Ritrovo Toscano della Pipa
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La pipa nella letteratura
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Gli autori ispirati dalle volute di fumo....
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Topic: Autori con la pipa in bocca (Letto 364777 volte)
Aqualong
Cavaliere di San Dunillo
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Autori con la pipa in bocca
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Risposta #105 il:
18 Maggio 2006, 12:59:17 »
Dick Moores
(1909 - 1986)
Dick Moores studiò arte alla Chicago Art Academy e lavorò come assistente di Chester Gould, il creatore di Dick Tracy, durante i primi anni Trenta.
Nel 1936 creò la serie Jim Hardy, successivamente chiamata Windy and Padles.
Nel 1942 fu assunto ai Disney Studios, dove lavorò su diverse serie di fumetti e film di animazione.
Alla Disney illustrò numerose storie per gli albi di fumetti Dell, ma lavorò soprattutto sulle pagine domenicali di Fratel Coniglietto, del gallo Panchito e della canina Lilli , così come alle strisce quotidiane di Lilli e, come inchiostratore, a quelle di Topolino disegnate da Floyd Gottfredson.
Sono sue quasi tutte le Silly Symphonies autoconclusive.
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Aqualong
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Risposta #106 il:
18 Maggio 2006, 21:21:20 »
Will Eisner
(1917-2005)
Il detective mascherato apparve sui supplementi domenicali a colori dei quotidiani statunitensi nel 36: in appena sette pagine Eisner era in grado di concentrare un'intera avventura autoconclusiva, nella quale era in grado di concentrare non solo le atmosfere tipiche dei thriller o del noir, ma mescolandovi anche l'umorismo e l'ironia, il dramma ed i lutti della vita di ogni giorno. Ogni storia aveva un logo differente , era caratterizzata da un taglio altamente cinematografico e poteva anche succedere di leggere storie di Spirit senza che il protagonista vi comparisse mai
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Aqualong
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Risposta #107 il:
19 Maggio 2006, 22:24:13 »
KEN FOLLETT
Esordisce nel professionale mondo dei romanzi nel 1978 con "La cruna dell'ago", un racconto eccitante, magistrale capolavoro di suspense, teso ed originale con un personaggio femminile memorabile nel ruolo di protagonista.
La cura dei particolari, lo stile semplice, la capacità di costruire storie credibili e sorprendenti hanno fatto di Ken Follett uno degli scrittori più letti in assoluto.
UN LUOGO CHIAMATO LIBERTÀ
L'ecclesiastico accese la pipa, aspirò il fumo e cominciò a tossire. Era evidente che non aveva mai fumato in vita sua. Con le lacrime agli occhi boccheggiò, sputacchiò e tossì di nuovo. I colpi di tosse lo squassarono al punto che la parrucca e gli occhiali caddero... e Jay si accorse subito che non era affatto un ecclesiastico.
Trovarono Peg seduta al bar con le gambe incrociate sotto di sé. Fumava tabacco della Virginia in una pipa di coccio. Viveva al Sun e dormiva sul pavimento in un angolo del bar. Lennox faceva anche il ricettatore, e lei gli vendeva gli oggetti che rubava. Quando vide Mack, sputò sul fuoco e disse allegramente: «Come va, Jock... hai salvato qualche altra ragazza?».
«Oggi no» rispose lui con un sorriso.
Mack gli raccontò come aveva lasciato Heugh. Dermot e Charlie ascoltarono con attenzione: era una storia che non conoscevano. Gordonson accese la pipa e lanciò sbuffi di fumo, scuotendo ogni tanto la testa con aria disgustata. Il servitore portò il caffè mentre Mack stava terminando.
Molti ridevano della loro situazione e scherzavano sui loro reati. C'era un'atmosfera di allegria che irritava Mack. Si era appena svegliato quando qualcuno gli offrì una sorsata di gin e qualcun altro una tirata di pipa, come se fossero a un matrimonio.
Quando ebbero terminato, il servitore di Gordonson sparecchiò e portò pipe e tabacco. Gordonson prese una pipa, e anche Peg, che aveva quel vizio da adulta.
Il locale era buio e fumoso. Dieci o dodici persone, sedute su panche o sedie di legno, bevevano dai boccali e dalle tazze di coccio. Qualcuno giocava a carte e a dadi, qualcuno fumava la pipa. Dal retro giungeva il rumore delle palle da biliardo.
Non c'erano né donne né negri.
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Aqualong
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Risposta #108 il:
19 Maggio 2006, 22:47:44 »
LEIGH BRACKETT
(1915-1978),
Leigh Brackett debutta nella fantascienza nel 1940 e qualche anno più tardi sposa un notissimo autore del settore, Edmond Hamilton,era lui che in casa fumava la pipa,mentre lei surclassava tutti gli scrittori di fantasy contemporanei.
Chi ama il genere e ancora non la conosce faccia una corsa in libreria,ne vale la pena.
Ha inoltre lavorato nel campo del cinema, scrivendo sceneggiature per Hollywood, tra cui ricordiamo, oltre alle sceneggiature di Il Lungo Addio e Il Grande Sonno, tratte dai romanzi di Raymond Chandler, per registi del calibro di Howard Hawks o Robert Altman, quella per il film L'impero colpisce ancora, suo ultimo lavoro che non ha fatto a tempo a vedere realizzato sul grande schermo.
LA CITTÀ PROIBITA
Hostetter si avvicinò, camminando lentamente nello spazio angusto lasciato libero a prua, seguito da una scia di aroma di tabacco, che veniva dalla sua vecchia pipa. Vide Len seduto in quell'angolo, e si fermò.
Lui desiderava le stesse cose che voi volete. Crescita, progresso, intelligenza, un futuro. Non avreste potuto aiutarlo?»
C'era una nota tagliente, nella voce di Len, ma Hostetter si limitò a togliersi la pipa di bocca, e a domandare, sommessamente:
«Come?»
Hostetter si accigliò, scosse la cenere dalla pipa, spegnendola accuratamente sotto i tacchi. Disse a Len:
«Abbiamo chiesto a Collins di restare di guardia, per ogni evenienza. Lui abita su una casa galleggiante, ed è la nostra unità mobile. Be', andiamo. Ecco cosa succede a un cittadino di Bartorstown. Tanto vale che cominci ad abituarti».
Si presentarono. Hostetter si era ritirato nell'ombra, e Len lo udì riempire la pipa.
Sherman disse a Esaù:
«Allora voi siete quello con la... ehm... con la madre in attesa».
Esaù cercò di spiegare la cosa, e Sherman lo interruppe.
Giù, ora, lungo il sentiero scolpito nella roccia, e là, a Bartorstown, nella stanza di controllo, qualcuno veglia. Non Jones, non è il suo turno, ma qualcuno c'è. Qualcuno che osserva le piccole luci che palpitano sul pannello. Qualcuno che pensa, Ecco, i pazzi Ismaeliti ritornano al loro deserto. Qualcuno che sbadiglia, e si accende la pipa, in attesa dell'arrivo di Jones, per poter ritornare a casa.
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Aqualong
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Risposta #109 il:
20 Maggio 2006, 15:40:34 »
MARTIN CRUZ SMITH
Abile costruttore di trame, Martin Cruz Smith, si sperimenta anche nel romanzo d'ambientazione storica e, quasi, nel romanzo sociale, pur sapendo mantenere sempre viva la suspence e chiudendo le vicende con imprevedibili colpi di scena che spiazzano il lettore e che potrebbero richiamare alla mente i temi classici della letteratura dell'Ottocento.Nei romanzi di Smith vengono raccontate tristi, crudeli e spiacevoli verità.. Dai sui libri sono stati tratti molti film,il primo Gorky Park
Fuma pipe curve e piccole.
LA ROSA NERA
Blair tirò fuori orologio, bussola, fazzoletto, temperino e monete; Leveret una pila più voluminosa d'oggetti: orologio, borsellino, portafoglio, medaglione, pettine, biglietti da visita, pipa di radica, tabacco, fiammiferi. Battie chiuse a chiave pipa, tabacco e fiammiferi nella sua scrivania.
«Qui non si fuma, signor Leveret. Vorrei che non le passasse nemmeno per la testa.»
Ci fu una scintilla. Qualcuno deve aver fatto qualcosa d'incredibilmente stupido. Qualche idiota ha magari forzato la sua lampada per accendersi la pipa. O ne ha sollevato il coperchio per poter picconare con un po' più di luce. E c'era gas. Un vero "sfiatatoio".
Aveva anche appetito e convinse Leveret a entrare in una trattoria di Scholes e a ordinare un pasticcio di coniglio e un'anguilla in salamoia.
L'aria all'interno era una nuvola di fumo di pipa così acre da far storcere il naso.
Hopton: Non è forse vero che in passato Greenall era stato rimproverato per aver acceso la pipa nella miniera?
Battie: Dieci anni fa.
Liptrot: Ma è vero?
Battie: Sì.
Nuttal: C'erano forti bevitori fra gli uomini sul fronte d'abbattimento?
Battie: Forti non direi.
Nuttal: Non è forse vero che, non più tardi di una settimana fa, John e George Swift sono stati richiamati dalla polizia per aver gozzovigliato nelle strade?
Esiste la possibilità che un minatore abbia avventatamente aperto la propria lampada per accendersi la pipa, ma non lo sapremo mai. Una scintilla, una fiamma, un barattolo di polvere pirica possono aver contribuito, singolarmente o collettivamente, allo scoppio dell'esplosione. La risposta è sepolta nel fronte d'abbattimento. L'aerazione era sufficiente a purificare l'aria?
«Mi faccio io le mie cariche e così vendendole guadagno qualche soldo in più.»
«Non vorrei mai interrompere un uomo che lavora.»
«Grazie» E tirò fuori una lunga pipa d'argilla, premendo il tabacco nel fornello con un tizzone preso dal focolare.
«Qui c'è polvere a sufficienza per far saltare mezza Wigan.»
«Tutta Wigan» disse Smallbone con orgoglio.
«Tutta?»
«Per via delle miniere abbandonate che ci sono sottoterra. Il metano s'insinua nei ripostigli e negli armadi. Dei nostri vicini sono saltati in aria per aver acceso una lampada nel loro ripostiglio. Ma l'affitto è basso.»
«Come va la sua gamba?»
«Prego?»
«Quella ferita nell'esplosione.»
«Io non sono stato ferito.»
«Prima dell'incendio.»
«Già, prima. Me n'ero dimenticato.» Smallbone si riaccese la pipa. Piccole scintille gli illuminarono le mani. «Adesso che ci penso, l'argomento di stasera erano le donne di facili costumi.
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Risposta #110 il:
20 Maggio 2006, 23:22:14 »
Avevo quasi deciso di non citare più testi di lirica,ma questo brano mi ha molto incuriosito,guardate da voi.
Giovanni Gherardini
1778 - 1861
L’incarico di comporre una nuova opera giunse a Rossini dal Teatro alla Scala di Milano, con il quale egli si impegnò prima del marzo 1817. Il libretto era fornito da un poeta «di fresca data», come scrive Rossini in una lettera alla madre, vale a dire Giovanni Gherardini, letterato di spicco della vita culturale milanese, direttore del ‘Giornale d’Italia’, autore di drammi giocosi per musica, commedie in prosa, traduttore di classici , importante filologo e fumatore di virginia e trinciati.
Gherardini era un medico anche se quasi nessuno lo sa,una lapide in suo ricordo stà a Milano presso Porta Magenta.
La gazza ladra
Ninnetta
Oggetto amato, deh, mi vieni a consolar!
Ah, momento fortunato! Oh, che dolce palpitar!
Pippo
Fuori, fuori! È ritornato: deh, venitelo a mirar!
Coro
Bravo, bravo! Ben tornato! Qui dovete ognor restar!
Giannetto
Vieni fra queste braccia… Mi balza il cor nel sen!
D'un ver amor, mio ben, questo è il linguaggio.
Anche al nemico in faccia m'eri presente ognor:
Tu m'inspiravi allor forza e coraggio e valor.
Ma quel piacer che adesso, o mia Ninnetta, provo,
è così dolce e nuovo che non si può spiegar.
Coro
Bravo! Bravo! Qui dovete ognor restar! Viva! Viva!
Mi sembrano due tortore: mi fanno giubilar! Caro, mi fanno giubilar!
Pippo
Tocchiamo! Beviamo a gara, a vicenda: il petto s'accenda di dolce furor!
Coro
Tocchiamo, e discenda la gioia nel cor.
Pippo
Il nappo è di Pippo la pipa e la poppa: il pecchero accoppa le pene del cor!
Tutti
Che pipa, che poppa, che pretto sapor!
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Risposta #111 il:
21 Maggio 2006, 22:44:45 »
Philip K. Dick
1928-1982
Dick è stato al centro, dopo la morte, di una clamorosa, quanto autentica, rivalutazione letteraria. Sottovalutato in vita, è emerso oggi nella critica e nella considerazione generale come uno dei talenti più originali e visionari della Letteratura Americana contemporanea, tanto da essere paragonato ai supremi Franz Kafka, F. M. Dostoevskij e J.L. Borges. La sua figura è divenuta oggi un simbolo per lettori giovani e meno giovani, affascinati dalle numerose sfaccettature di un'opera che si presta sia ad una lettura immediata che a più serie riflessioni, e parecchie delle sue opere sono ormai considerate degli autentici classici. I suoi scritti profondamente saturi di una spiritualità di tipo "gnostico", in cui l'autore intraprende la sua personale ricerca del Divino.Purtroppo nella vita reale è passato dalla pipa di legno a quella di vetro e poi alla siringa….
Si occupi di scovare Mayerson -. Si sedette alla sua familiare scrivania, provando sollievo per il fatto di essere tornato. «Al diavolo Palmer Eldritch» disse tra sé, e allungò una mano verso il cassetto della scrivania per prendere la sua pipa preferita in radica inglese e una confezione da mezza libbra di tabacco Sail, un cavendish olandese.
Era occupato ad accendersi la pipa quando la porta si aprì e apparve Mayerson, con aria servile e contrita.
- Be' ? - disse Leo e aspirò energicamente dalla pipa.
Lurine, raggomitolata su di una poltrona di fronte a lui, fumava una pipa di radica algerina, piena di un tabacco olandese prebellico e completamente secco. «Invece di prendere quelle pillole,» gli disse, «costruisci strumenti che registrino la presenza di ciò che cerchi. Qualunque cosa sia. Leggila su di un quadrante. È meno pericoloso.»
«Dimmi,» fece Lurine, continuando a fumare la sua modesta pipa di radica era tutto quello che aveva potuto comprare da un mercante: quelle inglesi erano troppo care. Lei continuò, scrutandolo intenta: «Com'è stato, quella volta che hai preso le metanfetamine e hai visto il Diavolo?»
Lui rise.
«Mi piace l'idea di essere tentata,» disse Lurine; riaccese la pipa che s'era spenta. «Piace a tutti. Quelle pillole ti tentano; e tu continui a prenderle.
vide Lurine che fumava la pipa, fiutò l'odore del tabacco... Si sentiva la testa come un pallone e si alzò, barcollando, sapendo che era trascorso solo un attimo di tempo reale, e che per Lurine non era accaduto nulla. Nulla era cambiato. E aveva ragione lei.
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Risposta #112 il:
23 Maggio 2006, 00:40:38 »
Quì rasentiamo il "Top"
William Gibson
Se vi chiedete perché dovreste leggerlo, la risposta potrebbe essere, perché è riuscito a scrivere che "Il cielo sopra il porto aveva il colore di un televisore sintonizzato su un canale morto".Ha iniziato a descrivere un mondo verso il quale ci sentiamo inesorabilmente attratti, un mondo che ci appare dietro l'angolo e di cui possiamo sentire tutta la perfezione digitale o tutto il fetore del suo degrado...
La notte che bruciammo Chrome
Negli Urali, un tecnico georgiano di mezza et… aveva troncato con un morso il bocchino della sua pipa di schiuma preferita. Nel Nuovo Galles del Sud un giovane fisico aveva preso a pugni il monitor come un giocatore di flipper infuriato per un tilt.
- Ma mi ascolti o no? - Nance appoggiò la pipa, e un po' di acqua marrone si rovesciò per terra. - La roba con cui lavoro io è tre anni avanti a qualsiasi cosa si trovi in giro.
L'estate era arrivata, il cielo era azzurro e caldo sopra Parigi, e Marly sorrise all'odore del buon pane e del tabacco forte.
La Macchina Della Realtà
(con Bruce Sterling)
Mick si fermò accanto a un tavolo di legno, tenuto da una vedova strabica con un abito in seta pettinata, il cannello di una pipa di terracotta che le usciva dalle labbra sottili. Disposte di fronte a lei c'erano numerose fiale di una sostanza dall'aria viscosa, che Sybil immaginò fosse una qualche specialità farmaceutica, perché ciascuna aveva incollata un'etichetta azzurra con l'effige sbiadita di un indiano selvaggio. - E questo cosa sarebbe, signora? - chiese Mick toccando un tappo sigillato in cera rossa con il dito guantato.
- Olio di roccia, signore disse quella, lasciando il cannello della pipa
Disraeli si infilò l'ultimo pezzo di aringa in bocca e cominciò a riempire la prima pipa della giornata. - Sa, lei è proprio la persona che fa per me oggi, Mallory. Lei se ne intende di Macchine, vero?
- Oh?
- È una dannata cosa che ho comprato mercoledì scorso. Il commesso mi ha giurato che mi avrebbe reso la vita più facile. - Disraeli lo condusse nel suo ufficio, una stanza che gli ricordava quella del signor Wakefield, all'Ufficio Centrale di Statistica, benché molto meno ambiziosa quanto a dimensioni, cosparsa di tabacco da pipa, riviste sensazionali e sandwich mezzi mangiati. Il pavimento era ricoperto di blocchi di sughero intagliati e mucchi di trucioli.
Disraeli agitò la pipa fumante. - "Ci sono tumulti della mente, quando, come le grandi convulsioni della Natura, tutto sembra cadere nell'anarchia e tornare al caos; e tuttavia spesso, in questi momenti di vasto disordine, come nella lotta stessa della Natura, un nuovo principio di ordine, o qualche nuovo impulso di condotta, si sviluppa, e controlla e regola e porta ad un'armoniosa conclusione passioni ed elementi che sembrano solo minacciare disperazione e sovversione."
Dicevano anche che mi avrebbe fatto risparmiare denaro! - Disraeli aspirò dal lungo cannello della sua pipa di schiuma.
Disraeli vuotò la pipa, e tornò a riempirla da un contenitore sigillato, pieno di nero tabacco turco. - Io amo questa città, Mallory, ma ci sono occasioni in cui il giudizio deve aver la precedenza sulla devozione.
Ne saltò fuori un ometto grassoccio, calvo. Indossava una elegante giacca da caccia rossa e pantaloni a quadri, infilati in stivali da passeggio di vernice. Era senza cappello, la faccia rotonda e le guance rosse, senza maschera, e con sorpresa di Mallory fumava una grossa pipa dall'aria puzzolente.
Il Re passò un rotolo al vetturino, attraverso la botola. Poi, beatamente, vuotò la sua pipa di schiuma, tornò a riempirla da un cartoccio di carta, e l'accese con un acciarino tedesco. Soffiò una nuvola di fumo puzzolente, con aria molto soddisfatta.
Si infila gli occhiali, carica una pipa, l'accende. Il suo segretario, Cleveland, è un uomo molto puntiglioso e ordinato, e gli ha lasciato due pacchi di documenti, bene ordinati sulla scrivania in cartellette di Manila con fermagli di ottone. Una cartelletta si trova alla sua destra, l'altra alla sua sinistra, e non si può sapere quale sceglierà.
Con un sibilo stridulo e flatulento di aria compressa, un piccolo panmelodium venne messo in funzione sul retro del café. Oliphant, voltandosi, incrociò gli occhi del mouchard Beraud, che stava fumando una pipa di gesso olandese, fra un gruppo di kinotropistes in animata discussione.
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Aqualong
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Risposta #113 il:
24 Maggio 2006, 23:59:08 »
PATRICK McGRATH
Il padre lavorava come psichiatra nel manicomio criminale di Broadmoor, dove il giovane Patrick passa gran parte della propria infanzia.
Quello che più colpisce in Patrick McGrath è la capacità di cogliere un sentimento anche solo con una parola.
Grottesco
A parte la risata stridula e l'adesione al vegetarianismo, la cosa che più mi irritava in lui era, direi, la pipa. Sidney fumava una pipetta con un bocchino sottile di palissandro rossiccio, che non riusciva a contenere altro che un pizzico o due di tabacco delicatamente aromatizzato: non invento nulla, Sidney fumava sul serio tabacco aromatizzato! In effetti, ora che ci penso, può darsi che proprio quella sua delicatezza, quella sua esilità, avessero attirato Cleo. Avete mai fatto caso a quanto spesso capita che una femmina vivace sia attratta da uno smidollato?
In quel contesto particolare la presi come un saluto, sicché agitai allegramente la mano, e lui, levatosi il berretto, si strofinò la testa rapata e bitorzoluta con una mano enorme e sudicia, quindi si tastò le tasche della vecchia giacca a righine tutta lisa, in cerca della pipa.
Una volta trovata la pipa, venne avanti; aveva addosso un odore di terra e maiali e gli occhi scintillanti di un'ironia sobria e laconica che gli era abituale e che rifletteva perfettamente la sua natura.
Povero George, pensare a lui adesso mi addolora; non era un cattivo diavolo e me lo vedo ancora come se fosse ieri, al bancone accanto a me, che fumava zitto la sua pipa con un boccale di scura davanti, pestando di tanto in tanto uno scarpone chiodato sul pavimento di pietra che risonava di un forte rumore metallico.
Stava seduto sul pavimento con le spalle al muro, un gomito appoggiato sul ginocchio e la mano sulla testa, nell'altra mano un boccale di rum e la pipa fra i denti. Ma per quanto bevesse non riusciva a scacciare un brutto presagio sulle conseguenze di quello sbarco finito male. Chiuse gli occhi e s'addormentò con la mano ancora sulla testa. La pipa gli scivolò di bocca e si ruppe sul pavimento di pietra, spargendo brace di tabacco. Harry non si svegliò. Pochi istanti dopo, disse mio zio, la paglia iniziò a bruciare.
In silenzio pensammo a Harry stordito dall'alcol, mentre le braci della sua pipa attizzavano la paglia secca.
Per effetto del gin, lettere, parole intere e perfino interi versi, apparivano mescolati fra loro, al punto che era impossibile distinguere l'inizio di una parola dalla fine di un'altra; e la difficoltà era esasperata dagli sbaffi della cenere caduta dalla sua pipa, dai buchi prodotti dalla brace, e qua e là da grumi e rigagnoli, dove il gin, il sangue o le lacrime s'erano mischiati con l'inchiostro.
Joshua Rínd, gallo gottoso tra le galline, si godeva i momenti di potere come quello, e con calma caricò quella sua pipa bianca puzzolente con il poco tabacco che si concedeva ogni giorno in quel periodo di penuria. La accese con una candela sottile e inalò l'unica boccata decente che probabilmente sarebbe riuscito a trarne, poi fece girare lo sguardo intorno al tavolo
Brook Franklin stava riempiendo la pipa con il tabacco. Filamenti di trinciato nero pendevano dal fornello. Scosse la testa, tenendo gli occhi fissi sul piccolo braciere.
Gli odori della pipa del vecchio, della birra della sera prima, il crepitio del carbone che bruciava; sul banco un giornale piegato, chiuso alla pagina sportiva...
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Risposta #114 il:
25 Maggio 2006, 13:14:34 »
ELZIE CRISLER SEGAR
(1894 - 1938)
Elzie Crisler Segar nacque nell'Illinois, l'8 dicembre 1894 a Camptown o, secondo alcuni, l'8 settembre dello stesso anno a Chester. In gioventù fu suonatore di batteria e poi addetto alla macchina da proiezione in una sala cinematografica (si fece tatuare su un braccio le lettere MPO, iniziali di Motion Picture Operator). La passione per il cinema lo indusse ai “comics”: nel 1916 seguì un corso per corrispondenza per disegnatori del “Cartoonist W.L. Evan's System” di Chicago, città nella quale riuscì nel 1918, raccomandato da R. F. Outcault, a farsi pubblicare la sua prima storia, giornaliera e domenicale, “Charlie Chaplin 's Comic Capers”, cui fece seguito la pagina domenicale “Barry the Boop”. Notato e assunto da Hearst nella stessa Chicago, creò “Looping the Loop” e poi, trasferito a New York, “The Thimble Theater” (19 dicembre 1919), che allora veniva pubblicato ogni giorno tranne venerdì e domenica (la prima tavola domenicale è del 18 aprile 1925).
“The Thimble Theater” trattava temi teatrali, ma l'ingresso di Popeye nella storia, realizzata da Segar sia nei testi che nei disegni, lo indusse a trasformarla in avventure di largo respiro, peraltro rese sempre in chiave prettamente umoristica. Il 24 dicembre 1920 nacque “The Five-Fifteen”, striscia che nel 1923 assunse il titolo di “Sappo” (dal nome del protagonista, un impiegato pendolare) e nel 1926 divenne il “top” della tavola domenicale di “The Thimble Theater”, cessando al contempo la cadenza giornaliera.
Braccio di ferro nasce così:
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Risposta #115 il:
26 Maggio 2006, 01:01:26 »
E quì siamo veramente al top,chi conosce il libro sa di cosa parlo,spiacente per chi non lo ha letto,ormai è introvabile.
Jean Ray
1887 1965
Nella vita ha fatto tanti lavori: giornalista, trafficante, marinaio, contrabbandiere di rhum, domatore di leoni…poi la Caienna... Questa versatilità di esperienze è la sorgente che rende vividi i suoi racconti. Ecco perché Jean Ray possiede quel realismo che manca a quegli scrittori che sono solamente letterati.
I racconti di Jean Ray possiedono un’atmosfera cupa e kafkiana. C’è tutto il sapore della vecchia Europa, fatta di nebbie e di paure nelle gelide notti invernali accanto alle stufe di terracotta.
In compagnia di questo scrittore entriamo in vecchie case del Belgio, piene di segreti, rischiarate con lumi a petrolio e popolate di scarafaggi,profumate di semois e tabacchi olandesi. Insieme a Jean Ray incontriamo personaggi ricchi di uno strano mondo interiore. E quando le ombre della sera si allungano sui canali, lo scintillio dei liquori , il fuoco del camino e delle pipe, aiutano a tenere lontano gli ignoti terrori del buio.
Malpertuis
Davanti alla vetrina di'una panetteria,un garzone imopolverato di farina versò una gerlata di panini freschi,fumanti e alla finestra di una bettola dalle tende molto aperte due fumatori di pipa urtavano vigorosamente i loro boccali di gres blù traboccanti di birra fresca.
Pareva che tutte queste figure così semplici respirassero la vita a grandi boccate.
In un angolo del cammino.scoprii la pipa di marasco dell'abate Doucedame e il suo portatabacco laccato.
Avevo timore delle aspre gioie che dà il tabacco,ma un senso di commossa riverenza verso il mio eccellente maestro mi fece riempire e accendere quella pipa.Mi stupirò sempre del modo deciso con cui entrai nel paradiso dei fumatori.Non sentii nel mio essere alcuna ribellione e dopo le prime boccate,la mia gioia fu completa.
Fu il triplice piacere della libertà momentaneamente riconquistata,della dignità ritrovata e della solitaria iniziazione al fumo,a farmi dimenticare che aspettavo....
Elodie,ho portato la pipa dell' abate Doucedame e il suo portatabacco,credo di cominciare a provare un gran gusto a fumare.
Il dottor Sambuque,che stava entrando e che aveva udito,m'approvò: ragazzo mio mi fate molto contento.Adesso che fumate la pipa mi sembra che un uomo in più viva sotto il tetto di Malpertuis,e Dio sa se ne abbiamo pochi!
Seduto in fondo ai gradini,sperando che una qualsiasi cosa,ma senz'altro qualcosa di naturale,distraesse i miei pensieri dall'angoscia e dalla rassegnazione che gettavano un'ombra perenne sulla mia vita,tolsi dalla tasca la pipa dell'abate e domandai un po' di oblio alle tranquille delizie del tabacco. Durante questi attimi di relativa euforia si aprì con precauzione una porta e intesi un bisbiglio di voci. Ebbene! Sambuque mi sono sbagliato si o no? Era il cugino Philarete, che parlava con un tono ansioso.
E' si si direbbe,rispose il dottore, è l'odore del suo tabacco d'Olanda, è soltanto lui a fumarlo.
Ti dico che l'abate ronza quì intorno,bisogna diffidare di quel topo di fogna.
Pazienza ,amico mio,tutto considerato,non c'è più molto tempo da quì alla notte della Candelora. Sst! 'tore ,non dire cose tanto imprudenti,finchè quest'odore del suo detestabile tabacco gira per tutta la casa.
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Cristiano
Moderatore globale
Sovrano Grande Pipatore Generale
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Risposta #116 il:
26 Maggio 2006, 19:49:53 »
segnalerei allo Spigolatore Mrs Dalloway di Virginia Woolf
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"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.
Cave Secretarium
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Autori con la pipa in bocca
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Risposta #117 il:
27 Maggio 2006, 00:41:39 »
Geroges Remi
, in arte
Hergé
(1907-1983),
Nasce a Etterbeek (Bruxelles, Belgio)
Uno degli autori fondamentali nella storia del fumetto. E' stato un uomo dalla personalità complessa e sofferta, due matrimoni e nessun figlio, periodi di insofferenza totale nei confronti dei suoi stessi personaggi. Senza volerlo è diventato un riferimento assoluto per la “bande dessinée” e la sua opera è nell’immaginario collettivo tanto da essere citata negli ambiti più diversi.
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Risposta #118 il:
27 Maggio 2006, 15:13:06 »
NEIL GAIMAN
Giornalista, scrittore, sceneggiatore di fumetti, ma anche televisivo e radiofonico.
Nato nel 1960, a Portchester in Inghilterra, padre di tre figli e padrone di sette gatti, comincia la sua carriera come giornalista. Scrive racconti di fantascienza per riviste erotiche e sceneggiature per fumetti.
Ottiene la consacrazione come sceneggiatore di fumetti grazie a Sandman, noto personaggio della linea Vertigo, sotto-etichetta della DC Comics. Il numero 19 di The Sandman dal titolo A Midsummer Night's Dream vinse il premio Nebula nel 1990, come miglior racconto breve di fantascienza. Tra le sue opere piu' importanti c'e' The Book of Magic che ridefinisce i personaggi mistici e magici della Dc Comics che ha lanciato una serie spin off scritta da John Ney Reiber. Il suo ultimo lavoro è 1602 per la Marvel.
I fumetti di The Sandman, e gran parte di quelli di Gaiman, sono editi, in Italia dalla Magic Press, che ha anche edito una delle sue opere preferite: Mr. Punch, realizzata con Dave McKean. Da ricordare anche il suo ciclo di Miracleman (17-24) pubblicato dalla Eclipse di cui rimangono inediti gli ultimi numeri che Gaiman vorrebbe far pubblicare.
Gaiman ha scritto anche romanzi, sceneggiature televisive, favole e storie per l'infanzia (da segnalare I Lupi nei Muri, recentemente pubblicato anche in Italia), drammi radiofonici e testi per canzoni.
STARDUST
etc.
Oltre a Johannes Alberic e a Meggot c'erano altri cinque membri dell'equipaggio, un gruppetto eterogeneo apparentemente felice di ascoltare il capitano che parlava, cosa che faceva tenendo il boccale di birra in una mano, mentre con l'altra si occupava della pipa e del cibo, il capitano tirava boccate dalla pipa. I suoi abiti erano coperti da una sottile coltre di cenere, e quando non fumava masticava il bocchino, oppure svuotava il camino della pipa con uno strumento di metallo appuntito, o la caricava con altro tabacco.
Tristran lo guardò fisso. — Conoscete un omino peloso, con un cappello e un'enorme valigia piena di cose?
Il capitano batté la pipa sul parapetto. Con un gesto della mano aveva già cancellato la figura del castello.
Ci era già stata una volta, lassù, con la sua vera madre che stava facendo una colletta di beneficenza. Erano rimaste ferme sulla porta aperta, in attesa che il vecchio pazzo dai grossi baffi trovasse la busta che la madre di Coraline gli aveva lasciato, e l'appartamento puzzava di cibi strani e di tabacco da pipa e di qualcosa di penetrante e formaggioso a cui lei non sapeva dare un nome. Non aveva voluto spingersi oltre la soglia.
Secondo, si sarebbe asciugato, e poi avrebbe infilato l'accappatoio. Forse anche un paio di pantofole. L'idea delle pantofole gli piaceva. Se fosse stato un fumatore a quel punto avrebbe acceso la pipa, ma non fumava.
PETER HØEG
Considerato uno dei romanzieri contemporanei più popolari della Danimarca, ha conseguito un master in letteratura presso l'Università di Copenhagen nel 1984. Prima di dedicarsi completamente alla Letteratura, ha svolto i mestieri più disparati: ha avuto esperienze di balletto classico, ha fatto l'attore e l'insegnante di drammaturgia, ha fatto parte di un gruppo di diportisti ed è stato campione di scherma; ha trascorso parecchio tempo in Africa ed ai Caraibi. Ultimamente ha fondato un'associazione per aiutare i bambini e le donne dei paesi del Terzo Mondo, la "Lolwe Foundation", alla quale ha assegnato tutti i profitti derivati dalle vendite del romanzo "La donna e la scimmia". Peter Høeg è un personaggio schivo che non ama la pubblicità e non ama viaggiare; vive a Copenhagen, in un piccolo appartamento, con la moglie e due figlie. Per un periodo della sua vita ha anche lavorato come marinaio dove ha imparato "la via della pipa".
IL SENSO DI SMILLA PER LA NEVE
Guarda oltre il tetto. Non ha tic, né l'abitudine di lisciare il cappello o di accendersi la pipa o di cambiare piede d'appoggio. Non tira fuori nessun blocchetto. È solo un uomo molto piccolo che ascolta e riflette a fondo.
«Interessante» dice infine. «Ma anche un po'... campato in aria. Sarebbe difficile convincere un profano. Difficile costruirci sopra qualcosa.»
Ha ragione. Leggere la neve è come ascoltare la musica. Descrivere ciò che si è letto è come spiegare la musica per iscritto.
Mia madre fumava una pipa fatta con il vecchio involucro di una cartuccia. Non diceva mai una menzogna. Ma se c'era una verità che voleva nascondere svuotava la pipa, si metteva in bocca la raschiatura, diceva mamartoq, "meraviglioso", dopodiché faceva finta di non poter parlare. Anche tacere è un'arte.
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Aqualong
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Risposta #119 il:
28 Maggio 2006, 00:31:14 »
Hawthorne Nathaniel
Nato a Salem [Massachusetts] nel 1804, discendeva da un'antica famiglia puritana, che era stata protagonista nel XVII secolo della storia del New England: John, figlio del capostipite William, fu giudice nei processi alle streghe.Nei romanzi, che Hawthorne definì «romances» perché situati al confine tra reale e irreale, potenti proiezioni nel fantastico di eventi di ordine morale, metafisico, psichico, la storia passata o contemporanea fornisce scenari al confronto tra individuo e comunità, natura e cultura, tempo della colpa e tempo dell'espiazione.
Racconti Raccontati Due Volte
Un giovane venditore ambulante di tabacco era in viaggio da Morristown, dove aveva fatto molti affari col diacono dell'insediamento degli Shaker, verso il villaggio di Parker's Falls, sul fiume Salmon. Aveva un bel carretto verde, dov'era dipinta su ambedue le fiancate una scatola di sigari e l'immagine di un capo indiano sul retro, con la pipa in mano e una pianticella dorata di tabacco. Il venditore lo faceva trainare da una piccola giumenta, ed era un giovane di ottimo carattere, dotato di senso degli affari, ma nondimeno apprezzato dagli Yankee che, a quanto dicono, preferiscono essere rasati con una lama affilata piuttosto che con una smussata. Era benvoluto soprattutto dalle graziose fanciulle del Connecticut, di cui era solito accattivarsi i favori con doni del miglior tabacco da fumo della sua scorta, ben sapendo che le ragazze di campagna del New England sono in generale esperte fumatrici di pipa. E poi, come si vedrà nel corso del mio racconto, il venditore era un giovane curioso e un po' chiacchierone, sempre attento ad ascoltare le novità e impaziente di riferirle.
Raccontando queste notizie a beneficio del pubblico, e occupandosi nel frattempo dei propri affari, Dominicus perse tanto tempo, strada facendo, che decise di fermarsi in una taverna a circa cinque miglia da Parker's Falls. Dopo cena, acceso uno dei suoi sigari migliori, andò a sedersi nella sala del bar e anche lì riferì la storia dell'omicidio, divenuta ormai così corposa che impiegò una mezz'ora a raccontarla. Erano una ventina gli avventori del locale, e diciannove di loro la ascoltarono come vangelo. Il ventesimo era invece un anziano contadino, arrivato a cavallo poco tempo prima, che stava seduto in un angolo fumando la sua pipa. Una volta terminato il racconto, si alzò lentamente dal tavolo, portò la sua sedia davanti a Dominicus e lo guardò in faccia, alitandogli una zaffata del più pestilenziale tabacco che il venditore avesse mai annusato.
Era un uomo basso, fatticcio, piuttosto anziano, vestito d'un cappotto di taglio quasi militare; il cappello dalla falda alzata, secondo la moda di allora, piuttosto usato, di cui un'areola era d'aspetto più nuovo, essendone stata da poco strappata una coccarda; aveva in mano una pipa tedesca ben annerita e, camminando, se la recava alle labbra, emettendo volute di fumo, spargendo nel gradevole ponentino la fragranza d'un ottimo tabacco di Virginia. Avanzava con tutta lentezza .Lo straniero fissò Settimio intensamente, rivolse un saluto con noncuranza, alzando la mano e si tolse la pipa di bocca.
«Il signor Settimio Felton, immagino» disse.
«Questo è il mio nome» rispose Settimio.
«No» disse Settimio bruscamente, sospettando che questo bizzarro dottor Portsoaken non fosse del tutto sincero, e che lo stesse canzonando: «Siete stato male informato. Non so niente che valga la pena di conoscere».
«Olà!» disse il dottore, facendo una gran fumata con la pipa. «Se ne siete convinto davvero, siete uno degli uomini più saggi che io abbia incontrato, nonostante l'età giovanile. Avevo due volte la vostra età allorché giunsi a codesto punto, e ancora adesso mi capita a volte d'essere così sciocco da mettere in dubbio l'unica cosa che abbia mai saputo con tutta certezza. Ma suvvia, mi invogliate tanto più a discorrere con voi. Se sommiamo le nostre due manchevolezze chissà che non formino una positiva conoscenza».
Così dicendo, zia Keziah prese un altro sorso dell'amato liquore, dopo aver vanamente invitato Settimio ad imitarla; poi, accesa la sua vecchia pipa di coccio, sedette nell'angolo del camino meditando, sognando, brontolando pie preghiere e giaculatorie e di tanto in tanto sbirciando su per la vasta cappa: e forse pensava quale delizia doveva essere, nei vecchi tempi, volarsene su per quella cappa, facendo un'escursione a mezzanotte nella foresta dove s'incontravano l'Uomo Nero .
Avvenne intorno a questo tempo che la povera zia Keziah, nonostante l'uso costante dell'amara sua mistura, stesse assai male di salute. Era d'uno sgradevole colore giallo, aveva gli occhi iniettati di sangue, si lamentava atrocemente di dolori interni. Nel muoversi era scossa da un sobbalzo reumatico e la si udiva borbottare che avrebbe voluto avere un manico di scopa per volarvi sopra, e si fasciava la testa con una tovaglia o con quel che sembrava una tovaglia, standosene seduta in cucina accanto al fuoco perfino nei giorni caldi, tutta curva, china come se volesse assorbirne la vampa nel suo povero vecchio cuore o stomaco intirizzito, con un rantolo dispettoso e risentito a ogni respiro, come lottando con le sue infermità; e continuamente fumava la pipa, come espellendo il soffio del suo male visibilmente in quel tanfo; e talvolta borbottava una preghierina, ma sempre la malvagità, l'amarezza, l'acredine.
«Setti caro, sento una gran pace e non credo che ci sarà motivo di turbamento per me nell'altro mondo. Non sarà certo tutto un lavoro domestico e un tenersi a posto e un fare come fanno gli altri. Immagino che non dovrò montare a cavallo d'un manico di scopa, lassù; questo sarebbe male in qualsiasi genere di mondo, ma ci saranno certo dei boschi dove passeggiare e una pipa con cui aspirare l'aria del paradiso e alberi nei quali stormirà il vento e che si potranno odorare, tutte cose naturali e felici; e poi spero di vederci anche te un giorno.
Non ne parlavano con gran rispetto, temo, né con gran dolore, né con la persuasione che la comunità soffrisse una gran perdita a causa della scomparsa di lei che era, a parere loro, una vecchia zitella beona, fumatrice di pipa, bisbetica e, secondo taluni, strega e, comunque, con troppo sangue indiano nelle vene per essere una qualcosa di buono.
«Non starà mai a paro con la zia Keziah nel preparare le cure d'erbe» disse una vecchia che fumava la pipa in un angolo, «anche se diventerà, credo, un buon medico. Povera Kezzy, dopo tutto, prese un goccio di troppo della sua mistura. Glielo dicevo io che sarebbe andata così, perché noi si era abbastanza buone amiche, prima che si facesse sentire in lei così fortemente la sua parte indiana; l'indigena e la strega le aveva tutt'e due nel sangue, povera vecchia Kezzy!».
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