pipa rischia di non essere preso sul serio.»
Barbara indossava un abito elegantissimo e molto scollato, che valorizzava in pieno la sua figura perfetta. Porse sorridendo un bicchiere a un'anziana signora, una nobildonna che sedeva al centro di un gruppo di invitati, poi fece cenno di avvicinarsi ad un cameriere che reggeva un vassoio e si allontanò.
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Aqualong
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Risposta #258 il:
05 Marzo 2008, 22:57:54 »
Quando la pipa non smussa gli angoli,si spezza
ROSS MacDONALD
NON FUGGIRE SCERIFFO
Sei un bugiardo incorreggibile. Hai mentito prima che ci sposassimo, a proposito delle tue risorse e delle tue possibilità. Hai persino finto di amarmi.» La voce della donna si spezzò, sdegnosa. «Tutta la tua vita con me è stata una bugia. Non mi hai nemmeno dato una normale fedeltà.»
«Provalo.»
«Non è necessario: lo so. Credi d'avermi ingannato con le tue scuse infantili, quando tornavi nella mia casa con gli abiti in disordine, la bocca sporca di rossetto...»
«Un momento.» Kerrigan le puntò contro la cannuccia della pipa, come una pistola. «Lo sai che cosa hai detto, Kate? La tua casa, l'hai chiamata. Non la nostra: la tua. E poi ti domandi perché mi sento un intruso.»
«Perché lo sei. Sei un intruso. Mio nonno ha costruito questa casa per mia nonna. Poi l'hanno lasciata a mio padre e mio padre l'ha lasciata a me. È mia. Non riuscirai mai a metterci le mani sopra.»
«E chi la vuole?»
Non preoccupartene, ho detto. Dimenticatene.» Le dita dell'uomo si strinsero intorno alla cannuccia di ambra della pipa e la spezzarono. «E dimenticati anche di me. Ne ho abbastanza: della città, di questa casa, di tutto. Me ne vado.» E si diresse verso la porta.
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Aqualong
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Risposta #259 il:
05 Marzo 2008, 23:04:11 »
Ancora lui.. e la pipa non aiuta e non consiglia
FRANCIS DURBRIDGE
COME UN URAGANO
Giunto alla fine del vialetto, Mark guardò attentamente in entrambe le direzioni prima di immettersi nella strada principale. Clay aveva acceso un fiammifero e tirava profonde boccate dalla sua pipa.
«Le dà fastidio?»
«Cosa?»
«Il fumo della pipa.»
«No, assolutamente. Non sapevo che lei fumasse, comunque.»
«Fumo due o tre pipe al giorno, non di più. Ed evito sempre di fumare vicino alle donne. Ho imparato questa lezione da quando una volta ho acceso la pipa in un ristorante e la ragazza che avevo portato a cena mi ha dato il benservito.» Clay ridacchiò al ricordo e abbassò il finestrino. «Era anche una bella ragazza, tra l'altro.»
Clay continuò a fumare la pipa. I due rimasero in silenzio fin quando Mark non ebbe raggiunto le prime case di Alunbury.
«Può lasciarmi all'angolo della Station Road, signora Paxton.»
Non aveva fretta. Voleva riflettere e ci riusciva meglio camminando, specialmente con la pipa in bocca. Station Road era una delle vie più vecchie e, dopo l'inizio del boom edilizio, delle più tranquille di Alunbury. Molti negozi erano stati costretti a chiudere, ma c'erano ancora due o tre botteghe d'antiquariato che Clay andava a visitare quando aveva tempo. Per arrivare alla pasticceria di Kitty Tracy passò davanti a una di queste botteghe.
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Aqualong
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Risposta #260 il:
06 Marzo 2008, 00:34:26 »
Nostalgie...... di un immenso
Hermann Hesse
Del mio tempo a scuola
Il preside Bauer, anni prima, godeva fama di essere stato un pedagogo duro e alieno; un mio parente più vecchio di me era stato alcuni anni prima suo studente ed era stato duramente maltrattato da lui. Ora era un vecchio signore, passava per un originale, per un'insegnante che pretendeva molto dai suoi studenti, ma che sapeva essere anche gentile con loro. Comunque non era certo poca la paura che avevo di lui quando per mano a mia madre, dopo il primo doloroso distacco dalla casa paterna, ero in attesa davanti alla porta dello studio del preside. Credo che mia madre non fosse entusiasta di lui (quando ci venne incontro e ci fece entrare in quella sua stanza), un vecchio uomo ricurvo con i capelli grigi arruffati, con degli occhi un pò sporgenti venati di rosso, con un abito indescrivibile sul verde sbiadito, di foggia antiquata, con gli occhiali appoggiati in basso sulla punta del naso, e nella mano destra una lunga pipa che arrivava quasi a terra con una grande testa in porcellana, da cui faceva uscire ininterrottamente grosse nuvole di fumo, soffiando nella stanza già affumicata. Anche durante le ore di lezione non si separava da quella pipa. Questo strano vecchio con quell'aspetto curvo e trasandato, con l'abito vecchio e consumato, con quello sguardo triste e almanaccato, con le sue pantofole sformate, la sua lunga pipa fumante mi sembrò un vecchio mago alla cui tutela stavo per essere consegnato. Avrebbe potuto essere orribile vicino a questo vecchio grigio, polveroso, fuori dal mondo, ma forse avrebbe potuto anche essere affascinante, entusiasmante, in ogni caso sarebbe stato qualcosa di particolare, un'avventura un'esperienza. Ero pronto e curioso di andargli incontro.
Anche se quella sobria città industriale, la prigionia sotto la sorveglianza della mia severa padrona di casa e l'aspetto esteriore della mia vita a Göpping non mi piacevano in assoluto, tuttavia quel periodo (quasi un anno e mezzo) è stato estremamente fertile e importante per la mia vita. Quel rapporto tra maestro e allievo, di cui avevo avuto sentore a Calw con il professor Schmid, quel rapporto estremamente fecondo e sottile tra una guida spirituale e un ragazzo dotato, si sviluppò pienamente tra me e il preside Bauer. Quel vecchio originale, dall'aspetto pressoché spaventoso, pieno di stranezze e di stramberie, che guardava attraverso le sue piccole lenti verdi spiando malinconico, che riempiva col fumo della sua lunga pipa la nostra aula piccola e sovraffollata, fu per me, per un certo tempo, guida modello e giudice, un venerato semidio. Oltre a lui aveva avevamo altri due insegnanti, ma per me era come se non esistessero; scomparivano come ombre, come se mancassero di una dimensione, dietro l'amata, temuta, venerata figura del vecchio Bauer. E parimenti scompariva la vita a Göpping per me così poco simpatica; scomparivano perfino le amicizie con i compagni di scuola e diventavano prive d'importanza, accanto a questa figura principale. In quel periodo in cui la mia adolescenza era in piena fioritura e in cui già si muovevano le prime percezioni e intuizioni dell'amore tra i sessi, di fatto, per più di un anno, la scuola, l'istituzione solitamente tanto disprezzata o indifferente, fu il punto centrale della mia vita attorno a cui tutto girava, persino i sogni, persino i pensieri nei giorni di vacanza. Io che ero sempre stato uno scolaro sensibile e critico, che rifiutavo fino al sangue ogni forma di sottomissione e di sudditanza, ero prigioniero di questo vecchio misterioso, completamente stregato dal semplice fatto che mi spronava agli sforzi estremi, ai più alti ideali, che non sembrava vedere la mia immaturità, le mie goffaggini, le mie debolezze, che presupponeva in me il massimo e che considerava normale il massimo impegno. Non aveva bisogno di molte parole per esprimere una lode. Quando di un compito di latino o di greco diceva: "Hesse; l'hai fatto molto bene", per giorni e giorni ero felice e contento. E se, senza soffermarsi, senza guardarmi, mi sussurrava: "Non sono contento dite, potresti fare meglio", ne soffrivo e mi sforzavo furiosamente di riconquistare il favore del semidio. Spesso parlava latino con me, aveva tradotto il mio nome in Chattus.
Non so proprio dire quanto l'esperienza di quel particolare rapporto fosse condivisa dai miei compagni. Alcuni privilegiati, miei compagni e rivali più prossimi, erano evidentemente come me in balia del vecchio cacciatore d'anime e in quel tempo sentivano, come me, la solennità della vocazione, si sentivano come iniziati al primo livello di sacralità. Quando cerco di interpretare psicologicamente la mia giovinezza trovo che la cosa migliore e più efficace di quel periodo, nonostante fossi ribelle e fuggissi le bandiere, era la mia disponibilità al rispetto e il fatto che la mia anima progrediva e fioriva per il meglio, se poteva venerare, adorare, mirare alle mete più elevate. Questa fortuna, i cui esordi mio padre aveva capito e coltivato, che era stata sul punto di appassire sotto una schiera di maestri incapaci, mediocri e indifferenti, che era rifiorita un poco sotto l'influenza dell'iracondo professor Schmid, si sviluppò pienamente con il preside Bauer per la prima e ultima volta nella mia vita.
Se il nostro preside non fosse stato capace d'altro che di far innamorare gli scolari più idealisti del greco e del latino e d'instillare in loro la fede in una vocazione spirituale e il senso di responsabilità conseguente, sarebbe già stato qualcosa di grande e degno di riconoscenza. La caratteristica rara di questo insegnante era la sua capacità non solo di individuare i più intellettuali tra i suoi scolari e di dare nutrimento e consistenza al loro idealismo, ma di sapersi adeguare all'età degli scolari, al loro infantilismo, alla loro voglia di giocare. Poiché Bauer non era solo un venerato Socrate, era anche un insegnante abile ed estremamente originale, che capiva di dover rendere piacevole la scuola ai suoi allievi tredicenni. Questo saggio, che sapeva presentarci la sintassi latina e la morfologia greca in modo tanto geniale, aveva sempre delle trovate didattiche che entusiasmavano noi studenti. Bisogna avere idea della severità, della rigidità e della noia dei licei di quel tempo per potersi immaginare l'impressione di freschezza, di originalità e di genialità di questo ~l uomo in mezzo a una casta di secchi funzionari. Già il suo aspetto, la sua apparizione fantastica, che inizialmente suscitava critiche e risa, diventò presto uno strumento di autorità e disciplina. Delle sue peculiarità e dei suoi interessi, che in sé non sembravano adatti a sostenere la sua autorità, fece dei nuovi strumenti pedagogici. Per esempio la lunga pipa, che aveva atterrito mia madre, per noi studenti non fu più un attributo ridicolo o fastidioso, ma una specie di scettro e di simbolo di potere. Chi aveva il permesso di tenergli per qualche attimo la pipa, chi veniva incaricato di svuotarla e di tenerla in ordine, era un invidiato favorito. C'erano altri incarichi onorifici, per i quali noi scolari proponevano solleciti. C'era l'incarico di "sventato" che io ricoprii per qualche tempo con orgoglio. Lo "sventato" doveva spolverare ogni giorno la cattedra del preside con due zampe di lepre che stavano sopra la cattedra. Quando l'incarico mi venne tolto e fu dato a un altro scolaro, fu per me una severa punizione.
Nei giorni invernali, quando sedevamo nella classe molto riscaldata e piena di fumo, se fuori il sole compariva davanti alle finestre coperte di ghiaccio, poteva essere che il nostro preside dicesse all'improvviso: "Ragazzi, qui dentro c'è una puzza da far pietà e fuori c'è il sole. Fate una gara attorno alla casa e prima aprite la finestra!" Oppure nei periodi in cui noi candidati per l'esame di stato eravamo carichi di compiti extra, inaspettatamente ci invitava a salire nel suo appartamento dove, in una stanza speciale, trovavamo sopra un enorme tavolo molte scatole di soldatini di zinco che organizzavamo in eserciti e in file da combattimento, e quando la battaglia cominciava il preside soffiava potenti nuvole di fumo dalla pipa tra i battaglioni.
Le cose belle sono caduche e i bei tempi non durano a lungo. Se penso all'epoca di G ö pping, all'unico breve periodo dei miei anni di scuola in cui sono stato un bravo scolaro, in cui veneravo e amavo il mio maestro e mi impegnavo seriamente, mi vengono sempre in mente le vacanze estive del 1890 che trascorsi a Calw nella casa dei miei genitori. Per le vacanze non eravamo stati caricati di compiti. Al contrario, il preside Bauer ci aveva fatto presentì le "regole di vita" di Isocrate, che erano contenute nella nostra crestomazia greca e ci aveva raccontato che in tempi precedenti alcuni dei suoi migliori allievi le avevano imparate a memoria. Stava a noi seguire o no questo esempio.
Di quelle vacanze mi sono rimaste impresse alcune passeggiate con mio padre. Di quando in quando trascorrevamo il pomeriggio nei boschi sopra Calw; sotto i vecchi abeti c'erano mirtilli e lamponi in quantità, e nelle radure fioriva l'erica e volavano le farfalle estive, atalante e vanesse. C'era un forte profumo di resina e di funghi e a volte ci capitava di vedere dei caprioli. Allora mi aggiravo con mio padre nel bosco e ci fermavamo qui e là sui prati ai margini del bosco. E ogni tanto mi chiedeva a che punto ero con Isocrate, poiché ogni giorno mi sedevo davanti al libro e imparavo quelle "regole" a memoria. E ancora oggi la frase iniziale di Isocrate è l'unico brano di prosa greca che io conosco a memoria. Questa frase di Isocrate e un paio di versi di Omero sono tutto ciò che mi è rimasto della mia conoscenza scolastica della lingua greca. Del resto non riuscii neppure a venire a capo di tutte le "regole". Arrivai a una dozzina di frasi, imparate a memoria e che mi portai dentro per un breve periodo e che potevo ripescare a mio piacere, finché nel corso degli anni si persero e scomparvero come tutto ciò che l'uomo possiede per un momento e di cui crede di essersi impossessato definitivamente.
Oggi non so più una parola di greco e anche il latino si è perso quasi del tutto, l'avrei dimenticato completamente se non vivesse ancor oggi uno dei miei compagni di Göpping e non fosse ancora oggi mio amico. Ogni tanto mi scrive una lettera in latino e quando la leggo, aggirandomi tra le belle costruzioni classiche, sento il lieve profumo del giardino della giovinezza e della pipa del vecchio preside Bauer.
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Aqualong
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Risposta #261 il:
07 Marzo 2008, 22:56:12 »
......perchè la pipa è poesia.
Petőfi Sándor
(1823-1849)
Il piú famoso poeta dell'epoca del Risorgimento ungherese e il piú conosciuto e tradotto poeta ungherese in tutto il mondo. Poeta dell'amore e della libertá.
QUANDO ENTRAI IN CUCINA...
Quando entrai in cucina,
accesi la mia pipa,
dico, l'avrei accesa
senonché essa gia ardeva.
La mia pipa in pieno ardeva,
E non entrai per accenderla,
Ci andai solo perché c'era
Una bellezza in cucina.
Fuoco accese la mia bella,
Lo attizzava ed esso ardeva,
Ahi, negli occhi s'accendeva
Una fiamma gigantesca.
Quando entrai lei mi guardo,
Accipicchia, lei m'incanto,
La mia pipa si era spenta,
Il mio cuore s'accendeva.
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Aqualong
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Risposta #262 il:
07 Marzo 2008, 22:59:51 »
Cesare Pavese
Cattive compagnie
Questo è un uomo che fuma la pipa.
Laggíù nello specchio,
c'è n'è un altro che fuma la pipa.
Si guardano in faccia.
Quello vero è tranquillo perché
vede l'altro sorridere.
Prima ha visto altre cose.
Su un fondo di fumo
una faccia di donna protesa
a sorridere e un idiota leccarla
con gli occhi parlando.
Poi l'idiota, parlando, afferrare
anche lui e strappargli un sogghigno.
Un sogghigno da idiota.
E la donna piegarsi e serrare le labbra
come avesse veduto qualcosa di nudo.
Ora, corpi di uomini nudi la donna
ne vede dal mattino alla sera,
ma spoglia anche sé e là sopra
lavora, ridendo. E sogghigni ne vede
e ne fa, sul lavoro: anzi, è mezzo lavoro
un sogghigno ben fatto. Ma quando
una è lì per scherzare a parole,
ferisce vedere anche l'altro,
che in silenzio ascoltava parlare
l'idiota, lampeggiare lo stesso
pensiero brutale.
Donna e idiota son già ritornati
a alitarsi sul volto si somigliano
un poco le donne e gli idioti
e la pipa vapora una faccia contratta.
Dentro il fumo è possibile fare una
smorfia e socchiudere gli occhi.
La donna ridendo schiva quello
che parla pendendole addosso.
"Lo steddazzu"
L'uomo solo si leva che il mare è ancor buio
e le stelle vacillano. Un tepore di fiato
sale su dalla riva, dov'è il letto del mare,
e addolcisce il respiro. Quest'è l'ora in cui nulla
può accadere. Perfino la pipa tra i denti
pende spenta. Notturno è il sommesso sciacquìo.
L'uomo solo ha già acceso un gran fuoco di rami
e lo guarda arrossare il terreno. Anche il mare
tra non molto sarà come il fuoco, avvampante.
Non c'è cosa più amara che l'alba di un giorno
in cui nulla accadrà. Non c'è cosa più amara
che l'inutilità. Pende stanca nel cielo
una stella verdognola, sorpresa dall'alba.
Vede il mare ancor buio e la macchia di fuoco
a cui l'uomo, per fare qualcosa, si scalda;
vede, e cade dal sonno tra le fosche montagne
dov'è un letto di neve. La lentezza dell'ora
è spietata, per chi non aspetta più nulla.
Val la pena che il sole si levi dal mare
e la lunga giornata cominci? Domani
tornerà alba tiepida con la diafana luce
e sarà come ieri e mai nulla accadrà.
L'uomo solo vorrebbe soltanto dormire.
Quando l'ultima stella si spegne nel cielo,
l'uomo adagio prepara la pipa e l'accende.
Spettabile Editore Einaudi,
accetto le condizioni che mi fate per l’edizione del mio racconto Paesi tuoi. Gradirei che simbolicamente mi fosse versato in anticipo n. 1 pipa, onde fumarmela e preparare in serenità altri e più seducenti racconti.
Dev.mo
Cesare Pavese
Risposta di Pavese alla lettera-contratto dell’editore Einaudi (Torino), 2 maggio 1941
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Aqualong
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Risposta #263 il:
10 Marzo 2008, 17:30:57 »
Ancora,quasi una canzone..
Stefano Benni
È autore di vari romanzi e antologie di racconti di successo, tra i quali Bar Sport, Elianto, La compagnia dei celestini, Baol, Comici spaventati guerrieri, Saltatempo, Margherita Dolcevita.
Ha collaborato con i settimanali L'espresso e Panorama, con i satirici Cuore e Tango, il mensile Linus, i quotidiani La Repubblica e Il Manifesto.
Nel 1989 ha inoltre diretto un film, Musica per vecchi animali, tratto dal suo romanzo Comici spaventati guerrieri ed è sceneggiatore del film Topo Galileo, interpretato dall'amico Beppe Grillo e Francesco Guccini musicato da Fabrizio De André.
Le piccole cose
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
e a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
la pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te
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Aqualong
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Risposta #264 il:
10 Marzo 2008, 17:35:41 »
Ancora un'ultima pipa,che però non c'è..
LICIA TROISI
autrice di romanzi fantasy.
Residente a Roma ma di origini campane, si è laureata in fisica con specializzazione in astrofisica presentendo una tesi sulle galassie nane il 17 dicembre 2004 all'università di Roma 2 "Tor Vergata".
Oltre alla professione di scrittrice, Licia Troisi lavora anche come astrofisica, collaborando con l'Agenzia Spaziale Italiana.
LE GUERRE DEL MONDO EMERSO
Chiuse gli occhi, ma non vide oscurità. Sentiva il sangue fluire dalla ferita, sempre più lento. Dietro la sua schiena, il respiro possente di Oarf dettava il ritmo al suo cuore sempre più debole. Rimpianse di non avere con sé la sua pipa. Avrebbe voluto farsi un'ultima fumata. Pensò con un sorriso alla frase che Sennar gli aveva scritto anni addietro: "Tu morirai con la tua spada in mano." Dov'era la sua spada? Non riusciva neppure a ricordarlo.
Provò a riaprire gli occhi, ma fuori ormai non c'era nulla da vedere. Tutto era luce, una luce calda e rassicurante.
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Risposta #265 il:
10 Marzo 2008, 17:45:34 »
Per il morale ,dopo il ferale brano precedente,un altro paragone amore pipa.
A dimostrazione che fumare la pipa è piacevole come un atto o un ricordo d'amore,oppure il contrario...
FRANCESCA LIA BLOCK
Figlia di un poeta e di una pittrice, vive e lavora a Los Angeles, la città degli angeli.
Nei suoi romanzi racconta con parole e immagini le caotiche periferie delle città: storie eteree, agrodolci, fluorescenti, punkettare, dove gli angeli sono ad ogni angolo di strada e dove l'amore è il più pericoloso di tutti.
Baby Be-Bop
Da quell'istante non mi sentii affatto meno solo. Fu semplicemente come se Solo Luna si fosse unita a me nel paesaggio malinconico e battuto dal vento della mia desolazione. "Sono incinta" sbottò una sera mentre mi aspirava dentro di lei come può fare una bocca su una pipa accesa
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Risposta #266 il:
14 Marzo 2008, 23:49:38 »
Pipa stonata....
STEPHEN KING
La festa di nozze
Questo era quando il jazz era jazz e non rumore. Noi eravamo in cinque, batteria, clarino, trombone, piano e tromba, e ci sapevamo fare. Mancavano ancora tre anni ai nostri primi dischi e quattro anni al cinema sonoro.
Stavamo eseguendo Bamboo Bay quando entrò questo omone vestito di bianco, che fumava una pipa con più ghirigori di un corno francese. Noi suonatori eravamo tutti un po' brilli ma la gente nel locale era completa-mente fatta e se la spassava bellamente. Non c'era stata una scazzottata in tutta la sera. Noialtri si sudava a fiumi e Tommy Englander, il gestore, ci riforniva senza sosta di whisky. Era uno per cui si lavorava volentieri e gli piaceva il nostro sound.
«Ho dei soldi per lei», disse Scollay.
«Io non ho fatto niente per guadagnarli.»
«Lo farà. Sono duecento. Li divida con i compagni o se ne intaschi cento per sé.»
«Di che si tratta?»
«Uno spettacolo», rispose. «Mia sorella si sposa e voglio che suoniate al ricevimento. Le piace il Dixieland. Due dei miei ragazzi dicono che voi suonate un buon Dixieland.»
«È troppo», risposi io. «Cosa c'è sotto?»
«Ci sono due ragioni», disse Scollay. Tirò una boccata dalla pipa. C'entrava poco o niente con quella faccia da canaglia. Avrebbe dovuto avere
una Lucky appesa alle labbra, o una Sweet Caporal. La pipa lo faceva apparire triste e comico.
«Forse ha sentito che il Greco ha cercato di farmi fuori», disse.
Non sapevo che cosa dire. Non sapevo perché lo veniva a raccontare a me, né perché secondo lui un'orchestra Dixieland risolveva tutto, ma non avevo intenzione di mettermi a discutere con lui. Non sarebbe venuta voglia nemmeno a voi, con o senza quel ridicolo vestito e quella pipa.
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Risposta #267 il:
14 Marzo 2008, 23:57:17 »
Chi fuma la pipa è persona mite e riflessiva (leggenda metropolitana)
ERIC GIACOMETTI & JACQUES RAVENNE
Giacometti è giornalista d’inchiesta. Si è occupato tra le altre cose di malasanità, denunciando numerosi scandali dal problema dell’amianto allo scandalo sul sangue infetto.
Dietro lo pseudonimo di Jacques Ravenne si cela un maestro massone che vuole tenere segreto il suo vero nome. Amico di Giacometti da 25 anni, i due non hanno mai affrontato il tema massoneria prima di scrivere questo libro.
IL RITUALE DELL'OMBRA
Bechir si dibatteva per sfuggire ai vincoli d'acciaio, ma tutta quell'agitazione non fece che aumentare la stretta.
«Lei è pazzo... io... la rosa...»
Il giardiniere si grattò la testa, come se misurasse la portata della risposta del palestinese, poi fece un cenno di diniego.
«Risposta sbagliata, amico mio. Era il tulipano.»
Con un colpo preciso sezionò il dito dell'altro piede. Bechir urlò come un forsennato e per poco non perse i sensi. Il secondo uomo si spostò di lato, all'altezza della testa e lo schiaffeggiò. Bechir deglutì. La paura lo aveva invaso, lo corrodeva come un acido bruciante, ancora più forte del dolore.
«Vi supplico, fermatevi, vi dirò tutto quello che vorrete.»
Il giardiniere si alzò e ripose le cesoie nella tasca del grembiule. Tirò fuori una pipa dall'altra tasca e la caricò con cura mentre il sangue di Be-chir colava per terra a getti irregolari.
«Per favore, sto per esaurire tutto il sangue che ho in corpo, fermate l'emorragia. Vi prego...»
Un odore di tabacco caramellato si diffuse nel piccolo scantinato, sovrapponendosi ai cattivi odori. L'uomo tirò qualche boccata, lo sguardo perso nel vuoto.
«Sono il giardiniere. Mi pare di averglielo già detto, no?»
Bechir sentiva il sangue fluirgli dal corpo. La debolezza, che aumentava ogni secondo, lo stava sopraffacendo. Ma soprattutto si rendeva conto che perdeva la ragione, incapace di sostenere un dialogo coerente con il suo carnefice. Tuttavia, non doveva contrariarlo.
«Sì... lo so... è un bel mestiere.»
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Cristiano
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Risposta #268 il:
18 Marzo 2008, 11:48:13 »
ecco un grande fumatore di pipa
http://lavarende.free.fr/
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"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.
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www.studiolegaleciani.it
Ramon
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Risposta #269 il:
28 Marzo 2008, 19:48:55 »
Se c'era già chiedo scusa.
"La Panchina"
Un’inedita Bolzano degli anni ’60 vista attraverso gli occhi di un liceale tra sogni, realtà e fantasia.
"La prima volta che Georg e Manfred lo avevano incontrato rimasero incantati nell’osservare i suoi gesti. Aveva estratto una vecchia pipa e l’aveva caricata con cura, poi, quando un pungente fumo gli era uscito dalle narici, aveva esclamato: "Cosa volete, ragazzi, questa è l’unica cosa in cui trovo ancora piacere". E aveva continuato a fumare, assaporando l’odore del tabacco bruciato stringendo con amore il bocchino della pipa tra i pochi denti che ancora conservava. E intanto i suoi occhi azzurri, un po’ acquosi, rimanevano sereni, pur conservando nel profondo una leggera intonazione ironica. Le mani gli tremavano un poco, mentre puliva la pipa, ma la voce era ferma."
Tutto il capitolo:
http://www.peterdisertori.it/panchina%20cap%20IV.htm
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