Autore Topic: Autori con la pipa in bocca  (Letto 364651 volte)

Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #150 il: 16 Luglio 2006, 23:35:18 »
Terry Pratchett
Fisico giornalista addetto all'ufficio stampa per la Central Electricity Generating Board, con responsabilità per varie centrali nucleari

Nel 1987 si dedica a tempo pieno alla scrittura e lascia le centrali nucleari (dichiarando che su quella esperienza scriverebbe un romanzo, se pensasse che qualcuno gli crederebbe). Negli anni Novanta i suoi romanzi riscuotono un grandissimo successo, conquistando spesso il primo posto nelle classifiche di vendita degli hardcover e dei paperback. Dalla fine degli anni Novanta i suoi libri vendono complessivamente oltre un milione di copie l'anno.

È stato insignito del titolo di Ufficiale dell'Order of the British Empire (OBE) nel 1998 per servizi alla letteratura. Nel 1999 gli è stato conferito il dottorato honoris causa in Lettere dall'Università di Warwick.




L'Apprendista

Il Curry Gardens, che si trovava all'angolo fra la Via di Dio e il Vi­colo Insanguinato, era molto affollato, ma soltanto con la crema del­la società... almeno con quelle persone che si trovano a galleggiare sulla cresta dell'onda e che, di conseguenza, è estremamente saggio definire "crema". Cespugli profumati piantati fra i tavoli riuscivano quasi a nascondere l'odore di base della città stessa, che poteva esse­re paragonato al corrispettivo olfattivo di una fogna.
Morty mangiò come un lupo, tenne tuttavia a freno la propria cu­riosità e non si mise a osservare come potesse la Morte mangiare an­che un solo boccone. Inizialmente il cibo si trovava lì e alla fine non c'era più, quindi doveva evidentemente essere successo qualche cosa nel frattempo. Morty ebbe la sensazione che la Morte non fosse ef­fettivamente abituata a tutto questo ma che lo stesse facendo per mettere lui a suo agio, come uno zio scapolo un po' avanti negli anni che si trova a trascorrere una vacanza con un nipote ed è terrorizzato all'idea di fare qualcosa di sbagliato.
Gli altri commensali non li degnarono di grande attenzione, nem­meno quando la Morte si appoggiò all'indietro e si accese una bellis­sima pipa. È richiesto un certo sforzo per riuscire ad ignorare uno che emette fumo dalle orbite degli occhi, ma tutti ci riuscirono alla perfezione.
«È una magia?» chiese Morty.
«CHE INTENDI DIRE?» disse la Morte. «SE SONO DAVVERO QUI, RAGAZZO?»
«Sì» disse lentamente Morty. «Io... io ho osservato le altre persone. La guardano ma non la vedono, penso. Lei fa forse qualco­sa alle loro menti?»
La Morte scosse la testa.
«FANNO TUTTO DA SOLI» disse. «NON C'È ALCUNA MAGIA. LE PERSONE NON POSSONO VEDERMI, NON PERMETTEREBBERO MAI A SE STESSE DI FARLO. FINCHÉ NON È ARRIVATO IL LORO MOMEN­TO, OVVIAMENTE. I MAGHI MI POSSONO VEDERE E ANCHE I GATTI. MA L'UOMO MEDIO... NO, MAI.» Sbuffò un anello di fumo verso il cielo e aggiunse «STRANO MA VERO.»
Morty osservò il cerchio di fumo ondeggiare nell'aria e poi venire sospinto verso il fiume.


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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #151 il: 17 Luglio 2006, 23:54:44 »
Anche quì se non siamo al "top" vul dire che lo abbiamo superato.

Robert Bloch 1917 -1994

Nasce letterariamente sulle pagine della mitica rivista Weird Tales, nel lontano1935
Tra la vasta produzione letteraria spicca Psycho, un romanzo che deve anche la sua fama alla riduzione cinematografica di Alfred Hitchcock. Il maremoto provocato dal film di Alfred Hitchcock trasporta direttamente Bob tra le braccia tentacolari di Hollywood.Il coronamento della sua carriera di scrittore lo ottenne nel 1959 quando gli venne attribuito il Premio Hugo, per il racconto Un Treno per l’inferno.
Scrittore molto prolifico. Nella sua lunga attività di autore di storie fantastiche ha publicato centinaia e centinaia di racconti  e molti volumi, a partire dal primo, famoso Pleasant Dreams (1960), raccolta pubblicata dalla Arkham House e ancora parzialmente inedita in Italia. più di 220 racconti editi in oltre due dozzine di raccolte, ventiquattro romanzi, sceneggiature per una dozzina di film e tante puntate di serials.

"Robert Bloch ama dire che egli ha un cuore di fanciullo..... forse conservato nell’alcool sopra la scrivania.."
I.Asimov


La Sciarpa

Feci la conoscenza di Stephen Hollis il pomeriggio seguente. Era un pezzo d'uomo alto, con il vestito di tweed e una pipa infilata in mezzo a un sorriso compiaciu­to. Disse poche parole di cortesia su com'era contento che fossimo insieme in quell'impresa eccetera, ma non mi lasciai impressionare e non feci nessuno sforzo per im­pressionarlo.
Doveva andar bene, stavolta. Doveva: solo così sarei riuscito a dimenticare Hazel. Nessuno aveva il diritto di ridere di me, che fossero editori con la pipa, agenti che masticavano sigarette o ragazze che masticavano il po­steriore delle matite. Gli appunti di Kleeman mi aiutarono a imparare qualche trucco, ma fu soprattutto la disperazio­ne ad aiutarmi. È l'unica spiegazione che riesco a darmi.

Ha letto Un penny per quello che pensate, vero?»
«Oh, lei è quel Ruppert!» Ero effettivamente sorpreso. Il libro era stato un piccolo bestseller della passata stagio­ne e, a pensarci, l'aveva pubblicato Hollis.
«Sì, sono il colpevole» rispose Ruppert, giocherellan­do con una pipa.

«Se stai cercando un modo delicato per dirmi che è una schifezza non prenderti il disturbo» dissi.
Ruppert rise e riempì la pipa con estrema cura, come se usasse oppio.
«Sei un po' sulla difensiva o sbaglio?»
«Brillante analisi, dottore. Ma dopotutto quel libro è il mio primo bebè. Sarà un bastardino ma gli voglio bene.»
Rise di nuovo, ma la pipa fra le labbra guastò l'effetto.
Puntò su di me il cannello della pipa.
«Tu conosci a fondo le donne, vero, Dan?»
«Ho più di ventun anni, se è quello che vuoi dire.»
«Non è quello che voglio dire e lo sai. Seriamente, Dan: tu parli delle donne con obbiettività, e questa è una cosa rara nella narrativa contemporanea.
Non cercava di imbonirmi, sentivo che era sincero. Forse nel suo campo non era uno stupido e nel mio caso aveva colto nel segno... Comunque avevo bevuto molto Scotch e mi si sciolse la lingua.
«Si tratta di questo, Jeff: io ci campo, sulle donne.»
Lui sorrise e tirò una pipata.

Lo stereo suonava Stravinsky e qualcuno rideva. Sembrava il rumore di un'unghia che strappa un lenzuolo. La conversazione rimbalzava dalle piastrelle su di me, ma Ruppert ricaricò la pipa e continuai.

«Anzi, è per questo che sono qui. Mi serve il tuo acu­me.»
«Come posso aiutarti?» Sedette su una poltrona di cuoio. A me toccò il divano. «Sigaretta?»
«Grazie.» Poi cominciò a scavare nella pipa come un idraulico non iscritto ai sindacati.

«Mi rendo conto che la faccenda è delicata. C'è il segreto pro­fessionale, e poi è stata tua moglie e adesso...»
«È la tua amante.» Annuì di nuovo e una scintilla cad­de dalla pipa. «No, non devi preoccuparti di questo. I tuoi guai comincerebbero se non fosse così.» Schiacciò la scintilla sotto il piede. «Alludevo a questo quando ho detto che avrebbe tentato di ucciderti. Se avessi resistito alle sue... avances.»
Mi girai di scatto ma Ruppert era intento a trafficare con la pipa e non riuscii a vedere la sua faccia.

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« Risposta #152 il: 06 Agosto 2006, 00:07:12 »
Emilio Praga 1839- 1863

Ebbe vita breve e burrascosa,  prima sotto il segno di :   Bacco Tabacco e Venere. Per poi convertirsi a  Oppio ,Laudano e Assenzio

Le condizioni agiate della sua famiglia gli permisero di compiere numerosi viaggi in Europa tra il 1857 e il 1859 durante i quali trascorse lunghi periodi a Parigi e si dedicò allo studio di Baudelaire, Hugo, De Musset, Heine.
Tornato a Milano cominciò a frequentare gli ambienti della Scapigliatura, divenendone uno dei maggiori esponenti.
Molto famoso anche come pittore e scrittore di libretti d'opera.


AL MIO EREDE

Io son povero al par di un fraticello;
ma tu sei vispo, rubicondo e bello,
l'avvenire tu sei,
l'ultima legge ormai dei giorni miei.

Ti lascio, amico mio, molte sciagure
di cui farai tesoro:
esse valgono - sai? - nell'ore oscure
oh! molto più dell'oro!

Ti lascio i sogni e le illusïoni,
mille imagini gaie, e le canzoni
che leggerai pensando
di chi visse di te, mio venerando.

Mio bel vecchietto dalle chiome bionde,
che già osservi e già pensi,
cui non giunsero ancor lemuri immonde
dall'anima nei sensi!

Ti lascio il meglio che mi resta ancora:
il pio desir di una celeste aurora,
dei pedanti il disprezzo,
e la manìa di cercar perle al lezzo.

Ti lascio - forse - alcune avite botti,
il vecchio Dante onde al cielo si arripa,
e, ausigliatrice di non vacue notti,
una eccellente pipa!

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« Risposta #153 il: 06 Agosto 2006, 12:16:44 »
Ross MacDonald - 1915  1983

E' lo pseudonimo dello scrittore Canadese-Americano Kennetch Millar.
Nato a Los Gatos, California, vicino a San Jose. ha sposato Margaret Sturm nel 1938.
Cominciò la sua carriera scrivendo per riviste Pulp.
Mentre studiava all'università del Michigan, completò il suo primo romanzo, The dark storm, nel 1944.
A quel tempo scriveva con il nome John Macdonald, per evitare la confusione con sua moglie, che stava ottenendo il proprio successo con il nome Margaret Millar.
Dai suoi libri sono stati tratti alcuni films di successo interpretati Paul Newman:
Detective Story,Dalla Terrazza etc.
Si ignora cosa fumasse nella pipa,alcuni dicono sbriciolasse flake insieme a cordite.

Il Vortice

A Las Vegas rintracciai l'indirizzo che cercavo, una casupola a due piani, con una scaletta esterna di le­gno. Un vecchio se ne stava seduto in cucina con la pipa in bocca.
Gli chiesi dove abitasse la signora Schneider.
«Abita proprio qui» bofonchiò.
«È in casa, adesso?»
Si tolse di bocca la pipa vuota e sputò sul pavi­mento di cemento.
«Come faccio a saperlo? Non mi occupo degli an­dirivieni delle donne, io.»
Gli misi sulle ginocchia ossute una moneta da mez­zo dollaro. «Si compri un pacchetto di tabacco.»
La prese imbronciato e la mise nel taschino del panciotto. «È suo marito che la manda? Per lo me­no lei dice che è il marito, ma a me sembra più una magnaccia. Comunque non ha fortuna, caro il mio uomo. È uscita.»

Sentii il colpo di pistola echeggiare dall'altra parte. Quando raggiunsi il colonnello, lo trovai con l'arma ancora in bocca. Era come se si fosse addormentato fumando quella pipa di forma stra­vagante.


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« Risposta #154 il: 08 Agosto 2006, 00:10:58 »
Alce Nero

nato tra il 1860 e il 1865 ed era stato testimone di molti dei più importanti eventi
che caratterizzarono la fine delle nazioni indiane e l’avvento del periodo delle riserve: aveva
cacciato i bisonti con il suo popolo prima che essi scomparissero a causa dell’uomo bianco, ed
aveva combattuto sul Little Big Horn e sul torrente Kwonded Knee; era cugino del grande caposacerdote Cavallo Pazzo

Estratto da "La sacra Pipa"

Quando si prega con la Pipa si prega  per e con ogni cosa e
ogni azione che si compie: “ogni alba che spunta è un sacro evento, e ogni giorno è sacro perché la
luce viene da vostro Padre Wakan-Tanka”; e tutto ciò che è sulla Terra, “gli esseri a due gambe e
tutti gli altri popoli che sono su questa Terra sono sacri.

La Pipa
quando viene riempita con il Kinnikinnik, una mistura rituale di tabacco e di scorza di ontano
rosso e corniolo rosso, rappresenta  l’intero universo: tutto lo spazio e
tutte le cose si concentrano in un unico punto il fornello, il cuore della pipa, tanto che essa è
anche l’uomo: colui che carica la Pipa si identifica con essa, stabilendo il centro dell’Universo ed il suo proprio.
Nel rituale della Pipa si distinguano tre fasi: la purificazione con il fumo di un’erba sacra;
l’espansione della pipa, per cui essa viene a contenere l’intero universo; l’identità, ossia il sacrificio dell’intero universo nel fuoco.

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« Risposta #155 il: 21 Agosto 2006, 11:21:20 »
enzo ti segnalo E.M. Forster (autore di "camera con vista" e "casa howard") in "il viaggio più lungo", capp. 27, 28 e 30.

La pipa si accoppia al carattere del personaggio Stephen Wonham, coprotagonista.

Se lo trovi scaricalo, ne vale la pena.
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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« Risposta #156 il: 07 Ottobre 2006, 17:49:57 »
Dico, Enzo Ti sei fermato?

Protesto vibratamente!!! :lol:
"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.

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« Risposta #157 il: 08 Ottobre 2006, 17:06:50 »
Ken Follett

Sebbene, a mio avviso, non abbia scritto nulla di particolarmente interessante dopo "I pilastri della terra", in un suo romanzo intitolato "Un luogo chiamato libertà", il quale, a onor del vero, non sfigurerebbe minimamente nella collezione Harmony, narra di vicende che si svolgono in una piantagione di tabacco sul finire del '700. Interessante la breve digressione sulla necessità di approntare terreni sempre nuovi per la coltivazione del tabacco, mediante disboscamento, non essendo sufficiente la concimatura. Passi interessanti e, si spera, aderenti alla realtà.
Saluti

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« Risposta #158 il: 08 Ottobre 2006, 22:59:11 »
Dopo una così accorata richiesta,cerco e trovo qualcosa. :D  8)

Ken Follett

Nato a Cardif nel 1949,scrittore molto prolifico,da buon gallese fuma pipe inglesi,ma predilige tabacchi italiani,soprattutto Cellini bianco.

Un Luogo Chiamato Libertà

«Per me, i virginiani sono anche peggio» disse Drome. «I piantatori di tabacco non pagano mai i debiti.»
«Come se non lo sapessi!» esclamò Sir George. «A me è appena capitato: un piantatore non ha pagato e mi ha la­sciato in mano una piantagione fallita. Un posto che si chiama Mockjack Hall.»
Un servitore arrivò con una bottiglia di porto, una sca­tola di tabacco e un assortimento di pipe di coccio. Il gio­vane ecclesiastico ne riempì una e disse: «Lady Jamisson è una gran bella donna, Sir George, se mi è permesso dirlo. Davvero una gran bella donna».

L'ecclesiastico accese la pipa, aspirò il fumo e cominciò a tossire. Era evidente che non aveva mai fumato in vita sua. Con le lacrime agli occhi boccheggiò, sputacchiò e tossì di nuovo. I colpi di tosse lo squassarono al punto che la parrucca e gli occhiali caddero... e Jay si accorse subito che non era affatto un ecclesiastico.

Mack e Dermot furono i primi ad arrivare. Trovarono Peg seduta al bar con le gambe incrociate sotto di sé. Fu­mava tabacco della Virginia in una pipa di coccio.

Quando ebbero terminato, il servitore di Gordonson sparecchiò e portò pipe e tabacco. Gordonson prese una pipa, e anche Peg, che aveva quel vizio da adulta.
Poi l'avvocato cominciò dal caso di Peg e Cora. «Ho par­lato col legale della famiglia Jamisson dell'accusa di bor­seggio» disse. «Sir George manterrà la promessa e chiederà clemenza per Peg.»
«Mi sorprende» commentò Mack. «I Jamisson non han­no l'abitudine di mantenere la parola.»

Uomini e donne erano al lavoro in tutti i campi, strappavano le erbacce tra i filari e toglieva­no i vermi dalle foglie del tabacco.

Camminarono per due o tre chilometri fra i campi fin dove c'era il tabacco pronto per il raccolto. Le piante cre­scevano in filari regolari distanti quasi un metro l'uno dall'altro e lunghi circa trecento metri. Erano alte più o meno quanto Mack, e ognuna aveva almeno una dozzina di grandi foglie verdi.
I braccianti ricevettero gli ordini da Bill Sowerby e Ko­be, e furono divisi in tre gruppi. Al primo furono distribuiti coltelli affilati per tagliare le piante mature. Il secon­do andò in un campo che era stato tagliato il giorno pri­ma. Le piante erano a terra e le grandi foglie erano avviz­zite dopo essere rimaste al sole per un giorno. Ai nuovi arrivati fu mostrato come incidere gli steli delle piante ta­gliate per infilzarle su lunghe aste di legno. Mack era nel terzo gruppo, che aveva il compito di portare le aste cari­che attraverso i campi fino all'essiccatoio, dove venivano appese al soffitto perché il tabacco si conciasse all'aria.
Poi sarebbero state legate di nuovo insieme, coperte con teli e lasciate a "sudare".

La raccolta del tabacco era terminata, ma la lavorazione del raccolto era ancora impegnativa: bisognava togliere gli steli e le nervature e pressare le foglie prima di poterle chiudere nei barili detti "musi di porco" per il viaggio fi­no a Londra o a Glasgow.

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Offline PaperoFumoso

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« Risposta #159 il: 09 Ottobre 2006, 19:42:34 »
Citazione da: "Aqualong"
Dopo una così accorata richiesta,cerco e trovo qualcosa. :D  8)

Ken Follett

Nato a Cardif nel 1949,scrittore molto prolifico,da buon gallese fuma pipe inglesi,ma predilige tabacchi italiani,soprattutto Cellini bianco.



Questo Follett mi ricorda qualcuno... ah, sì! Adesso rimembro! C'era un tizio qui su RTP, anni fa, che andava matto per il Cellini Bianco... sì, sì, lo ricordo bene... Ho dimenticato purtroppo il nick, adesso non mi sovviene.

Un tipo indubbiamente losco, a mio parere da evitare  8) .
Saluti

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« Risposta #160 il: 09 Ottobre 2006, 20:00:03 »
E adesso non c'è più?
Peccato! Avrei un meraviglioso "nougat" da fargli assaggiare!
Bernardo
Amplius invenies in sylvis quam in scriptis

Offline Aqualong

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« Risposta #161 il: 09 Ottobre 2006, 21:48:48 »
E poi il Grousemoor,che sicuramente gli piace.
 8)  :D
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Offline Aqualong

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« Risposta #162 il: 09 Ottobre 2006, 22:49:23 »
Swann Leonie
 
è nata nel 1975 nei pressi di Monaco di Baviera. Ha studiato filosofia, psicologia e letteratura inglese a Monaco e a Berlino. Glennkill è il suo primo romanzo. L’idea di un romanzo giallo, in cui il detective fosse una pecora, le è venuta a Parigi,forse non fuma a pipa,non si può mai sapere,ma nel suo best seller pecorine e pipe sono un'accoppiata perfetta


Glennkill

Il primo giallo risolto da Miss Maple, la pecora più intelligente del gregge, forse del villaggio, probabilmente del mondo


Lentamente si stava
facendo sera. George era seduto sui gradini del capanno e fumava la pipa.
Senza che lui li notasse, due turisti stavano passando sulla spiaggia,
gemendo sotto il peso di zaini giganteschi.

Verso mezzogiorno, Gabriel aveva finito con la recinzione. Si sedette sui
gradini del capanno, là dove si sedeva sempre George, e si mise a fumare
la pipa. Il fine odore di tabacco penetrò in modo strano nel naso delle
pecore. Un odore misterioso. Dietro il velo di fumo si nascondeva il vero
Gabriel, in un luogo in cui nessuna pecora riusciva a fiutarlo. Persino
Maude dovette ammettere che anche lei riusciva a distinguere ben poco di
Gabriel, sotto la sua lana di pecora e il tabacco.

Mentre pecore coraggiose come Othello, Cloud e Zora si avvicinarono
trotterellando.
"Josh," disse Gabriel senza togliersi la pipa dalla bocca. I suoi occhi
 fissarono il secco. Le pecore sapevano come si dovesse sentire
quest'ultimo. Lusingato in volto e un po' debole nelle ginocchia.
Il secco si rovistò nervosamente nella tasca della giacca. Trovò una
chiave e la porse con rispetto a Gabriel.

Le pecore lo capivano. Era semplicemente
una gioia fare un piacere a Gabriel.
"Gabriel?" Josh aveva fatto per andare, ma si voltò ancora una volta.
Gabriel spostò la pipa dall'angolo destro a quello sinistro della bocca e
guardò Josh in modo interrogativo.
"Certo che sei stato davvero bravo." Josh fece un ampio movimento con
la mano, che comprendeva Gabriel, il capanno, le pecore e tutto il pascolo,
e che si chiudeva in un solo punto.

Quella mattina Gabriel fece di nuovo la sua comparsa al pascolo -
prestissimo, molto prima dell'ora in cui George fosse mai arrivato. Senza il
bastone da pastore. Senza cani. Addirittura senza cappello. Ma con la pipa
all'angolo della bocca. E una scala. Le pecore erano orgogliose di essere
già al lavoro. Gabriel avrebbe certo notato che fra di loro non c'erano fannullone.

"Ecco che cos'è, tu hai paura. Di loro. Della mafia della droga. Se
riescono a non far perquisire il capanno dalla polizia, allora dev'essere una
cosa grossa. Quindi è vero che..."
"Io non ho paura," disse Gabriel. Mentiva. Fili di paura trovarono la
strada verso l'esterno persino attraverso il suo manto di lana di pecora,
completamente impregnato di fumo di pipa.

"Te ne intendi proprio tu," disse l'uomo, "di bestie. Meglio di me con le
serrature." Gabriel gli gettò uno sguardo ostile.
A un certo punto Gabriel fu soddisfatto dell'opera di distruzione. Si
infilò un unico filo d'erba fra i denti, là dove di solito teneva la pipa, e si
avviò al capanno per prendere la carriola. Eddie era ancora seduto sui
gradini del capanno. Aveva finito di mangiare il suo panino da un pezzo.
Gabriel non gli prestò attenzione. Portò l'erba alle sue pecore e la gettò
oltre il recinto. Le pecore di Gabriel avevano intonato di nuovo i loro
belati - "Cibo!" - belando a lungo, fino a quando anche l'ultima di loro non
riuscì a infilare il naso nell'erba morta.

Osservarono Gabriel, il quale, saldamente piantato, proprio come un
pino, se ne stava appollaiato sui gradini avvolto dal fumo della pipa.
Impensabile che una pecora - e nemmeno un gregge intero - potesse fare
qualcosa in proposito.
"Paura," disse Zora. "Gli dobbiamo fare paura."
Pensarono a che cosa facesse paura a loro: i cani grossi, le auto
rumorose, la pomata che bruciava, l'odore degli animali feroci. Ma niente
di tutto questo sembrava adatto a scacciare Gabriel.

Zora pensò a quello che aveva detto l'uomo con gli occhiali.
Specialità ovine. Pensò al montone sconosciuto. Perché tutta la carne era
come erba. La pascolavano come l'erba. Per questo avevano riso. Per
questo c'era il macellaio. Zora vide da tutti i volti che volevano vincere
delle specialità ovine. Un abisso che era sempre stato lì, dritto davanti a
lei, e che lei finora non conosceva. I gabbiani tacevano. Per la prima volta
nella sua vita Zora ebbe le vertigini.
Confusa, sbirciò in tutte le direzioni. Poi, all'improvviso, a pochi passi
da lei si alzò una piccola pecora nuvola, perfetta. Era uscita dalla pipa di
un uomo giovane in seconda fila. Zora chiaramente sapeva che non si
trattava davvero di una pecora nuvola. Ma quella nuvola le ricordò per
quale motivo esistesse l'abisso: l'abisso c'era per essere superato. Con
passo sicuro si arrampicò sulla tribuna dietro a Othello. Oggi Zora era il
pastore.

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« Risposta #163 il: 10 Ottobre 2006, 00:10:41 »
E non poteva mancare....

Pennac Daniel

nato a Casablanca nel 1944 già insegnante di lettere in un liceo parigino, dopo un'infanzia vissuta in giro per il mondo, tra l'Africa, l'Europa e l'Asia, si è definitivamente stabilito a Parigi. Accanto all'attività di scrittore si dedica all'insegnamento ai ragazzi difficili. Quando comincia a scrivere scopre una particolare propensione per storie comiche, surreali ma ben radicate nelle contraddizioni del nostro tempo. Ha raggiunto il successo dopo i quarant'anni con la tetralogia di Belleville. Quattro romanzi, editi in Italia tra il 1991 e il 1995


Signor Malaussene

I tre uomini erano immersi in un odore di formolo e di pipa fredda. Le parole rimbalzavano sul pavimento e contro le pareti bianche dell'obitorio. Il medico legale Postel-Wagner parlava con prudenza. Un po' come uno che si rivolge a dei bambini prima che accendano la miccia di un candelotto di dinamite.
"E credete davvero che funzionerà?"
Titus e Silistri si scambiarono uno sguardo stanco.
"è un'ipotesi di lavoro, dottore," intervenne il commissario Rabdomant, "una diagnosi."
Il medico legale Postel-Wagner sorrise con gli occhi.
"Se le diagnosi fossero infallibili, gli obitori sarebbero meno pieni, signor commissario."
"E la medicina legale più rapida nelle sue conclusioni," osservò Titus.
Il medico legale si prese il tempo di caricare una pipa di schiuma dal fornelletto enorme. Il fiammifero fece scoppiare un incendio. I tre uomini si persero di vista. Rimaneva solo la voce del medico:
"I morti meritano la nostra pazienza, ispettore. Si trovano un sacco di cose degne di interesse nei loro corpi. Non ci sono solo le indagini di polizia nella vita. Ci sono le indagini vitali".
Quando ebbe cacciato il fumo della pipa con grandi mulinelli, il dottor Postel-Wagner scoprì senza piacere che i suoi interlocutori erano ancora lì.
"Se ho capito bene," riprese, "il corpo del vecchio Beaujeu farebbe la capra e io il paletto, è così?"
Il commissario Rabdomant tossicchi•.
"In un certo senso sì."
"Mi rifiuto."
Silenzio. Fumo.

"Un obitorio non è una stazione di smistamento," obiettò il medico legale Postel-Wagner. "E del resto non capisco cosa la autorizzi a trattare da flippati gli amanti dei tatuaggi," aggiunse sottovoce. "Non è una malattia, che io sappia."
"Chiaro. Ha un tatuaggio sul culo," pensò Titus.
"E io non ho nessun tatuaggio," mormorò il dottore tirando la sua pipa.
Il commissario di divisione Rabdomant riavviò la discussione.

"La ascolto, dottore."
Postel-Wagner dispiegò una lunga carcassa un po' curva, battè‚ la pipa contro il palmo della mano sopra una bacinella di zinco che gli fungeva da portacenere, e propose la soluzione.
Il medico legale riaccese una pipa pensoso. Da lontano, Titus domandò:
"Cosa ci mette, come moschicida, in quella pipa?"
Postel-Wagner dissipò la nube.

Suerte!

Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #164 il: 10 Ottobre 2006, 20:47:43 »
Per coloro che stavano in pensiero eccolo!

Andrea Camilleri

Sin dal 1949 Camilleri lavora come regista e sceneggiatore; in queste vesti ha legato il suo nome ad alcune fra le piu' note produzioni poliziesche della TV italiana, come i telefilm del Tenente Sheridan e del Commissario Maigret, e a diverse messe in scena di opere tetrali, sempre con un occhio di riguardo a Pirandello.
Col passare degli anni ha affiancato a questa attività quella di scrittore; è stato infatti autore di importanti saggi "romanzati" di ambientazione siciliana nati dai suoi personali studi sulla storia dell'isola.
La scrittura prende finalmente il sopravvento al momento dell'abbandono del lavoro come regista/sceneggiatore per sopraggiunti limiti di età (mai pensione fu più opportuna!).
ps.lui può fumare quello che vuole



Il re di Girgenti

Davanti alla porta inserrata ci stava un omo né
vecchio né picciotto assittato supra 'na petra, che si fu-
mava la pipa.
«Bongiorno» fece, aducato, Zosimo.
«Bongiorno» arrispunnì l'altro squatrandolo. «Cir-
cate qualichiduno?»
«Mi dissiro che qua ci abita la vidova Carlino.»
«Pricisamenti. La vidova abita qua. Io sono u maritu.»

«Pirchì ve ne andate?»
«Pirchì mi pari che la signora vidova non è in casa»
fece Zosimo taliando verso la porta inserrata.
«Mia mogliere c'è» disse l'omo. «Solo che per ora è
accupata. Ancora cinco minuti ed è libira.»
Zosimo principiò a sudare. Come avrebbe potuto di-
re alla vidova Carlino che voliva ficcare con lei in pri-
senzia del marito? Tuttu 'nzemmula la porta si raprì e
niscì un viddrano.
«Bongiorno» salutò senza taliare né a Zosimo né al-
l'omo assittato.
«Tocca a voi» fece l'omo con la pipa.

La vidova, una quarantina ruscia-
na, stava acculata in un cato pieno d'acqua e si lavava
in mezzo alle gambe. Era cummigliata a malappena da
un cammisone tutto spirtusato. Quanno finì, si ittò sui
sacchi, isò il cammisone arravugliandolo supra le min-
ne, raprì le gambe.
Zosimo intanto si era sentito passare la gana. Il fat-
to che fora ci stava il marito a fumarisi la pipa mentre
che lui ficcava con la mogliere non gli pareva cosa.


Fu proprio in quel silenzio che per Zosimo il tempu
si fermò. Ogni cosa viventi e no che c'era torno torno
a lui s'apparalizzò, le foglie non si smossero più al vin-
ticeddro della sira che avanzava. Persino una taddra-
rita che stava facenno il suo volo basso e tortuoso s'ar-
restò, le ali spiegate, sospesa in aria come se fosse ad-
disegnata in un quatro. E macari le nuvoli, oramà fer-
me, appartenevano allo stesso quatro. Fofò La Bella era
tanticchia calato verso Tanu Gangarossa e aviva la
vucca aperta come se gli parlasse, ma le labbra non si
cataminavano e non nisciva parola. Non c'era rumore,
nenti, non un sono. Il fumo della pipa di Gegè Co-
sentino era immobili metà fora e metà dintra al fornello.
Il cane, che stava saltando una staccionatella, stava con
le dù zampe di davanti a mezzaria.

L'omo scinnì, attaccò la vestia alla stacciunata,
avanzò fino a mittirisi 'n faccia a Zosimo.
«Mi chiamu Petru Montaperto» disse. «E sono l'aiu-
tanti del Capitano di Giustizia, Gnaziu Tarallo. E vù
siete Zosimo?»
«Sì.»
Montaperto lo taliò a longo, occhi negli occhi. Dop-
po si voltò, s'allontanò di quarchi passo, si misi a os-
servari una speronar a luntana supra il mari.
«Bello» disse.
«Vi posso offriri un vuccali di vinu?» spiò Zosimo.
«Sì, grazii.»
«Accomidatevi, mentri vi lo porto» disse Zosimo in-
dicandogli una panchina di petra allato alla porta.
Quanno tornò con dù vuccali, Zosimo lo trovò as-
sittato che s'era addrumato la pipa. Pariva uno che fa-
civa a modo so nella casa di un vecchiu amicu ch'era
venuto a truvari doppo tempu.



Frammento di intervista  a cammilleri:

A.C. Non c’è un uguale modo di condurre le indagini. C’è questa cosa splendida, nelle inchieste di Maigret, quella che lui si mette dalla parte del morto… lui arriva e si mette proprio disteso accanto al morto a guardare la realtà che lo circonda e da lì parte per le sue inchieste…
P.S. C’è da dire che erano anche tempi televisivi completamente diversi che forse lo permettevano, e per l’attore Cervi, che forse si prendeva poi i suoi tempi appunto teatrali, diluiti. Il suo rapporto con la pipa era fantastico… la tirava fuori, la nascondeva, la caricava…
A.C. …la caricava…
P.S. …la guardava, la lucidava…
A.C. …se la portava a letto…
P.S. …la nascondeva…
A.C. I tempi di Maigret sono tempi quasi cinematografici…

Suerte!