E' un argomento di tale spessore generale che coinvolge tutti,anche un forum di fumatori di pipa. :evil: http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/scuola_e_universita/servizi/riformareggio2/bilancio4anni/bilancio4anni.html
Parlando dell'ateneo che conosco meglio, ovvero quello udinese, porto il nostro esempio regionale che è in completa controtendenza rispetto all'Italia ed a quanto ho letto.Hosell, già rettore dell'università ed oggi sindaco di Udine, ha fatto 3 bilanci di fila in positivo, con avanzi dei soldi messi a disposizione annulamente.I soldi risparmiati sarebbero dovuti servire per finanziare nuove attività universitarie invece Mr Prodi ha deciso che "se i friulani risparmiano" allora "gli mandiamo meno soldi" e così dal 2007 all'ateneo udinese sono stati stanziati meno soldi da spendere.La morale: in Italia se sei un bravo amministratore invece di premiarti ti tolgono il gettito (politica del governo di sinistra questa...).Fortunatamente per noi le grandi aziende friulane che necessitano di ingegneri ad ogni livello e di ogni specializzazione stanno compensando privatamente i minori contributi statali ricevuti. Non so a voi, ma a noi friulani che operiamo localmente nel mondo del lavoro privato ci andrebbe benissimo autofinanziarci sia la ricerca che l'università ovviamente avendone in cambio tutti i benefici fiscali per i contributi dati alle strutture pubbliche regionali. Insomma, privatizzando l'ateneo daremmo la possibilità a questo di crescere realmente invece di vederlo costretto dai continui tagli di bilancio a ridurre le attività nonostante i virtuosismi dimostrati nel recente passato.Specifico anche che l'ateneo udinese nella stragrande maggioranza dei casi non produce laureati a caccia di un posto statale o precari cronici ma laurea annualmente giovani tecnici che vengono assorbiti nell'80% dei casi dalle stesse realtà produttive regionali. Se tanto da tanto, non c'è ragione per cui non privatizzare la stessa università permettendogli di raggiungere i livelli d'eccellenza (e di selezione) di cui abbisognamo per rimanere competitivi con i nostri diretti concorrenti europei. Può apparire tutto "troppo pragmatico" ma così gira il mondo.
Ti rispondo e poi lascio posto agli interventi altrui perché non voglio innescare un batti e ribatti a due; mi era sufficiente far constatare come gli atenei, anche dove gestiti molto bene, siano poi penalizzati dal sistema pubblico assistenziale che parifica tutto e livella (verso il basso) ogni situazione. In effetti hai ragione, gli studenti di filosofia (presi da te ad esempio) non sono appetibili dal mercato del lavoro e pertanto è molto difficile che qualche gruppo privato sia interessato a sponsorizzare quel tipo di corso. Il punto, sencondo me, è avere una direzione e mantenersi coerenti con essa: io interpreto l'università in chiave utilistica per la società e per il mercato del lavoro e quindi trovo corretto che questa istituzione concentri - con il supporto dei capitali privati - le proprie forze sulle facoltà massimamente utili all'economia reale. Guarda caso, queste facoltà specialistiche, sono anche quelle che necessitano più di investimenti in laboratori, ricerca, stumentazioni, ecc...Che lo studio sia un diritto di tutti non lo metto in discussione ma non è un dovere della società mantenere facoltà che producono giovani teste piene di nozioni poco spendibili nel mercato del lavoro. Quindi l'attuale black-out che esiste tra università ed economia del paese lede anzitutto i giovani che continuano a laurearsi in corsi di dubbia spedibilità e le aziende stesse che rimangono monche di specialisti adeguatamente preparati (recuperati poi all'estero). Guardarsi attorno è giusto, e lo faccio: guardo alla crescita logaritmica dell'università slovena (fortemente connessa con le realtà produttive) ed a quella austriaca, a quelle europee, e quel che vedo è che veniamo superati a causa di un lobbysmo statalista che paralizza sia la ricerca sia la normale attività universitaria. Non voglio con questo difendere a spada tratta il "privato" ma sostengo che, ad oggi, in esso si concentra l'unica possibilità per mantenere il passo con il mondo che lavora e produce. Sostengo quindi che, massimizzando, esistano due tipi di università: quella che utilmente produce nuovi occupati specialisti e quella che continua a produrre disoccupati "storici" (in passato assorbiti dall'apparato statale previo pubblico concorso). Per mantenere il secondo tipo penalizziamo il primo e perdiamo competitività con danno globale per tutti. In questo panorama credo quindi che una divisione, o meglio ancora un sistema misto, sia auspicabile.
Funziona così (in Italia impensabile).Tu sei il più povero diplomato del mondo, magari anche straniero, e vieni assunto da una fabbrichetta con il tuo diploma come operaio comune.Se sul lavoro dimostri capacità ed interesse a studiare l'azienda può decidere di investire su di te e quindi c'è questa possibilità: loro ti pagano privatamente i 5 anni di università nella capitale e tu, in cambio, firmi un contratto che ti lega all'azienda nei 5 anni successivi la laurea. 5 anni di studio/lavoro + 5 anni di lavoro. Ovviamente i 5 anni in cui studi il tuo orario di lavoro è part-time (rimani in azienda ma non lavori a tempo pieno, anche per consentirti gli spostamenti per seguire i corsi).Tutta l'università viene pagata dall'azienda e tu, lavorando e studiando con obbligo chiaramente di superare gli esami, ti laurei. Se poi fai il furbo e ti licenzi per venire a lavorare in Italia (stipendio mediamente superiore di un buon 30%) lo Stato interviene a favore dell'azienda e ti costringe ad assumerti i costi sostenuti per farti studiare. Insomma nessuna furbata.Ecco, banalmente, un esempio di come il privato (al 100%) sostiene lo studio e di come un qualsiasi poveretto - ma volenteroso e meritevole - può studiare senza nessun balzello statale a suo carico (nessun balzello... neppure un 5%... chiaro?). A costo zero, anzi nel frattempo ti pagano uno stipendio seppur decurtato di una percentuale (ovvio, lavori meno ore..)Sono davvero tanti i giovani sloveni già padri di famiglia che con questo sistema hanno potuto studiare (certamente con sacrificio) pur vivendo e mantenendosi da soli, anzi, addirittura crescendo nel frattempo i propri figli. Insomma è un mondo "normale" dove a trent'anni lavori, studi e metti le basi per un futuro almeno sereno, se non felice.Contemporaneamente l'azienda si qualifica sempre più attraverso le maestranze e fiscalmente deduce dagli utili tutte le spese sostenute per formare il suo personale. L'università stessa cresce e si specializza parimenti le necessità delle aziende locali e non.Ora, Mattia, tanta fredda pragmaticità.. perché è improponibile in Italia? Perché la Danieli Spa, la Marcegaglia, la Fiat stessa non possono in Italia sostituirsi allo Stato per autoprodursi i laureati di cui necessitano?Perché i sindacati, i docenti, il personale universitario e gli studenti fanno fronte comune contro non UNA ipotesi alternativa ma QUALSIASI ipotesi migliorativa?Bella scoperta.