Ritrovo Toscano della Pipa
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Topic: Autori con la pipa in bocca (Letto 364681 volte)
Aqualong
Cavaliere di San Dunillo
Post: 2240
Autori con la pipa in bocca
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Risposta #330 il:
20 Dicembre 2008, 12:05:46 »
Joe R. Lansdale
Tenuta per i capelli
Dal giorno in cui furono tirate le tende e la protezione fu montata, io sedetti davanti alla mia macchina da scrivere, e lui, Howard Machen, si sedette con il suo libro e la sua pipa a riempire la stanza di fumo grigio come la sua barba. A volte si alzava e scendeva di sotto, ma sempre in modo silenzioso per non disturbare il mio lavoro.
Era una vita piacevole, ed era perfetta per noi. La mattina prendevamo il caffè fuori, nel piazzale del faro, e scambiavamo qualche parola. Poi io tornavo al mio lavoro e lui al suo libro, ed a cena mangiavamo e prendevamo un brandy insieme; a volte uno, a volte due, a seconda dell’umore della serata.
A volte parliamo del faro e lui mi raccontava dei vecchi tempi, di come aveva illuminato il mare per anni per guidare le navi, facendo sì che seguissero la luce come Teseo seguiva il filo di Arianna.
Era bello disse. Era una bella luce. Il miglior lavoro che abbia mai avuto. Non potevo andarmene quando tutto finì, così ho comprato il faro.
È bellissimo qui, ma a volte molto solitario.
Ma ho la mia bella compagnia.
Lo presi come un complimento, e buttammo giù un altro brandy. Così sfumò l’idea di rimettermi a scrivere dopo cena. Avevo scritto belle pagine, comunque, quel giorno e quindi potevo spendere un po’ di tempo a chiacchierare e sognare.
Dici che questo è stato il tuo miglior lavoro gli chiesi come inizio di conversazione.
Cosa facevi prima?
Alzò la testa e mi guardò attraverso il fumo della sua pipa. Un sacco di belle cose. Sono nato in Galles, trasferito poi in Irlanda con la famiglia ed infine venni a lavorare qui. Ho imparato a fare il falegname da mio padre, ed in seguito a fare il sarto. Anche il muratore noterai che queste camere le ho costruite con le mie mani e sono stato anche costruttore di barche e ventriloquo in uno spettacolo di magia.
Fu una mattina piena di sole, senza foschia né nebbia. Il mare accarezzava delicatamente le rocce alla base del faro.
Io uscii per il caffè mattutino. Lo spiazzale davanti al faro era abbastanza sicuro, ma non era consigliabile arrivare al bordo quand’era bagnato. Machen mi aveva detto che una volta un tizio si ritrovò in un batter d’occhio spiaccicato sugli scogli.
Machen arrivò con una tazza di caffè in mano, la sua pipa nell’altra. Sembrava smunto quella mattina, come se la vecchiaia l’avesse colpito all’improvviso durante la notte, portandogli via un po’ della sua sostanza.
’Giorno dissi.
’Giorno si riempì la tazza e caricò la pipa.
Dormito male? chiesi.
Mi guardò, poi guardò la pipa mentre finiva di caricarla. Fece tutto lentamente, poi l’accese. Sbuffò un po’ di fumo prima di rispondermi: Non molto bene, non molto bene.
L’uomo dalle due vite
I bambini corsero dentro insieme a lui, che li guardava con orgoglio. Seguendoli dentro, si sedette a tavola, posando il suo cappello sul pomello della sedia. Suo genero, Bob, era già a tavola e stava dicendo: Ciao, papà. C’è il tuo piatto preferito, oggi: purè.
Passamelo, allora disse il vecchio facendo l’occhiolino.
Dopo cena, mentre June lavava i piatti e Bob dava da mangiare alle galline sul retro, lui si sedette in veranda a fumare la pipa. Il fresco della sera era confortevole, dopo il caldo della giornata.
Uscirono i nipotini ad annusare l’odore di pipa. La piccola Lottie si arrampicò sulle sue gambe per sederglisi in braccio.
Rimani stanotte, nonno? chiese Jimmy.
Penso di sì.
Da qualche parte, non lontano, esplosero i fuochi d’artificio per festeggiare il quattro di luglio. Sembravano colpi di pistola, e per un momento il vecchio tornò indietro a i vecchi tempi, quando sentiva suonare le proprie pistole.
Sì, a volte preferiva esser morto quel giorno al Ten Spot saloon.
Ti voio bene, nono disse la piccola Lottie.
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Aqualong
Cavaliere di San Dunillo
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Risposta #331 il:
20 Dicembre 2008, 12:12:26 »
Senza tabacco,senza una pipa,ma all'inferno nessuno fuma.
Un capolavoro. Senza dubbio il miglior film di Tornatore, ed uno dei migliori film italiani degli ultimi quindici anni. Troppo claustrofobico per avere un minimo di successo e troppo particolare per essere veramente apprezzato, ma non c'è un solo momento di rilassamento per tutta la durata di questo bel noir.
Giuseppe Tornatore
Una pura formalità
Dall’esterno giunge l’eco del temporale. L’uomo sembra rassegnarsi, si stringe la coperta intorno alle spalle, poi, sicuro che non gli si potrà rifiutare una richiesta così piccola...
ONOFF: Posso avere una sigaretta?
2° POLIZIOTTO: (agli altri) Trovategli una sigaretta.
Il giovane poliziotto sembra sorpreso per quell’ordine quasi perentorio...
GIOVANE POLIZIOTTO: Capitano, io non ho mai fumato...
3° POLIZIOTTO: Neanche io.
L’uomo fissa i loro volti con disappunto. Poi fa un gesto tranquillo.
ONOFF: Il commissario fuma, spero. Un commissario fuma sempre. Un commissario fuma la pipa... Un commissario mastica un sigaro.
2° POLIZIOTTO: Mi dispiace deluderla, ma non fuma neanche il commissario...
L’uomo accusa il colpo. Sospira.
L’inserviente rientra dal fondo del corridoio. Regge tra le mani una scodella fumante. La porge all’uomo.
INSERVIENTE: Bevi questo, ti farà bene... Dài... Bevi... È caldo, bevi...
L’uomo resta immobile. L’inserviente, gentilissimo, gli avvicina ancora di più la tazza, come a rinnovare l’invito. Gliela mette proprio sotto gli occhi.
ONOFF: È latte.
INSERVIENTE: Sì, è latte caldo. Ti fa bene... Dài... Bevi... Bevi.
L’uomo lo fissa con odio, poi, in un’improvvisa esplosione di collera, gli strappa la scodella dalle mani e gli lancia il latte in faccia.
La scodella cade a terra frantumandosi. Il 3° agente si alza di colpo.
L’anziano inserviente è rimasto inerme. Il latte gli scivola sul volto offeso e umiliato.
Istintivamente il 2° poliziotto colpisce l’uomo con un manrovescio.
2° POLIZIOTTO: Pezzo di merda!
L’uomo scatta in piedi furioso, stringe i pugni, pronto a colpire, ma già anche gli altri gli sono addosso, cercano di tenerlo fermo sotto gli occhi impauriti del vecchio.
L’uomo si dimena come una bestia in trappola, con una forza che gli agenti non riescono a contenere, li colpisce come può, cerca di andare verso la porta, in un impulso di fuga.
I poliziotti riescono a stenderlo sul pavimento, gli piegano le braccia dietro la schiena, gli stringono le gambe una contro l’altra, finalmente lo immobilizzano.
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Aqualong
Cavaliere di San Dunillo
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Risposta #332 il:
20 Dicembre 2008, 12:15:46 »
EDGAR A. POE
L'INCOMPARABILE AVVENTURA DI UN CERTO HANS PFAALL
La causa di quel tumulto fu ben presto manifesta. Di dietro alla vasta mole di uno di quei nuvoloni nitidamente profilati, si vide spuntare in un aperto spazio d'azzurro una strana cosa eterogenea, solida in apparenza, e così curiosa di forma, così fantasticamente configurata, che la folla di quei ben piantati cittadini i quali di sotto l'osservavano a bocca aperta, non si stancava, pur senza capirne nulla, di ammirarla. Che poteva essere mai? In nome di tutti i diavoli di Rotterdam, che poteva mai significare? Nessuno lo sapeva, nessuno riusciva a indovinarlo; nessuno, nemmeno il borgomastro Mynheer Superbus Von Underduk, si trovava in possesso del più piccolo indizio per chiarire il mistero; dimodoché, non avendo nulla di meglio da fare, si rimisero tutti, non uno eccettuato, la pipa in bocca, e, senza lasciare di tener d'occhio il fenomeno, buttarono fuori una boccata di fumo, si fermarono, si dondolarono da destra a sinistra, poi da sinistra a destra, borbottaron qualcosa, e tornarono a buttare una boccata di fumo.
L'oggetto di tanta curiosità e di tanto fumo scendeva frattanto sempre più, e in pochi minuti si trovò vicino abbastanza per esser distinto con precisione. Sembrava, anzi certamente era, una specie di pallone, ma un pallone come non se n'erano mai visti di uguali fino allora a Rotterdam. Perché, domando e dico, chi ha mai sentito parlare di un pallone interamente confezionato di vecchi giornali sporchi? In Olanda, nessuno di certo. Eppure, sotto al naso di quella folla, o meglio a una certa distanza sopra quel naso, c'era proprio la cosa in questione fatta per l'appunto della suddetta materia, di cui nessuno aveva mai sentito dire che potesse venire adoperata per un simile scopo.
Disceso, come ho detto, a cento piedi circa dalla terra, il vecchietto venne improvvisamente colto da una grande agitazione, e non parve disposto ad avvicinarsi di più. Per cui, buttata giù una certa quantità di sabbia, da un sacco che sollevò a fatica, si fermò dov'era. Sempre agitatissimo si affrettò quindi a tirar fuori dalla tasca del soprabito un portafoglio di pelle, che soppesò nella mano con fare sospettoso e, come stupito del suo peso, esaminò con aria di sorpresa estrema. Infine si decise ad aprirlo e ne estrasse una grande lettera sigillata in rosso e legata con nastro rosso che lasciò cadere esattamente ai piedi del borgomastro Superbus von Underduk. Sua Eccellenza si chinò a raccoglierla. Ma l'aeronauta, sempre molto inquieto, e non avendo, a quanto pareva, da sbrigare altro a Rotterdam, già si apparecchiava alla partenza; e siccome, per tornare ad innalzarsi, bisognava scaricasse ancora della zavorra, buttò giù l'uno dopo l'altro, senza darsi la pena di vuotarli, una mezza dozzina di sacchi che caddero tutti sulla schiena del povero borgomastro facendogli fare una mezza dozzina di capriole al cospetto dell'intera cittadinanza di Rotterdam. Non è da supporre che il grande Underduk lasciasse impunita l'impertinenza del vecchietto. Si dice, anzi, che ad ognuna delle sei capriole egli emettesse non meno di sei ben visibili ed energiche boccate di fumo dalla pipa che teneva, con tutta la propria forza, stretta fra i denti, intenzionatissimo a tenersela stretta così, a Dio piacendo, sino al giorno della sua morte.
Si dice che, a lettura finita di questo straordinario documento, il professor Rubadub lasciasse cadere la pipa a terra per la sorpresa e Mynheer Superbus Von Underduk, toltisi, ripuliti e messisi in tasca gli occhiali, si dimenticasse di sé e della propria dignità al punto di roteare tre volte sui tacchi, nel parossismo dello stupore e dell'ammirazione. La grazia sarebbe stata accordata; non c'era da dubitarne. Lo giurò, almeno, e con una solenne bestemmia, il professor Rubadub, e tale fu anche l'opinione dell'illustre Von Underduk che, a braccetto del suo confratello scienziato, si diresse in silenzio verso casa per decidere intorno al da farsi. Ma giunti sulla porta di casa del borgomastro il professore rilevò che data la scomparsa del messaggero, per certo atterrito dal selvaggio aspetto dei borghesi di Rotterdam, il perdono non avrebbe servito a nulla poiché nessuno che non fosse un abitante della luna poteva intraprendere un viaggio tanto lungo.
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Aqualong
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Risposta #333 il:
21 Dicembre 2008, 11:31:30 »
La mitezza del fumatore di pipa è proverbiale,specialmente quelli che fumano in schiume molto elaborate......
Sicurezza prima di tutto
Alan Dean Foster
- Ecco, signor Merwin, da quello che posso vedere direi che almeno il motore è in condizioni eccellenti, sì, eccellenti! Volete che la rifornisca per bene?
Frank annuì in silenzio. Non era per niente sorpreso dalla rapida ispezione del motore. Dopo tutto, la J.J. aveva usufruito delle migliori cure professionali, e di una buona dose del suo lavoro, fin da quando l’aveva acquistata. Hector non alzò lo sguardo, mentre toglieva il pannello protettivo del cannoncino destro calibro 70.
- Posso chiedervi che tragitto farete?
Frank aveva tirato fuori la pipa di schiuma e la stava riempiendo.
- Hmm. Prenderò per Burbank fino all’autostrada, e mi immetterò lì. Farei un po’ prima per Ventura, ma in un viaggio così lungo qualche minuto in più o in meno non fa molta differenza, e non vedo l’utilità di affrontare lo svincolo.
Hector annuì con aria dì approvazione. - Giusto. Sapete, signor Merwin, dovrete affrontare due tratti molto brutti. Ho letto... di vostro figlio. Mi dispiace. La jornada de la muerte viene per tutti, prima o poi.
Frank si fermò, mentre accendeva la pipa. - Non c’è stato niente da fare - disse seccamente. - Bob non si rendeva conto di quello a cui andava incontro, ecco tutto. La colpa è anche mia, ma cosa potevo fare? Aveva diciotto anni, e secondo la legge non avevo il diritto di trattenerlo. Ha voluto fare una cosa troppo grande per lui, ecco tutto.
Uno degli assistenti di Hector, sporco di grasso come il suo capo, aveva portato un carrello con le munizioni. Il meccanico gli fece cenno di andarsene, e cominciò lui stesso a caricare. Frank apprezzò il gesto.
- Era una Cad, vero?
- Sì. - Si era chinato alle spalle del meccanico, per seguire meglio il procedimento. Non si sa mai cosa capita di fare da soli sulla strada. - Cosa mi date, proiettili esplosivi o corazzati?
- Misti. - Hector abbassò il coperchio del caricatore che si chiuse con un colpo secco.
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Aqualong
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Risposta #334 il:
21 Dicembre 2008, 11:38:56 »
Dove si parla di venature orientate, di finiture a cera.....
La ragazza di campagna
Algis Budrys
Così Henry gli parlò della venatura. Gli mostrò come catturarne il verso giusto nella forma del legno... come farla risaltare e come nasconderla. Gli parlò delle operazioni di finitura, gli spiegò come bisognava trattare il legno perché essiccando non si riempisse di crepe. Gli disse che il legno era vivo anche dopo essere stato tagliato dalla pianta, e che era necessario sapere come si dilatava e si restringeva.
E quando Billy gli chiese se poteva usare il pezzo di mogano, con la promessa di rimpiazzarlo, Henry acconsentì.
Dorothy entrò nel salotto. - Henry?
- Sì? - Henry vuotò la cenere della pipa sul palmo, poi nel cestino.
- Henry, guarda.
Lui sbuffò e alzò lo sguardo. Dorothy aveva in mano una forma di legno. - Me l’ha data Billy.
Altro sbuffo. - Vediamo. - Dorothy gli porse l’oggetto.
Dava una sensazione piacevole al tatto. Era una forma complicata che sembrava girare da sola tra le sue mani. Emanava il caldo luccichio ambrato del mogano lucidato con cera vergine. Le venature compatte scorrevano in lunghe fasce su una superficie, affiorando di colpo sotto un’altra. Henry posò la forma sul tavolo, sotto la lampada, la fece ruotare lentamente, e dalla forma e dai giochi di luce mutevoli non riuscì a capire qual era il punto da cui era partito. Sembrava che l’oggetto si trasformasse di continuo, sembrava di assistere a un fluire interminabile.
Henry si drizzò lentamente. - Niente male - commentò. - Il ragazzo ha dei numeri.
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Risposta #335 il:
21 Dicembre 2008, 11:46:12 »
Conferma che i fumatori di pipa sono adoratori del fuoco...
Fahrenheit 451
Ray Bradbury
«Un'auto con la Fenice si è appena fermata davanti alla nostra porta e un
uomo in camicia nera con un serpente arancione cucito sul braccio sta
venendo su per il vialetto del giardino.»
«È il capitano Beatty?»
«Il capitano Beatty, precisamente.»
Montag non si mosse, ma rimase a fissare il freddo candore della parete
che aveva di fronte.
«Corri ad aprirgli, per piacere! Digli che sto male.»
«Diglielo tu!» Mildred s'era messa a passeggiare per la stanza, pochi
passi a sinistra, pochi passi a destra, e a un tratto si fermò, gli occhi
sbarrati, quando l'altoparlante dell'ingresso pronunciò il suo nome,
dolcemente, sommessamente, "Signora Montag, Signora Montag, visite, ci
sono visite, Signora Montag, Signora Montag, ci sono visite, ci sono
visite". Fino a svanire del tutto.
Montag si accertò che il volume fosse nascosto bene sotto il cuscino,
ritornò di nuovo, faticosamente, a letto, si dispose le coperte sulle
ginocchia e sul petto, in posizione semiseduta, e dopo qualche istante
Mildred si decise ad uscire dalla stanza, e infine il capitano Beatty entrò a
passo disinvolto, le mani in tasca.
«Facciamo tacere i "parenti"» disse Beatty, guardando intorno ogni cosa,
meno Montag e sua moglie.
Questa volta, Mildred corse. Le voci cicalanti cessarono di berciare in
salotto.
Il capitano Beatty sedette nella poltrona più comoda con un'espressione
serena sul volto acceso. Gli occorse un certo tempo per preparare ed
accendere la pipa e infine alitare una gran nube di fumo.
«Avevo pensato, appunto, di venire a vedere come stesse il malato.»
«Come hai fatto a indovinare?»
Beatty sorrise il suo sorriso che metteva in mostra il rosa caramelloso
delle gengive e il candore alla menta dei denti.
«M'ero già accorto del tuo stato d'animo. Stavi per chiedere una notte di
permesso. Non è così?»
Montag si rizzò a sedere del tutto sul letto.
«Ebbene» riprese Beatty, «prenditi pure una notte di permesso!»
Osservò la sua eterna scatola di fiammiferi, sul coperchio della quale era
scritto a grossi caratteri: Garantito: un milione di accensioni in questa
scatola, e cominciò a stropicciare distrattamente il fiammifero chimico,
una strofinata, una boccata di fumo, una strofinata, due o tre parole, una
boccata di fumo. Guardò la fiamma. Alitò il fumo, guardò la nube.
«Quando credi di poter star bene di nuovo?»
«Domani. O dopodomani. Lunedì, forse.»
Beatty continuò a fumare la pipa a grandi boccate.
«Non c'è milite del fuoco che, prima o poi, non passi questa crisi. Hanno
soltanto bisogno di capire, di sapere come funzioni il meccanismo. Occorre
loro conoscere la storia della nostra professione. Non la si insegna più alle
nostre reclute, come si faceva un tempo. Una vera vergogna!» Un'altra
boccata. «Ormai, soltanto i capi della milizia del fuoco ricordano certe
cose.» Una boccata di fumo. «Te ne parlerò io.»
Mildred si mise a rassettare la stanza con un certo nervosismo.
Beatty impiegò un intero minuto ad accomodarsi meglio nella poltrona e
a riassumere mentalmente quanto voleva dire.
«Ah» Beatty si sporse in avanti, nella nebbia fumosa esalata dalla pipa.
«È la cosa più logicamente conseguente, che diamine! A misura che le
scuole mettevano in circolazione un numero crescente di corridori,
saltatori, calderai, malversatori, truffatori, aviatori e nuotatori, invece di
professori, critici, dotti e artisti, naturalmente il termine "intellettuale"
divenne la parolaccia che meritava di diventare. Si teme sempre ciò che
non ci è familiare.
Beatty batté la pipa nel palmo della mano rosea, osservò la cenere come
se fosse un simbolo da studiarsi per diagnosticarne un significato riposto.
«Devi ricordarti che la nostra civiltà è così vasta che non possiamo
permettere alle nostre minoranze di essere in uno stato di turbamento e
agitazione.
«La gente di colore non ama Little Blark Sambo. Diamolo alle fiamme. I
bianchi si sentono a disagio nei riguardi della Capanna dello Zio Tom.
Diamo anche quello alle fiamme. Qualcuno ha scritto un libro sul tabacco e
il cancro dei polmoni? I fabbricanti e i fumatori di sigarette piangono? Alle
fiamme il libro! Serenità, Montag. Pace, Montag. Le tue battaglie
combattile in sordina. Meglio ancora, buttale nel forno crematorio. I
funerali sono dolorosi e pagani? Annulliamo anche i riti funebri. Cinque
minuti dopo la sua morte, un individuo è già a bordo d'uno degli elicotteri
per il servizio rapido di trasporto delle salme ai crematoi di tutta la
nazione. Dieci minuti dopo la sua morte, lo stesso individuo non è che un
granello di polvere nera, un frammento di fuliggine. E non stiamo a
perderci in chiacchiere sugli uomini la cui fama va eternata nei servizi
funebri. Non ci pensiamo nemmeno! Bruciamo tutto, bruciamo ogni cosa!
Il fuoco è luce e soprattutto è purificazione!»
Lasciamo al milite il libro per ventiquattr'ore. Se in capo a ventiquattr'ore
non lo ha bruciato, noi semplicemente ci rechiamo a casa sua a
bruciarglielo noi.»
«Naturalmente» disse Montag, la gola secca.
«Bene, Montag. Allora, vuoi, per oggi, prendere servizio con una delle
squadre dell'ultimo turno? Ti vedremo probabilmente stasera?»
«Non so» disse Montag.
«Come?!» Beatty parve lievemente sorpreso.
Montag chiuse gli occhi.
«Verrò più tardi. Forse.»
«Ti assicuro che ci mancheresti, se non ti dovessi far vedere» disse
Beatty, mettendosi la pipa in tasca con aria distratta.
"Non tornerò mai più in vita mia" pensò Montag.
«Abbiti cura e rimettiti al più presto» disse Beatty.
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Risposta #336 il:
21 Dicembre 2008, 17:17:02 »
CURZIO MALAPARTE, "Santo come me"
E un giono, quando fosse suonata anche per me l'ora di salire in cielo, salirei tranquillamente in Paradiso. Alla pratese s'intende: col cappello sulla nuca, le mani in tasca, la pipa in bocca, tra gli applausi di tutto il popolo di Prato. Salirei in cielo come un vero Santo toscano: Sorridendo.
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"Bohhh tieniti le tue adorate dunhill e pipe da snobe i tuoi tabacchi da bancarella del mercato" Cit. toscano f.e.
Cave Secretarium
www.studiolegaleciani.it
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Risposta #337 il:
27 Dicembre 2008, 13:10:52 »
Michael Moorcock
Londra, 18 dicembre 1939
E' un prolifico scrittore britannico sia di fantascienza che di fantasy; ha inoltre pubblicato un certo numero di romanzi letterari.
Moorcock anche collaborato con il gruppo rock britannico Hawkwind in molte occasioni: il brano degli Hawkwind "The Black Corridor", ad esempio, include citazioni letterare dall'omonimo romanzo di Moorcock, e ha anche lavorato con il gruppo sul loro album Warrior on the Edge of Time. Ha anche composto il testo della canzone per "Sonic Attack", una presa giro, in chiave fantascientifica, del programma d'informazione pubblico, che era parte di Space Ritual.
Ha anche collaborato con il precedente uomo di punta degli Hawkwind e poeta, Robert Calvert (che diede l'agghiacciante declamazione di "Sonic Attack"), negli album di Calvert Lucky Leif and the Longships e Hype.
Nel 1975 fu pubblicato l'album The New Worlds Fair di "Michael Moorcock and the Deep Fix", che comprendeva un numero di membri regolari di Hawkwind nei crediti. Una seconda versione dell'album "Roller Coaster Holiday" fu distribuita nel 2004. ("The Deep Fix" era il titolo della storia di un'oscura collezione di racconti di "James Colvin" pubblicata negli anni '60).
Moorcock scrisse i testi delle canzoni per tre brani dell'album del gruppo americano Blue Öyster Cult, "Black Blade", che fa riferimento alla spada Stormbringer nei libri di Elric, "Veteran Of The Psychic Wars", che mostra le emozioni di Elric in un momento critico della sua storia (quest storia si può anche riferire a "Warriors at the Edge of Time", che rappresenta fortemente i romanzi di Moorcock su John Daker; ad un certo punto del suo romanzo "The Dragon in the Sword" si definiscono "veterans of a thousand psychic wars"), e "The Great Sun Jester", a proposito del suo amico, il poeta Bill Butler, che morì per un'overdose di droga. Moorcock si è anche esibito dal vivo con i BÖC (nel 1987 ad Atlanta, GA, Dragon Con Convention) e con gli Hawkwind.
In Italia,famosi per l'interesse che da sempre mostrano verso i romanzi di Moorcock (al punto tale da ispirarsi ad essi per la composizione di molti loro album) sono i metallers Domine,da sempre considerati formazione di punta nel genere Power metal mondiale.
Moorcock è anche un amico e fan dello scrittore di fumetti Alan Moore, e permise a Moore l'uso di parecchi dei suoi personaggi registrati in La Lega degli Straordinari Gentlemen (The League of Extraordinary Gentlemen) di Moore. Moore per ricambiare la gentilezza lo invita a scrivere due numeri del suo Tom Strong.
IL FIUME DELL’ETERNITÀ
Poi si trovò a seguire il vascello lungo il fiume, con la brezza notturna a suo favore. Sentiva la voce acuta della madre che gli urlava dietro, mentre la bruma oscurava la città e alla fine la banchina. Non poteva vederla. Senza volerlo gridò: «Addio Mamma!» e poi desiderò di essere rimasto zitto.
«Jephraim, Jephraim!» Gracchiò la signora Tallow. «Dove stai andando?»
Tallow dovette ammettere a se stesso che non lo sapeva. Forse si sarebbe reso conto delle sue ragioni più tardi, ma ora la sola cosa sulla quale concentrarsi era mantenere una rotta diritta sulle tracce del vascello.
Accendendo la pipa con le mani che tremavano al ritmo del suo cuore, alzò il bavero della giacca per proteggersi dal freddo. Se lo sollevò attorno alle orecchie per soffocare qualunque suono che potesse distrarlo.
Zhist fece cenno a Tallow di accovacciarsi accanto a lui . Stava fumando una grossa pipa. Mostrò una borsa di tabacco a Tallow che accettò e riempì la propria pipa di una sostanza spessa e ruvida. La accese e il fumo ribollì nella sua gola. Tossì, con tutto il corpo che tremava quando il fumo raggiunse i suoi polmoni.
«Ovviamente non sei abituato alla nostra miscela della foresta,» sorrise Zhist.
«No,» disse Tallow rassicurato dai modi amichevoli di Zhist.
Zhist si appoggiò allo schienale della sedia aspirando la pipa con aria di soddisfazione. «Ti farò dare un alloggio e un’arma».
Tallow non aspirava affatto ad avere un’arma. Non aveva alcuna esperienza di armi da fuoco ma non fece obiezioni quando Zhist lo condusse fuori prese una carabina e gliela porse.
Tallow entrò nella stanza. Era molto più piccola della sala che aveva appena lasciata ma quasi altrettanto nuda. Salvo per uno schedario accanto a una finestra su un cortile, una scrivania e una sedia, non aveva altri mobili.
Un giovane elegante con il volto mite era seduto sul bordo della scrivania e si stava accendendo una pipa dal lungo cannello. Alzò un sopracciglio quando vide Tallow e guardò fisso il piccoletto con affettato divertimento. «Che posso fare per lei signore?» chiese in tono indolente.
«È lei il segretario del Presidente?» Tallow si sentiva sempre più inquieto.
«Lo sono».
«Ho un biglietto per lei».
Il languido segretario allungò la mano e Tallow vi depose la lettera.
Deponendo la pipa con cura in uno stretto portacenere oblungo, il segretario spazzolò la sua uniforme immacolata con dita delicate e spiegò il foglio. Lo studiò per qualche momento, lo ripiegò, lo piazzò sulla scrivania e vi mise sopra un pesante fermacarte d’oro.
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Risposta #338 il:
27 Dicembre 2008, 13:25:44 »
Molly Zero
Keith Roberts
L’uomo si alza e va a un tavolino a prendere una pipa e la borsa del tabacco.
Riempie il fornello con aria assente, premendo il tabacco col pollice. — Cosa vuol
dire ne abbiamo avuto abbastanza? Abbastanza di che?
— Di tutto. Sappiamo quello che Loro hanno fatto. La gente che comanda in
questo paese. La gente che ci sorveglia di continuo. Siamo i loro schiavi!
L’uomo prende uno stecco e lo accende alla stufa. Sbuffa una nuvola di fumo
dolciastro. — Molly — chiede poi — quanto sei alta?
Non capisci perché te lo chieda, ma rispondi: — Uno e sessantacinque. Perché?
Lui annuisce e dice: — E tu, giovanotto, superi il metro e ottanta. Siete due giovani
sani e robusti. — Si appoggia allo schienale della seggiola. — Ditemi, adesso... e
pensateci bene. Vi è mai mancato qualcosa da quando siete nati? Fino a ieri sapevate
cosa significhi veramente essere affamati? O aver freddo? Vi è mai stato rifiutato
qualcosa che desideravate? Su, pensateci, e poi ditemelo.
Voi non rispondete e lui alza le spalle. — Non è poi una gran brutta schiavitù, vi
pare? Io stesso ci metterei la firma.
— Siete dalla Loro parte — sbotta Paul.
L’uomo allarga le mani e dice. — Parti, parti. Queste cose non esistono più da
molto tempo. E voi non mi avete ancora risposto. Cosa vi hanno fatto Loro, come li
chiamate voi? Che male vi hanno fatto?
— Hanno portato via i nostri amici! Li hanno uccisi!
L’uomo si toglie la pipa di bocca e dice con dolcezza: — Ne siete proprio
convinti?
Naturalmente sarete
puniti perché quello che avete fatto è male. Ma non sarà una cosa grave, posso
assicurarvelo. E ora, cosa dite? Dammi il fucile. Sarà un punto a tuo favore.
Non sapevi che Paul potesse essere così svelto. La sedia si rovescia, e un attimo
dopo lui è sulla soglia e punta lo Stirling. — So quello che cercate di fare. Siete una
sporca spia. Ma non ci prenderete. — Ti lancia una rapida occhiata e dice: — Molly,
vieni qui. Fai il giro stando vicino al muro. Non passare davanti a me.
Fai come ti ha detto e lui dice: — Bene. Apri la porta.
L’uomo non si è mosso. Resta seduto con la pipa in mano e sorride. Dice: —
Perché tanta fretta? Prendete almeno qualche panino. — Ma gli occhi di Paul
mandano fiamme. — Non cercate di fermarci — dice. — Non seguiteci. Se tenterete
di farlo ve ne pentirete.
L’uomo barbuto resta immobile per un po’. Poi scuote la testa senza smettere di
sorridere. Si alza, si infila in bocca la pipa e comincia metodicamente a sparecchiare
e a lavare le stoviglie.
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Risposta #339 il:
01 Gennaio 2009, 11:03:27 »
Ancora Moorckock
MICHAEL MOORCOCK
LA VENDETTA DELLA ROSA
Il grosso portone stinto era chiuso, ma seduto su uno sgabello o meglio spaparanzato, con le gambe allargate, un largo cappello verde inclinato, una pipa di legno bianco stretta fra le labbra dure e i pollici ficcati nella cintura c'era un vecchietto segaligno dall'aria così cupa e malinconica che Elric esitò a chiedergli se erano arrivati nel posto giusto, per timore di disturbarlo.
«Il posto che cercate l'avete dinnanzi alla faccia, forestieri» gli rispose il vecchio. «E potete ringraziarne la munificenza del Grande Guardiano, il nostro signore. È per chiedere l'elemosina che siete qui? A mio avviso, però, a certi individui serve soprattutto un buon consiglio, sempreché siano disposti a seguirlo!»
«Ospitalità, messere, se è questa che qui viene offerta» disse Wheldrake, accigliandosi. «Ospitalità. Non credo di avere l'aspetto di un «individuo» uso a chiedere l'elemosina!» precisò, mentre la sua faccia lentigginosa diventava rossa quasi quanto i capelli.
«Poco importa con quale parola chiamate la cosa che siete venuti a cercare, forestieri» disse il vecchio, alzandosi in piedi. «Io la chiamo col suo nome... elemosina!» Tolse la pipa dalla bocca sdentata e li squadrò, con occhi piccoli e freddi.
Ma buongiorno a voi, e benvenuti! Certo sarete stanchi, e gradirete un buon pasto.»
«Il pane della carità lascia più fame di quella che trova» grugnì il vecchio allontanandosi lungo la strada.
Agitò la pipa per farsi largo in un gruppo di ragazzini che giocavano, senza molto successo. «Un onesto guadagno e una borsa piena, ecco cosa occorre a un padre di famiglia.
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Risposta #340 il:
01 Gennaio 2009, 11:08:58 »
Dove è messa in evidenza la proverbiale timidezza dei fumatori di pipa...
STUART PALMER
NATALE CON I TUOI...
Studiai la faccenda con l'aiuto della mia fedele pipa, dopo di che mi avviai giù per le scale buie. Allora mi venne in mente che lo zio era uscito invece di andarsene direttamente a letto e, per quanto ne sapevo, poteva ancora gironzolare attorno nella notte. A metà scala urtai contro qualcuno, una delle ragazze, a giudicare dal profumo; quando parlò, la voce era quella di Dorothy. «Anche tu, Bruto?»
Scendemmo insieme e raggiungemmo gli altri nel salotto sotto lo scalone, attorno al decrepito albero di Natale.
Quando fui in camera, accesi finalmente la pipa e presi l'unico libro disponibile nella stanza sperando che mi conciliasse il sonno, ma ben presto la vista mi si stancò e stavo per spegnere la luce quando udii un leggero colpo alla porta. «Avanti!» risposi automaticamente.
Era Dorothy Ely, in vestaglia di seta; le convenienze erano salve visto che qualcosa, sia pur leggera, le copriva il pigiama, tuttavia mi tirai istintivamente le coperte fin sotto il mento.
Dorothy riappese il ricevitore e rimase immobile, evidentemente sconcertata; poi si scosse, passò davanti all'uscio che mi nascondeva e si fermò annusando; un attimo dopo spalancò il ripostiglio e disse: «Volevo ben dire! La prossima volta che organizzi una imboscata, Alan Cameron, ricordati di non fumare la pipa.»
Aveva ragione. Per vincere un certo nervosismo avevo automaticamente tratto di tasca pipa e fiammiferi e questo mi aveva tradito.
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Risposta #341 il:
01 Gennaio 2009, 12:07:34 »
Fra le tante ipotesi sul futuro della pipa,un racconto surreale che parla anche di gatti...
LILIAN JACKSON BRAUN
Scrittrice americana nata nel 1916,ha scritto un numero imprecisato di libri con sempre i gatti come protagonisti.
IL GATTO CHE CONOSCEVA IL CARDINALE
«Mi auguro che tu abbia ragione» ribatté Compton. Si accese una sigaretta, e questo diede l'opportunità a Qwilleran di accomiatarsi, di chiedere il conto e di dire che aveva un altro appuntamento. Da quando aveva deciso di smettere di fumare la pipa non riusciva più a sopportare il fumo del tabacco. E pensare che, ai tempi in cui fumava, aveva una pipa che aveva la forma di un bulldog e andava in giro affumicando ristoranti, uffici e ricevimenti con il tabacco Groat & Bodle n° 5, importato dalla Scozia, convinto di fare un favore al naso di chi gli stava vicino.
Rivolto ai siamesi disse: «Vi andrebbe di fare un po' di sport? Qualcosa di nuovo?» Estrasse una delle pipe per fare bolle di sapone e preparò una scodella di acqua e sapone in cucina. I due gatti lo guardavano incuriositi e sconcertati da quella scodella piena di qualcosa che non era commestibile né bevibile.
«Voi restate qui» disse loro, salendo al primo piano con tutto l'armamentario. I due invece lo seguirono per la scala.
Lui immerse la pipa nell'acqua saponata, poi se la avvicinò alle labbra commettendo un errore. Ai tempi in cui fumava la pipa era abituato ad aspirare. Ma far bolle di sapone era tutt'altra cosa. Sputò ciò che aveva aspirato e ci riprovò. Questa volta riuscì a formare una bella bolla, iridescente nelle luci alte e basse del granaio. Ma subito dopo gli scoppiò sul viso. Provò per la terza volta riuscendo gradatamente a padroneggiare quella tecnica nuova.
«Bene. Adesso scendete!» ordinò ai gatti, dando a entrambi una manata sulla groppa. «Giù! Giù!» Koko e Yum Yum invece, volevano salire. Era passata per loro l'ora di andare a letto. Rimasero dov'erano.
Per tentarli soffiò una serie di bolle, bolle a mucchio e bolle dentro altre bolle, facendole salire nello spazio, osservandole fluttuare pigramente negli spifferi d'aria fino a che scomparivano. I siamesi rimasero assolutamente indifferenti. Osservarono, immobili, quell'assurdo esemplare di homo sapiens che soffiava in una pipa, agitava un braccio e scrutava al di sopra della balaustrata. Annoiati, salirono per la scala e raggiunsero il loro loft.
«Gatti!» sibilò Qwilleran.
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Risposta #342 il:
01 Gennaio 2009, 16:08:37 »
Dove si parla di pipe e di corna....
GEORGETTE HEYER
I primi romanzi storici della Heyer sono per lo più ambientati nel XVIII secolo e comprendono Beauvallet e Masquerade (in italiano). Successivamente, la scrittrice creò i suoi lavori più originali, ambientati nel periodo della Reggenza: tra questi si ricordano Venetia, Il gioco degli equivoci e Il dandy della reggenza.
Scrisse anche Romanzi gialli, ambientati in Inghilterra tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, molti dei quali hanno la classica ambientazione da casa di campagna. Inoltre, scrisse romanzi storici, ambientati in periodi diversi, e anche vari racconti. L'ultimo lavoro, My Lord John, è stato pubblicato postumo.
VELENI DI FAMIGLIA
L'avvocato cominciò a riempirsi di tabacco la pipa. «Io tutto questo lo definisco noioso» osservò dopo un po'. Hannasyde gli rispose con un grugnito. «Non c'è niente nel libretto del conto corrente?»
«Alla prima occhiata, no. Si direbbe che il defunto abbia fatto le sue registrazioni con un po' di disinvoltura. Non sempre annota quel che ha venduto per acquistare alcuni di questi blocchi di azioni.» Dovrò esaminarlo molto più a fondo. Diamo un'occhiata al casellario.
Questo non rivelò niente che avesse un minimo di interesse. Controllarono in fretta quel poco che conteneva e Carrington, sbadigliando, osservò che era ben contento di non fare parte della polizia giudiziaria.
«Molta gente si meraviglierebbe se sapesse com'è noiosa gran parte del nostro lavoro» replicò Hannasyde. «Io voglio farmi carico del libretto del conto corrente, del libro mastro e di quell'agenda. Non credo che qui ci sia nient'altro. Auguriamoci di avere maggior fortuna a casa del defunto. Crede che potrebbe trovarsi con me ai Pioppi domattina alle dieci?»
«L'accompagno con la macchina. Immagino che adesso lei vada a far visita a Gladys Smith, vero?»
«Gladys Smith deve dare delle spiegazioni» rispose Hannasyde imperturbabile. «Chi è e cosa ci fa tra tutte queste quotazioni di borsa e questi appuntamenti?»
«Io non lo so, ma non dubito che lei riuscirà a saperlo» disse l'avvocato
«Probabilmente scoprirà che è una dattilografa la quale aveva presentato una domanda di assunzione a Matthews, ma ammiro il suo zelo.»
«Non risulta che abbia mai avuto come dipendente una dattilografa.»
«Questo non prova che non avesse intenzione di assumerne una.»
«Probabilmente lei ha ragione.»
Ma la mattina successiva, dopo essersi accomodato sul sedile della macchina di Giles Carrington, il sovrintendente tornò alla carica.
«Le mie pagliuzze stanno cominciando a diventare una corda. Quella non era affatto una dattilografa in cerca di impiego.»
«Oh, Gladys Smith... Allora è andato a trovarla. Che tipo è?»
Hannasyde si accese un fiammifero e cominciò a dar fuoco alla pipa. «Una graziosa donnina. Non molto giovane e non particolarmente raffinata. La si potrebbe descrivere una creatura amabile, di quelle che ti fanno sentire a tuo agio. Begli occhi e un sorriso materno.» Tacque per qualche istante e poi, fra un tiro e l'altro alla pipa, riprese: «E non ha mai sentito parlare di Gregory Matthews.»
L'avvocato proruppe in una risata scrosciante. «Allora è ancora meglio di quanto mi aspettassi! Mio povero Hannasyde, che colpo per lei.»
«Io non l'ho affatto presa così. L'ho considerata la circostanza più interessante che sia venuta alla luce finora. In questo lei non è all'altezza della sua fama, signor Carrington. Non trova un pochino strano che Gladys Smith non abbia mai sentito parlare di un uomo che ha il suo nome e indirizzo segnati nella propria agenda?»
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Risposta #343 il:
01 Gennaio 2009, 16:13:30 »
Ancora quei due argomenti....
BOILEAU-NARCEJAC
Boileau-Narcejac Pierre Boileau (Parigi 1906 - Beaulieu-sur-Mer 1989) e Thomas Narcejac (pseudonimo di Pierre Ayard, Rochefort-sur-Mer 1908 - Nizza 1998), scrittori francesi, autori a quattro mani di romanzi polizieschi.
Pierre Boileau debuttò nel 1934 con il romanzo La pietra che trema, cui seguirono Le repos de Bacchus e Sei delitti senza assassino (1939). Thomas Narcejac, filosofo di formazione, si interessò inizialmente al romanzo poliziesco dal punto di vista critico, ed esordì come romanziere con L’assassin de minuit (1946) e La mort est du voyage (1948). Il sodalizio artistico tra i due diede subito vita a uno dei capolavori del genere poliziesco, I diabolici (1952), di cui Henri-Georges Clouzot fece, nel 1954, una felicissima trasposizione cinematografica.
LE VITTIME
Avevo già paura di perderla. Ebbi in quel momento la lancinante intuizione che sarebbe sempre stata per me un animaletto selvatico che non si avvicina se non ha la sicurezza di una finestra aperta dietro di sé. Se ne andò immediatamente, impedendomi di accompagnarla. Ma l'indomani fu... Stavo per scrivere la mia amante. No. Fu la mia sposa. Le chiesi di divorziare.
«Se potessi, Pierre» rispose seguendo col dito il disegno delle mie labbra.
«Signor Brulin, al telefono.»
Era Aman, il centralinista indigeno. Jallu si alzò.
«Dev'essere per me.»
Corremmo insieme all'apparecchio. Jallu prese la cornetta. Aveva il volto delle brutte giornate, gli occhi grigi senza espressione.
«Pronto! Jallu... Ah, sei tu Claire?»
«Mi scusi» dissi.
Dallo spiraglio della porta, non potevo distogliere lo sguardo dalla schiena di Jallu, e immaginavo Claire nella villa di Neuilly, nel salotto dai mobili ricoperti come fantasmi, parlare al telefono con voce annoiata, reticente, stanca, con quell'aria che aveva gli ultimi giorni, prima della mia partenza.
«No» rispondeva Jallu. «Non ho ricevuto niente... Arriverà certo con la prossima posta... Quando vuoi... Temevo che non durasse a lungo, povera donna. Capisci, la leucemia, alla sua età... Però non stancarti troppo... Qui tutto bene... Sì, le trattative vanno a rilento, è normale, ma siamo sulla strada buona.»
Caricavo coscienziosamente la pipa come se, assorbito dalle mie preoccupazioni, non mi accorgessi nemmeno di poter essere indiscreto.
«Sì, ho dei buoni collaboratori... Grazie, sei gentile, ma non ci serve nulla... Aspetta, gli chiedo...»
Jallu si girò e mi chiamò. Feci dapprima finta di non aver sentito, poi mi avvicinai senza fretta, continuando a caricare la pipa.
«Signor Brulin, mia moglie mi chiede se ha bisogno di qualcosa.»
Per poco non rischiai di tradirmi. La gioia mi colpì come un pugno allo stomaco. Arrossii, e fu come se sanguinassi. Dovevo rispondere una cosa qualunque, senza riflettere.
«Una stilografica. La mia non funziona più.»
Non riuscii nemmeno a ringraziare. Non ascoltavo più. Mi amava ancora, e l'avrei presto rivista. Se non aveva preso l'aereo con noi a Orly era proprio per la ragione che mi aveva detto suo marito, la vecchia zia malata di leucemia, e non perché all'ultimo momento si fosse rifiutata di accompagnarmi. Il mio timore era stato senza fondamento... Non sapevo cosa pensare. Le mie mani tremavano, dovetti rinunciare ad accendere la pipa. Salii in camera, misi in moto il ventilatore e mi gettai sullo stretto lettino da campo, un letto da caserma o da collegio che sapeva ancora di vernice.
Manou! Come avevo potuto credere che non avesse voluto partire? Non stavo forse per rovinare tutto, isolando nei miei ricordi qualche parola, un silenzio, un atteggiamento, che, uniti arbitrariamente, potevano suggerire l'idea di un tradimento
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Risposta #344 il:
03 Gennaio 2009, 12:43:13 »
Ancora Morcock, il quale conferma come il carattere di chi fuma la pipa sia gentile e riflessivo...
MICHAEL MOORCOCK
GLORIANA
Le lanterne del galeone polacco, la Nikolaj Kopernik, erano già state avvistate da O'Brien, il quale, seduto comodamente sul corpo agonizzante del guardiano del faro, fumava la pipa e annusava l'odore del vento. «Tra meno di mezz'ora sarà a terra, capitano.»
Il moribondo gemette. Dalla sua schiena sporgeva un pugnale dal manico rosso. Quello di O'Brien.
«Per Giove, O'Brien» disse Tinkler, soffiandosi sulle mani. «Perché non gli dai il colpo di grazia?»
«E perché dovrei farlo?» chiese O'Brien, in tono ragionevole. «Più a lungo vive, più caldo sta. Con questo tempo, un uomo deve sfruttare tutto quel che ha a disposizione, se vuole evitare l'assideramento. È il segreto della sopravvivenza, Tinkler.»
Quire si portò all'occhio il cannocchiale; quando alzò il braccio, il vento gli gonfiò il mantello e gli sbatté la schiuma sulla faccia. Con pazienza, lo spadaccino si chiuse con la spilla il colletto, sollevò di nuovo il cannocchiale e infine scorse in lontananza il galeone.
«Una notte perfetta, per fare naufragio» commentò O'Brien, accendendosi la lunga pipa di creta e sollevandosi leggermente sui talloni, per dare al moribondo la possibilità di respirare.
«Prima della fine del mese, O'Brien, saremo tutti ricchi» gli disse. «Sarai tu a portare il messaggio in Polonia.»
O'Brien aveva già accettato questa parte e, poiché Quire lo aveva pagato generosamente, non aveva sospetti. Si scaldò la mano sul focolare della pipa e assestò un colpo di tallone alle costole della vittima, un po' come un altro uomo avrebbe attizzato le braci del focolare.
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