Autore Topic: Autori con la pipa in bocca  (Letto 364531 volte)

Offline Aqualong

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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #285 il: 27 Aprile 2008, 14:38:57 »
Un altro SH apocrifo,ma con la pipa in bocca
Geoffrey A. Landis

USA, 1955 svolge in primo luogo l’attività di scienziato, e si definisce "scrittore di fantascienza parttime".
Come scienziato è collaboratore dello Ohio Aerospace Institute, in assegnazione ad un centro ricerche della NASA (ha recentemente partecipato alla missione Pathfinder), ha pubblicato più di 150 articoli, in particolare studi sulle celle fotovoltaiche o sull’astronautica (propulsione a razzo o realizzazione di velivoli); è inoltre autore di parecchi articoli divulgativi (alcuni apparsi su Analog) e partecipa regolarmente ai forum scientifici della rivista statunitense Science Fiction Age.
Nel 1990 il suo racconto Increspature nel mare di Dirac ha vinto il Premio Nebula, nel 1992 Una passeggiata al sole si è meritato il Premio Hugo.

LE SINGOLARI ABITUDINI DELLE VESPE

«Oh, Watson, perfino io a volte faccio degli errori. Avrei dovuto telegrafare prima. Il fatto è che il professor Huxley aveva appena lasciato Londra, e non sarebbe tornato prima di una settimana.» Tirò fuori la sua pipa, la esaminò per un momento, poi la mise da parte e suonò il campanello perché la signora Hudson portasse la cena.
Misi a confronto Holmes con i giornali e con i miei sospetti. Avevo sperato, più di quanto speri nel paradiso, che avrebbe respinto le mie conclusioni con il suo riso leggero, beffardo, e mi avrebbe esposto una spiegazione alternativa dei fatti del tutto ovvia. Le mie speranze furono vane. Ascoltò le mie parole con gli occhi quasi chiusi e la pipa di radica, spenta, stretta tra i denti. Alla fine le mie parole si arrestarono contro il suo silenzio di pietra. «Mio Dio, Holmes, ditemi che mi sbaglio! Ditemi che non avete avuto nulla a che fare con quegli omicidi, vi scongiuro.»
«Non posso dir nulla, amico mio.»
Raccolse dal fuoco un pezzo di carbone acceso e lo usò per accendersi la pipa. «Per cominciare, parliamo del cadavere scomparso.» Soffiò nella pipa finché la sua incandescenza non fu simile a quella del fuoco dietro di lui.

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« Risposta #286 il: 30 Aprile 2008, 23:45:28 »
Pipa e imprevisti.....

Stephen Grendon

Famoso sulla mitica WEIRD TALES degli anni d'oro

IL PASSEGGERO IMPREVISTO

Si sentì frustrato, e raddoppiò i suoi sforzi nell'esaminare il suo compagno di viaggio. Alla fine si prese la briga di tirar fuori la pipa, riempirla, e accendere un fiammifero, più per avere l'occasione di osservare l'altro viaggiatore a quella luce precaria, che per accendere la pipa.
Notò allora, per la prima volta, che quel tipo non aveva bagagli di nessun genere. Quindi era ancora più chiaro che doveva essere capitato nel suo scompartimento per sbaglio. Le scarpe erano effettivamente scarpe da contadino. Ricoperte di argilla e di fango. E le mani erano nelle stesse condizioni. Un uomo davvero rozzo.
Ma era poi fango?
Il fiammifero si spense.
Mr. Arodias aveva paura di accenderne un altro. Per un terribile momento ciò che ricopriva le mani del suo compagno di viaggio e le scarpe gli era sembrato sangue!

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« Risposta #287 il: 30 Aprile 2008, 23:47:14 »
Dopo la grande "Fattoria degli Animali" orvelliana,nuovi abbinamenti pipe e maiali.......

URSULA K. LE GUIN

Ursula Kroeber Le Guin è figlia di Alfred Kroeber, un'autorità nel campo dell'antropologia, e di Theodora Kracaw, anch'essa scrittrice, che ebbe una notevole influenza nella formazione delle sue opere.
La profondità e attualità dei suoi temi, che spaziano dal femminismo all'utopia , al pacifismo e il fantasy, hanno reso i suoi romanzi noti e apprezzati ben oltre il tradizionale circolo di lettori di genere.

SEMPRE LA VALLE

Quando Sogno d'Aquila ritornò a casa e riferì le parole della donna, la gente del Lauro e i cacciatori si incollerirono. Nella sera ci incontrammo nel posto comune e ci si accordò per fare la guerra al Popolo dei Maiali dopo la Luna. Nessuno si oppose.
Sogno d'Aquila ritornò insieme con me e con Forestale all'accampamento dei Maiali per avvertirli. Ci presentammo laggiù educatamente, e mangiammo con loro. Nell'accampamento c'era allora una sessantina di persone, e le altre erano fuori, o a raccogliere o con i branchi dei maiali. È gente che va poco a caccia e che non coltiva. Ci venne offerto un buon pasto, carne di maiale e verdure con pinoli. C'erano maiali dappertutto, e i bambini e i maialini correvano da tutte le parti strillando allo stesso modo. C'era un grosso verro rossiccio, legato a una lunga catena. Prima di mangiare si andava da lui e si metteva un po' di cibo in un piatto di legno di lauro scolpito perché il verro lo mangiasse. Tende e abiti erano di pelle di maiale, conciata in varie maniere: a volte il cuoio aveva ancora le setole, altre volte era sottile come un nostro fine panno di cotone. Per loro parlò quasi sempre la donna che conosceva la nostra lingua. Dopo che ciascuno ebbe mangiato a sazietà, rimanemmo a sedere educatamente finché Sogno d'Aquila non tirò fuori il tabacco e la pipa. Disse: «Volete fumare con noi?»
Un uomo dei Maiali disse: «Sì, lo voglio» nella lingua dei Maiali, e il suo esempio fu subito imitato da altri. Complessivamente, trentuno uomini e nessuna donna dei Maiali vennero a fumare la pipa con noi. Noi la fumammo per noi stessi, e poi pronunciammo il nome di coloro che ci avevano inviato a fumarla a nome loro, una boccata per ciascun nome, finché non furono nominate quattro donne e tredici uomini. Erano tutti coloro che avevano accettato di combattere la guerra.
Sogno d'Aquila parlò con il primo fumatore dei Maiali, servendosi come portavoce della donna che parlava la nostra lingua, e si accordarono per cominciare la guerra con la luna nuova, dopo la Danza della Luna, nella Valle delle Rocce Marce. Noi dovemmo dare ogni volta il nostro assenso, ricevendo la pipa da ciascuno degli uomini dei Maiali e fumando a nostra volta. A fumare tutto quel tabacco eravamo soltanto in tre. Quando mi alzai, mi girava la testa, e durante il tragitto del ritorno mi sentii male varie volte. La stessa cosa accadde a Forestale. Sogno d'Aquila aveva già fumato altre volte.


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Autori con la pipa in bocca
« Risposta #288 il: 03 Maggio 2008, 14:33:10 »
Eccolo!!!

Jean -Paul Sartre
(1905 – 1980)
è stato un filosofo, scrittore e critico letterario francese.
Studiò all'École Normale Supérieure di Parigi, dove si laureò nel 1929.
Specializzandosi in Germania, poté entrare in contatto con la fenomenologia di Edmund Husserl e l'esistenzialismo di Martin Heidegger. Venne catturato dai tedeschi e, dopo la sua liberazione, partecipò alla resistenza francese.
Nel 1964 fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, che però rifiutò,senza commenti,come fosse un 18. È sepolto nel cimitero di Montparnasse a Parigi; si calcola che al suo funerale presenziarono spontanemente,oltre cinquantamila persone.

LA NAUSEA

La nausea che prova il protagonista del romanzo - Antoine Roquentin - deriva proprio da quella condizione di sostanziale gratuità della vita, ovvero il sentire la vita come priva di un senso necessario.


È per vìa del
sole; indora vagamente sudice brume biancastre, sospese
nell'aria sopra il cantiere, cola nella mia stanza, biondissimo,
pallidissimo, e distende sul mio tavolo quattro riflessi
sbiaditi e falsi.
La mia pipa è tinta d'una vernice dorata che a tutta
prima attrae lo sguardo con un'apparenza di gaiezza: ma
appena la si guarda la vernice fonde, non rimane che una
grande stria pallida su un pezzo di legno.

Ho lavorato due ore nella sala di lettura. Sono sceso
nel cortile delle Ipoteche per farmi una pipata. La piazza
è lastricata in mattoni rosa. I bouvillesi ne sono orgogliosi
perché risale al XVIII secolo. All'imbocco di via Chamade
e di via Suspédard delle vecchie catene ne sbarrano l'accesso
alle carrozze. Alcune signore in nero, che portano a
passeggio il cane, scivolano sotto i portici, lungo il muro.
Raramente avanzano fino in piena luce ma gettano obliqui
sguardi da giovanette, furtivi e soddisfatti, sulla statua di
Gustave Impétraz.
Mi sono appoggiato alla facciata della biblioteca. Tiro
dalla mia pipa che minaccia di spegnersi. Vedo una vecchia
signora che esce timorosa dal porticato e si mette a
guardare Impétraz con un'aria sagace e ostinata. D'un
tratto si fa animo, traversa il cortile con tutta la sveltezza
delle sue zampe e si ferma un momento davanti alla statua
muovendo le mandibole. Poi scappa, nera sul lastricato
rosa, e sparisce in una crepa del muro.
Magari questa piazza verso il 1800 era gaia, con i suoi
mattoni rosa e le sue case. Ora ha qualcosa di secco e di
cattivo, una delicata punta d'orrore. È quel brav'uomo
lassù, sul piedistallo, che la suscita. Gettando in bronzo
questo universitario ne hanno fatto un mago.
Guardo Impétraz in faccia. Non ha occhi, appena il
naso e una barba rosicchiata da quella strana lebbra che
talvolta s'abbatte come un'epidemia su tutte le statue d'un
quartiere. Egli saluta: sul suo panciotto, all'altezza del
cuore, c'è una grande macchia verde chiaro. Ha un aspetto
malaticcio e cattivo. Non vive, no, ma non è nemmeno
inanimato. Una sorda potenza emana da lui: è come un
vento che mi respinge: Impétraz vorrebbe scacciarmi dal
cortile delle Ipoteche. Non me ne andrò prima d'aver finito
questa pipata.

sfaccendato, le braccia ciondoloni, m'avvicino alla
finestra. Il Cantiere, la Palizzata, la Stazione Vecchia - la
Stazione Vecchia, la Palizzata, il Cantiere. Sbadiglio così
forte che agli occhi mi sale una lacrima. Tengo la pipa con
la destra e nella sinistra il pacchetto del tabacco. Bisognerebbe
caricare questa pipa. Ma non ne ho il coraggio. Le
mie braccia rimangono penzoloni, appoggio la fronte contro
il vetro.


Ora sono solo.
Non completamente solo. C'è ancora quest'idea, davanti a
me, che attende. S'è accovacciata, e resta li, come un
grosso gatto; non spiega niente, non si muove, e s'accontenta
di dire: no. No, io non ho avuto avventure.
Riempio la pipa, l'accendo, e mi stendo sul letto mettendomi
un cappotto sulle gambe.

È buio completo e non so nemmeno più se la mia pipa
è ancora accesa. Passa un tram: un lampo rosso sul soffitto.
Poi un pesante veicolo che fa tremare la casa. Devono
essere le sei.

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« Risposta #289 il: 03 Maggio 2008, 14:37:57 »
Di lui abbiamo gia parlato,ma questa volta ci rassicura sul futuro della pipa...

PHILIP K. DICK
Meraviglioso e folle come sempre

PROGENIE

«Facciamo una passeggiata. Lasciamo questa maledetta strada».
Scesero lungo il fianco della collina, facendo attenzione a dove mettevano i piedi, e aggrappandosi ai ciuffi d'erba ed alle radici che sporgevano dal terreno. Alla fine giunsero ad una vallata prospiciente un sicomoro. Ed si gettò a terra, sbuffando e asciugandosi il sudore sul collo.
«Qui. Mettiamoci a sedere qui».
Lentamente, Peter si sedette poco lontano. La camicia azzurra di Ed era macchiata di sudore. Lui allentò il nodo della cravatta e si slacciò il colletto della camicia. Poi si frugò in tasca e ne tirò fuori la pipa e il tabacco.
Peter lo osservò mentre riempiva la pipa e l'accendeva con un grosso fiammifero. «Che cos'è?» gli chiese il ragazzo.
«Questa? La mia pipa». Ed fece un sorriso, tirando una boccata. «Non hai mai visto una pipa?»
«No».
«È una buona pipa. L'ho comprata quando sono andato per la prima volta su Proxima. È stato molto tempo fa, Pete. Sono passati venticinque anni. Allora ne avevo diciannove. Poco più del doppio dei tuoi anni».
Mise via il tabacco e si piegò all'indietro, con il volto serio e preoccupato.

UN PEZZO DA MUSEO

Miller si piegò per accendersi la pipa. L'aspirò ed emise un grosso sbuffo di fumo grigio che attraversò il punto debole giungendo fino al livello R. Fleming tossì e indietreggiò.
«Che diavolo è questa roba?» chiese.
«Tabacco. Una delle cose che loro avevano. Molto comune nel ventesimo secolo.

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« Risposta #290 il: 03 Maggio 2008, 14:43:03 »
WALTER M. MILLER JR
 1923-1996
Frequentò le Università del Tennessee e del Texas e lavorò come ingegnere. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu arruolato nell'areonautica come operatore radio e cannoniere di coda e partecipò a 53 missioni di volo sopra l'Italia. Prese parte al bombardamento dell'Abbazia Benedettina di Monte Cassino traendone un'esperienza particolarmente traumatica.
Fra il 1951 e il 1957, Miller pubblicò più di 35 racconti brevi di fantascienza, vincendo il Premio Hugo nel 1955 per il racconto “The Darfsteller” (Il Mattatore). Alla fine degli anni '50 unificò tre racconti in un romanzo dal titolo A Canticle for Leibowitz che fu pubblicato nel 1959.

PICCOLO FARABUTTO!

Il padre di Doodie era stato solo un uomo, un piccolo farabutto. È vero che non lo ricordava molto bene, perché aveva bevuto acquavite di granoturco con Jacob Fleeter prima che lo straniero arrivasse. Lei era stata tutta allegra, e lui era stato tutto scintillante, e lei non riusciva a ricordare una parola di quello che aveva detto.
«Signore perdonami» mormorò uscendo dalla casa.
L'erba bagnata le si attaccava alle gambe, mentre attraversava il prato fino a un cespuglio di palmetti da cui poteva tenere d'occhio sia la casa sia il pollaio.
Si sedette su un tronco umido e marcio, ai bordi del cespuglio, si appoggiò il fucile sulle ginocchia, riempì una pipa di pannocchia con tabacco del campo di Deevey e si mise a fumare al buio, mentre i caprimulghi emettevano il loro verso lamentoso e di tanto in tanto un gufo gridava dalla palude. L'aria era fresca e pulita dopo la pioggia, e solo qualche uccello notturno svolazzava in mezzo alla boscaglia, mentre in lontananza frinivano i grilli e le rane parlavano misteriosamente.
«AAAaaaAAaaarrrwww... Na!»
Il grido era basso, penetrante. Era Doodie, che aveva un altro attacco... O solo un sogno? Lucey fece per alzarsi, poi si fermò, in ascolto. Si sentì qualche altro lamento, poi silenzio. Un sogno, decise, e si rimise ad aspettare. Non c'era nulla che potesse fare per Doodie, finché non ripassava il furgone del Servizio Sanitario di stato e lo esaminavano per vedere se aveva preso delle malattie. Se scoprivano che non era giusto di testa, potevano portarglielo via.
La brace nella pipa era ipnotica... l'unica cosa chiaramente visibile, eccetto le stelle. Guardò le stelle, chiedendosi come si chiamavano, finché non cominciarono a tremarle davanti agli occhi. Poi guardò ancora la brace della pipa, che si illuminava e impallidiva ad ogni respiro, si copriva di uno strato di cenere che sembrava un merletto, diventava sonnacchiosa nel fornello e affondava, affondava, mentre i caprimulghi lanciavano nella notte le loro grida malinconiche.
«... Nana naaaAAAAhhhaaa.!
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« Risposta #291 il: 07 Maggio 2008, 20:25:08 »
..una bella pipa..
ED GREENWOOD
(Toronto, 1959) è un bibliotecario canadese che ha creato Forgotten Realms (FR), ambientazione per il gioco di ruolo fantasy Dungeons & Dragons (D&D).
ma anche alcuni romanzi fantasy a diversa ambientazione (serie La banda dei quattro). Nonostante detenga parte dei diritti d'autore dell'ambientazione  è essenzialmente uno scrittore indipendente.

ELMINSTER ALL'INFERNO

Era giovane, slanciata e molto bella. Tarth deglutì e cercò di non fissarla.
I suoi capelli color grigioargentei scendevano in lunghe onde, avvolgendole uniformemente le braccia, la vita stretta e le lunghissime gambe. Adagiata su un ramo basso di un vecchio albero di indulwood, una pipa d'argilla fumante fra le mani, la ragazza lo guardò pensosa. I suoi occhi erano di colore blugrigio, screziati d'oro, e molto grandi.

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« Risposta #292 il: 07 Maggio 2008, 20:30:08 »
e se arrivasse la catastrofe ....
JASPER FFORDE
Jasper Fforde ha alle spalle tredici  anni da supertecnico nel mondo del cinema.
E qualche anno di scrittura “per sé”. Così, per puro divertimento.
IL CASO JANE EYRE
 Al momento, Il caso Jane Eyre ha  raggiunto la 29esima edizione in  Inghilterra, la 13esima in USA.

Victor caricò la pipa, e stava raggiungendo la postazione B3 quando un uomo in Barbour quasi lo travolse. Riconobbe subito il dottor Müller dalla foto segnaletica. Victor si toccò il cappello, si scusò e proseguì.
«Aspetti!» gridò Müller. Victor si voltò. Quello alzò un sopracciglio e continuò a studiarlo.
«Non ho già visto la sua faccia da qualche altra parte?»
«No, è sempre stata qui, attaccata alla mia testa» replicò Victor, tentando di metterla sul ridere. Müller si limitava a fissarlo con un'espressione vuota, mentre lui continuava a caricare la pipa.
«L'ho già vista da qualche parte» ripeté Müller, ma per scuotere Victor ci voleva altro.
«Non credo proprio» dichiarò, e porse la mano. «Ceres» aggiunse. «Braccio a spirale di BerwickuponTweed».
«BerwickuponTweed, eh?» rispose Müller. «Allora conoscerà di certo il mio collega e buon amico professor Barnes».
«Mai sentito nominare» dichiarò Victor, fiutando la trappola. L'altro sorrise e guardò l'orologio. «Sette minuti all'impatto, Mr Ceres. Meglio prendere posizione».
Victor accese la pipa, sorrise e seguì le indicazioni che gli erano state date in precedenza. Nel terreno era conficcato un paletto contrassegnato B3, e lui rimase lì intorno sentendosi vagamente stupido. Tutti gli altri avevano indossato i caschi e osservavano il cielo a occidente. Victor si guardò intorno e incrociò lo sguardo di una bella donna della sua età a qualche passo da lui in B2.
«Salve!» esclamò allegro, e si sfiorò il casco.
La donna sbatté le ciglia civettuola.
«Tutto bene?» chiese lei.
«Alla grande!» rispose Victor disinvolto.

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« Risposta #293 il: 10 Maggio 2008, 10:30:35 »
Suspense e fumate di panettoni

RICHARD MONTANARI

Il suo nome  dichiara senza dubbi che la sua famiglia è di origini italiane.
per anni ha scritto come freelance per molte testate. Dopo dieci anni di questo lavoro, scrive alcune pagine di un romanzo che ha in testa (Deviant Way), le manda in visione ad una agenzia letteraria che immediatamente lo mette sotto contratto.
Il romanzo ha un ottimo successo ed a questo ne seguono altri cinque.
""Sono sempre stato un appassionato di thriller. Già da bambino amavo assistere agli episodi della serie Ai confini della realtà e a programmi televisivi sul mistero. Mi è stato chiaro fin dall'inizio che c'era qualcosa in quelle storie - mi riferisco alle storie in cui niente è come sembra - in grado di esercitare su di me un forte potere di attrazione. Crescendo, ho scoperto i gialli. È stato facile capire che era quella la mia strada.""

L'ATTORE

Butler parve riflettere per qualche istante prima di rispondere. Si sedette sul bordo della scrivania. «Ho scritto quattro libri sul cinema. Sono sempre stato un fanatico dei film, sin da quando mia madre, nel 1974, mi lasciò al cinema a vedere Benji.» Jessica si mostrò opportunamente sorpresa. «Sta dicendo che Benji ha dato il via a una vita di studi sul cinema?»
Butler rise. «Be', invece di quello ho visto Chinatown. Da allora non sono mai più stato lo stesso.» Prese una pipa da un portapipe sulla scrivania e cominciò il rituale del fumatore: pulire, riempire, pigiare. Riempito il fornello, accese; l'aroma era dolce. «Per anni ho fatto il critico cinematografico per riviste alternative; guardavo da cinque a dieci film alla settimana, dall'arte sublime di Jacques Tati all'indescrivibile banalità di Pauly Shore.

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« Risposta #294 il: 10 Maggio 2008, 10:35:35 »
Salutiamo un altro mito,forse il più dissacrante,mai senza una pipa...

ROBERT SHECKLEY  1928-2005

Nasce a Brooklyn,  da padre polacco (Sheckley è l'americanizzazione di Shekowsky) e madre lituana. Cresce a Maplewood, New Jersey. Dal 1946 al 1948 è militare in Corea. Ritornato in America, frequenta l'università di New York.
Nel 1952 inizia a pubblicare racconti su varie riviste di fantascienza, e rapidamente si afferma come uno degli astri più luminosi della fantascienza dell'epoca.
Nel 1965 il regista italiano Elio Petri gira il film La decima vittima, tratto dal racconto The Seventh Victim di Sheckley, ed interpretato da Marcello Mastroianni ed Ursula Andress.
Nel 2001 Sheckley ha ricevuto in America il premio di Autore Emerito da parte dell'associazione scrittori .
 Ma in molti si sono scandalizzati che non gli sia stato invece tributato il premio di Grande Maestro.

L'Accademia

Si trovava in uno stretto vicolo dei quartieri bassi. Su una finestra, al secondo piano di una casa, notò un'insegna scritta a mano. "J.J. Flynn, Psicologo. Forse posso aiutarvi." Feerman sorrise con amarezza ripensando a tutti gli specialisti che aveva consultato. Passò oltre, poi tornò indietro e salì all'ufficio di Flynn, di nuovo in collera con se stesso. Sapeva anche prima che sarebbe salito, appena aveva visto la scritta. Quando avrebbe smesso d'ingannare se stesso?
L'ufficio di Flynn era piccolo e sudicio. L'imbiancatura era scrostata, la stanza sapeva di sporco. Flynn era seduto dietro una scrivania di legno non verniciato, intento a leggere una rivista. Era piccolo, di mezz'età e tendente alla calvizie. Stava fumando la pipa.
Feerman aveva intenzione di cominciare con ordine, dal principio, invece esplose: «Sono nei guai. Ho perso il posto, mia moglie mi ha piantato, ho tentato tutte le cure possibili. Cosa devo fare?»
Flynn si tolse la pipa di bocca e lo guardò. Gli guardò l'abito, il cappello, le scarpe, come per stimarne il valore. Poi fece: «Cos'hanno detto gli altri?»
«Che non c'è niente da fare.»
«Naturale che abbiano detto così» riprese Flynn parlando svelto, a voce alta e chiara. «Quei grandi uomini si arrendono con facilità. Ma c'è sempre una speranza. Il cervello è una cosa strana e complicata, e a volte...» Flynn si interruppe bruscamente e fece un risolino amaro. «A che serve? Lei si è già arreso, si vede chiaramente. Svuotò la pipa e fissò gli occhi al soffitto.»
Senta, non posso far niente per lei e lei lo sa benissimo. Perché è venuto da me?
«Forse speravo in un miracolo» rispose Feerman, lasciandosi cadere pesantemente su una sedia.
«Molti sperano nei miracoli» disse Flynn. «E questo sembra proprio il posto più indicato, non è vero? Lei è passato attraverso tutti i grandi specialisti alla moda, senza nessun risultato. Allora sembra giusto e logico che un povero psicologo da quattro soldi riesca a fare quello che non è riuscito ai professori famosi. Una specie di giustizia poetica.»
«Già» disse Feerman, con un debole sorriso.
«Oh, non che io sia un ciarlatano» disse Flynn, ricaricando la pipa da una vecchia borsa verde. «Ma i miracoli costano parecchio. È stato e sarà sempre così. Se i pezzi grossi non hanno potuto fare niente, non sarò certo io che potrò aiutarla.»
«Grazie per avermelo detto» concluse Feerman, ma non fece nemmeno l'atto di alzarsi. «È mio dovere professionale» riprese Flynn lentamente «ricordarle che l'Accademia è sempre aperta.»
«Dove trovo il coraggio di andarci? Non so niente dell'Accademia.»
«Nessuno ne sa niente» ribatté Flynn. «Ma si dice che guariscono qualunque caso.»
«Anche la morte è una guarigione.»
«Sì, ma non funzionale. E poi sarebbe troppo in contrasto con i tempi. Per essere come dice lei, bisognerebbe che all'Accademia fossero tutti pazzi, e di pazzi, come sa, non ce ne sono più.»
«Allora perché nessuno torna mai fuori?»
«Non lo so» ammise Flynn. «Forse non vogliono uscire.» Soffiò sulla pipa. «Ma lei voleva un consiglio... Bene. Denaro ne ha?»
«Qualcosa» rispose Feerman, cauto.
«Molto bene. Non dovrei dirlo, ma...


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« Risposta #295 il: 10 Maggio 2008, 11:16:03 »
BERNARD CORNWELL 1944

scrittore britannico.
Dopo aver lavorato a lungo nella BBC, si è dedicato interamente alla letteratura, specializzandosi in romanzi storici e d'avventura ,sceneggiatore di serial e trasmissioni scentifiche.

FIGLIA DELLA TEMPESTA

«Oh Signore», esclamò disperato mio fratello. Fregò un fiammifero sulla pietra del camino, poi accese laboriosamente la sua pipa preparandosi a un nuovo attacco. «Mi fai venire in mente Tuppy Hargreaves, te lo ricordi? Tuppy aveva quella ricca parrocchia nel Dorset e una gran bella moglie, ma le ha abbandonate tutt'e due per scappare con una ragazza tanto giovane da poter essere sua nipote, e in meno di un momento il poveretto si è ri
trovato senza più un capello in testa a trangugiare vitamine ed estratto di ghiandole d'asino. È morto per un attacco cardiaco a Bognor Regis, se ben ricordo, e la sgualdrina è scappata con un parrucchiere italiano sulla Wolseley di Tuppy.
«Credevo che tu fossi un vicario, non una zia asfissiante.»
Si chinò per riaccendere la pipa. Quando finalmente il tabacco prese a bruciare dolcemente, si raddrizzò per controllare Stormchild nella successiva ripida onda. «Un uomo che fa il mio mestiere è perennemente sottoposto a richieste di aiuto da parte di persone in crisi emotiva, e così impara a riconoscerne i segni.» David sorrise, convinto che si trattasse di una sottile battuta, poi a un tratto capì che potevo aver detto la verità e parve atterrito. «Oh, cielo», fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Ho preso una bella cotta», confessai. «Sono io l'imbecille, non lei.»
David aspirò violentemente dalla pipa. Per un momento credetti di averlo ammutolito, poi mi guardò con aria torva da sotto le sopracciglia incredibilmente folte. «Quella ragazza è abbastanza giovane da poter essere tua figlia!»
Continuammo a navigare in silenzio mentre il fumo della pipa di David piroettava alle nostre spalle portato via dal vento. Sembrava molto soddisfatto di se stesso e sicuro della propria superiorità morale. Io dovevo avere un'aria terribilmente avvilita.
David rimase a lungo in silenzio. La sua pipa brillava a intermittenza mentre soffiava il fumo tra le sartie, e quando finalmente parlò lo fece con voce calma e riflessiva, come se sapesse di non potermi dissuadere dalle mie intenzioni e cercasse un approccio più sottile. «Va' a letto, Tim. Domani mattina decideremo come uscire da questa trappola.»

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« Risposta #296 il: 10 Maggio 2008, 12:24:05 »
Ancora qualche pipa di Giovannino...

GIOVANNI GUARESCHI

IL MARITO IN COLLEGIO

- Mia figlia sposa di un miserabile spaccalegna! -
urlò, appena Carlotta ebbe riferito i particolari
degli avvenimenti, la signora Flaminia.
- Il ridicolo cadrà sulla nostra casa! -
gemette la signora Elisabetta mentre Gastone, con lo
sguardo fisso nel vuoto, sussurrava:
- Cose da pazzi... Cose da pazzi...
- Quale uomo si degnerà più di avvicinarmi,
sapendo che mia cugina è andata sposa a un
pezzente? - singhiozzò Robinia, felice di poter trovare
finalmente una giustificazione al fatto che gli
uomini non chiedevano la sua mano neppure per
sbaglio.
- Se è un bravo intagliatore, mi farò fare da
mio cugino una magnifica pipa istoriata da mettere
sul mio caminetto, - si rallegrò Edo, il quale possedeva
indubbiamente un certo senso pratico.


- Se non vi avessi giudicato subito uno dei
nostri, avrei forse cercato grane sparando nella gamba
a chi vi inseguiva? Siamo tutti galantuomini,
noi che lavoriamo in questo mestiere. Nella Bibbia
sta forse scritto to che è delitto comprare della merce
in un posto per andarla a vendere a due chilometri
di distanza? Delitto è rubare, non comprare e
rivendere. Questo è onesto commercio. Non vi pare?
- Naturalmente, naturalmente, - approvò
Camillo mentre macinava a due palmenti.
- Vogliamo andare? - disse l'uomo quando
ebbe finito la sua pipata. E gli altri uomini seguirono
il suo esempio e, riposta la pipa, si caricarono
i loro sacchi in spalla.

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« Risposta #297 il: 11 Maggio 2008, 11:30:21 »
Ancora pipa e poesia...
Paul Marie Verlaine 1844-1896

Verlaine chiede alla poesia di essere un canto discreto e dolce, che traduce delle impressioni incerte.

Alla mia adorata MATHILDE MAUTÉ DE FLEURVILLE
..................
Il frastuono delle bettole, il fango dei marciapiedi,
i platani malridotti che si spogliano nell'aria nera,
l'omnibus, uragano di ferraglia e melma,
che cigola sconquassato sulle quattro ruote,
e rotea gli occhi verdi e rossi lentamente,
gli operai che vanno al circolo fumando
la pipa sotto il naso dei poliziotti,
tetti che gocciano, muri fradici, lastrico viscido,
asfalto sfondato, rivoli che riempiono la fogna,
è questa la mia strada - col paradiso in fondo.
.................

CON RISPETTO PARLANDO

III • Altra

Il cortile fiorisce di angoscia
come la fronte
di tutti coloro
che se ne vanno in cerchio
vacillanti sul femore
debilitato
lungo il muro
pazzo di luce.
Girate, Sansoni senza Dalila,
senza Filisteo,
girate bene
la mola del destino.
Ridicolo vinto dalla legge,
macina via via
il tuo cuore, la tua fede
e il tuo amore!
Essi vanno! e le povere scarpe
fanno un rumore secco,
umiliati,
la pipa nel becco.
Non una parola, o è la cella.
Non un sospiro.
Fa così caldo
che sembra di morire.
Ci sono anch'io in questo circo atterrito,
sottomesso, del resto,
e preparato
a ogni sventura.
E perché, se ho rattristato
il tuo volere ostinato,
società,
dovresti coccolarmi?
Su, fratelli, buoni vecchi ladri,
teneri vagabondi,
mariuoli in fiore,
miei cari, amici miei,
filosoficamente fumiamo,
passeggiamo
tranquillamente:
far niente è dolce.

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« Risposta #298 il: 11 Maggio 2008, 11:33:24 »
Sigmund Freud

L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI

La fantasia onirica dispone di un'immagine preferita per l'organismo
nel suo complesso: vale a dire l'immagine della casa. Con grande
vantaggio per le sue rappresentazioni, la fantasia non sembra però
legata a questo materiale; al contrario, essa può utilizzare file
intere di case per definire un singolo organo, per esempio lunghe
strade affiancate da case per definire lo stimolo intestinale. Altre
volte, singole parti della casa rappresentano realmente singole parti
del corpo: così per esempio, nel sogno determinato dal mal di testa,
il soffitto di una stanza (che il sognatore vede coperto di schifosi
ragni simili a ranocchi) rappresenta la testa. (249)
A parte il simbolismo della casa, qualsiasi altro oggetto viene
utilizzato [p. 99] per la rappresentazione delle parti del corpo da
cui proviene lo stimolo. "Così, i polmoni che respirano trovano il
loro simbolo in una fornace ardente con il suo fremito d'aria, il
cuore in casse e ceste vuote, la vescica in oggetti rotondi, a forma
di borsa o più generalmente in oggetti svuotati. Il sogno dovuto a
uno stimolo sessuale virile farà trovare per strada, a chi sogna, la
parte superiore di un clarinetto, lì vicino il fornello di una pipa e
accanto una pelliccia. Clarinetto e pipa raffigurano
approssimativamente il membro maschile, la pelliccia il pelo del
pube.

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« Risposta #299 il: 17 Maggio 2008, 14:48:13 »
Vecchie pipe...
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann

scrittore, compositore, pittore e giurista tedesco, esponente del Romanticismo. Mutò il suo terzo nome in Amadeus nel 1805 in onore di Mozart.
Trascorre l'infanzia nella casa dello zio materno che lo avvia a studi di giurisprudenza; si sente però più attratto dalla musica, dalla pittura e dalla letteratura. Laureatosi intraprende la carriera di magistrato, viaggiando in diverse città, tra cui Berlino e Varsavia; all'attività giuridica alterna quella artistica: compone sinfonie, dirige orchestre, si occupa di critica musicale e di regia teatrale.
Nel 1814 inizia il periodo più fecondo della sua produzione letteraria, che lo porta a scrivere racconti tra i più originali e suggestivi della letteratura europea.

IL VASO D'ORO

Il povero studente si sentì montare le lacrime agli occhi perché aveva sempre festeggiato in famiglia il giorno dell'Ascensione e anche lui avrebbe voluto partecipare alle beatitudini del paradiso di Link, anzi intendeva arrivare fino a mezza porzione di caffè col rum e a un'intera bottiglia di birra forte; e per darsi allo scialo aveva preso con sé più denaro di quanto a rigore non gli fosse lecito o possibile. Ed ecco che la malaugurata pedata al paniere delle mele lo aveva privato di quanto aveva con sé. Non era più il caso di pensare al caffè, alla birra forte, alla musica, alla vista delle fanciulle in ghingheri, insomma a tutti i godimenti sognati. Perciò passò via lentamente e infilò la via lungo l'Elba che in quel momento era deserta. Sotto un sambuco che sbucava da un muretto trovò un posticino coperto di erba; si sedette e caricò la pipa col tabacco che gli aveva regalato il vicepreside Paulmann, suo amico. Davanti ai suoi piedi gorgogliavano e sciaguattavano le onde giallo-oro dell'Elba, al di là della quale si stendeva la bellissima Dresda che ardita e superba innalzava le torri luminose al cielo il quale scendeva sui prati fioriti e sul fresco verde dei boschi, mentre in lontananza le montagne dentate annunciavano la Boemia. Guardando accigliato davanti a sé Anselmo lo studente sbuffava mandando nuvole di fumo finché il suo malumore si sfogò con queste parole: «È pur vero che sono nato per caricarmi addosso tutte le croci possibili.

Soltanto ora vide chiaramente dov'era, ricordò la strana fantasia che lo aveva burlato e indotto persino a parlare da solo ad alta voce. Spaventato guardò la donna e afferrato il cappello che gli era caduto per terra fece per scappare. Intanto era arrivato anche il marito della donna che, dopo aver deposto sull'erba il piccino che portava in braccio, appoggiandosi al bastone si era fermato a guardare e ascoltare lo studente con grande stupore. Poi raccattò la pipa e la borsa del tabacco che Anselmo aveva lasciato cadere e porgendo una cosa e l'altra disse: «Signore, non stia a borbottare così al buio, e non prenda in giro la gente, se non ha altro male che quello di aver alzato un po' troppo il gomito... Faccia il bravo, se ne vada a casa e si metta a letto!»

   «Via, via,» proseguì il brav'uomo, «non se la prenda, sono cose che capitano anche ai migliori, e il giorno dell'Ascensione, avendo l'anima in festa, si può anche bere un po' più del necessario. Può toccare anche a un uomo di Dio... Lei dev'essere, penso, uno studente di teologia, e se permette mi empio la pipetta col suo tabacco perché il mio è terminato.»
   Così disse quel cittadino mentre lo studente stava già per intascare la pipa e la borsa. L'altro pulì adagio e accuratamente la pipa e con altrettanta lentezza la caricò. Intanto erano intervenute alcune ragazze che guardando Anselmo si misero a parlare sottovoce con la donna e a ridacchiare tra loro. Anselmo aveva l'impressione di trovarsi sulle spine o sui carboni accesi. Appena riebbe la pipa e la borsa partì difilato.

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